La recensione di La santa piccola, al cinema dal 20 aprile

Ambientato nel rione Sanità di Napoli, come opera prima La santa piccola di Silvia Brunelli già sulla carta si presta a una sfida rischiosa: trovare un modo non scontato per costruire un proprio immaginario del rione e del suo microcosmo sociale. Di questo luogo – il napoletano in generale – di cui il cinema italiano contemporaneo ha fatto quasi terra d’elezione, Silvia Brunelli offre un ritratto dal tono però più che incerto. A metà strada tra il pittoresco-macchiettistico, che rivela l’intento comico e punta all’esagerazione grottesca, e un’autorialità più allusiva e metaforica, a cui cerca di arrivare ma che gli è decisamente poco congeniale, La santa piccola è invece un tentativo di fiaba moderna la cui aspirazione magica si perde fin da subito in trovate grossolane e visioni simbolicamente blande.

Gran parte della confusione deriva dalla storia: per quanto infatti la protagonista annunciata (appunto dal titolo)...