“Odio Alien 3, nessuno l’ha mai odiato quanto me e ancora oggi nessuno lo odia quanto me”. Così parlava nel 2009 David Fincher, ricordando al Guardian il suo primo film da regista, un’esperienza che ne ha segnato indelebilmente la carriera (secondo noi in senso positivo, ma poi ci torniamo) e che è stata descritta come un incubo da più o meno chiunque vi abbia preso parte. Sigourney Weaver non lo voleva girare, e cambiò idea solo davanti a 4 milioni di dollari; le riprese le fecero pensare più volte che forse avrebbe dovuto rinunciare al denaro. La lavorazione iniziò senza uno script, ma con una data di uscita scolpita nella pietra: il film venne scritto e riscritto decine di volte, e intere sequenze aggiunte in corso d’opera. Lo odiò James Cameron, lo odiò persino Michael Biehn, offesissimo per la fine che il film faceva fare al suo Hicks. Tutti odiano Alien 3, e nessuno lo odia quanto David Fincher.

Se sei un film, sapere che tutti ti odiano non è un bel modo per festeggiare il tuo trentesimo compleanno. Alien 3, poveraccio, ha pure l’ulteriore sfortuna che alcune delle sue versioni precedenti, delle quali nella sceneggiatura finale rimangono solo pezzi e pezzettini, sono state scritte da persone famose e circolano quindi liberamente su Internet: se volete potete leggervi la versione originale di Walter Hill e David Giler qui, e quella mitologica di William Gibson qui. Alien 3 è il contrario delle sue creature: quelle nascono nel pieno della loro potenza, uccidendo il loro ospite, mentre il film di Fincher nasce già morto, già una barzelletta mentre era ancora in fase di pre-produzione (quando cominciarono le riprese, Fox aveva già speso 7 milioni di dollari).

Ripley

Con il senno di poi e con ancora negli occhi le ultime storie cinematografiche uscite dall’universo di Alien, è incredibile pensare che Alien 3 possa essere stato accolto con tanta acrimonia e che non sia mai davvero riuscito a cambiare la propria fama. Il periodo che stiamo vivendo non è felice per la fantascienza al cinema, e in particolare per il tipo di fantascienza a cui appartiene Alien; per cui dire che “se uscisse oggi verrebbe promosso a pieni voti” non è forse un’affermazione così potente nel momento in cui la concorrenza è rappresentata da [controlla le note] Life del regista di Morbius? Ma è innegabile che la cattiva fama di Alien 3 sia soprattutto figlia della narrazione che si è costruita negli anni intorno alla sua lavorazione, più che a un’effettiva scarsa qualità.

Intendiamoci, non è un film perfetto, e soprattutto si vede molto chiaramente che è un mostro di Frankenstein, il risultato di un lavoro di taglio e cucito durato anni e che ha costretto gente progressivamente più disperata a mettere insieme pezzi di due, tre, dieci cadaveri cinematografici diversi. Walter Hill e successivamente William Gibson se l’erano immaginati come un film politico che avrebbe dovuto investigare le azioni e le motivazioni della Yutland-Weilani. Vincent Ward lo reinventò da zero, ambientandolo in un monastero su un pianeta lontano: i monaci avrebbero visto l’arrivo di Ripley come un dono del loro dio, e quello dello xenomorfo come l’intrusione del demonio. Poi il monastero, anche grazie (di nuovo) a Walter Hill, diventò una prigione, ma l’elemento religioso venne mantenuto, trasformando i prigionieri in un branco di stupratori, pedofili e assassini convertitisi però a una forma quasi ascetica di religione (e rendendo quindi Ripley un elemento di disturbo del loro equilibrio alla pari dello xenomorfo).

Andrews

Alien 3 è un film che porta molto evidenti sul suo corpo le cicatrici di queste continue riscritture, e più in generale della difficoltà di scriverlo e dargli una forma definitiva. Contiene alcuni imperdonabili sgarbi al canone di Alien (uno su tutti la strage dei protagonisti di Aliens con cui il film si apre) e, dei primi tre, è di gran lunga quello che funziona meno dal punto di vista della tensione: l’ambientazione è troppo aperta e troppo chiaramente a favore dello xenomorfo (che se volesse potrebbe fare una strage in cinque minuti di orologio), e questo rende fughe e inseguimenti più che altro una scusa per far vedere un po’ di (invecchiati prevedibilmente malissimo) effetti speciali. È chiaro che è un film scritto prima di tutto per i suoi personaggi, e che non prende in considerazione i rapporti di forza tra xenomorfo, umani e geografia – perfettamente definiti nei primi due film.

Ma è anche il primo film di un regista noto per il suo perfezionismo estremo e la sua necessità di avere il totale controllo del set in ogni singolo secondo e in ogni singolo dettaglio. Per Fincher, sapendo quello che sappiamo oggi di lui, girare Alien 3 dev’essere stata la peggior tortura immaginabile, talmente perversa e perfettamente adattata alla sua vittima da sembrare una qualche pena infernale tagliata su misura per lui da un demone cattivissimo. L’uomo che ti fa ripetere ogni scena venti volte finché il tuo sopracciglio non si muove come vuole lui costretto a cambiare la sceneggiatura in corsa, a improvvisare, a farsi andare bene tutto o quasi. Non è difficile capire come mai ancora oggi Fincher parli così male del film.

Charles

Eppure, pur nella confusione atavica che è la sua sceneggiatura, Alien 3 è un film girato da una persona che ha il controllo della situazione. Contiene già parecchie idee visive che Fincher svilupperà nel resto della sua carriera, e non sembra il film di un debuttante 28enne alle prese con il sistema Hollywood al suo peggio. Roger Ebert lo descrisse come “uno dei più bei film brutti che abbia mai visto”, dove “bello” in originale è “good-looking”, quindi bello da vedere, non genericamente bello. Aveva ragione: Alien 3 è un piacere per gli occhi, i suoi set e anche le sue facce assolutamente all’altezza di quelle dei suoi predecessori. Non solo Sigourney Weaver e Charles Dance, che ci viene ahinoi sottratto troppo presto ma che riesce, in una manciata di scene, a farsi ricordare.

È soprattutto il cast di contorno che dà personalità al film, e questo è merito di Fincher, del suo essere esigente ma anche ragionevole e capace di ascoltare la gente con cui lavora: in questo racconto dal set risalente al 1992, chiunque parli del regista lo descrive, in sostanza, come “un bravo ragazzo a cui hanno appioppato una palata di letame fumante”. È probabile che il 90% delle persone che si trovassero nella stessa situazione di Fincher sul set di Alien 3 scapperebbero urlando; un altro 9,9% eseguirebbe gli ordini senza fiatare e senza preoccuparsi troppo della qualità del prodotto finito. David Fincher è quello 0,1% che decide di tirare dritto e fare di testa sua, convinto di avere qualcosa da dire; che si fa licenziare tre volte e tre volte si fa riassumere, e alla fine la porta a casa, ma non come voleva lui, e quindi reagisce decidendo che da lì in avanti lavorerà solo con gente che gli fa fare le cose come le vuole lui.

E così abbiamo avuto Seven, Fight Club, Zodiac, Gone Girl… Buon trentesimo compleanno, Alien 3: senza di te tutto questo non sarebbe stato possibile.

Vi ricordiamo che Alien 3 e gli altri film della saga sono disponibili in streaming su Disney Plus.

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