Questo speciale su Nick lo scatenato fa parte della rubrica Tutto quello che so sulla vita l’ho imparato da Sylvester Stallone.

Nel 1983, Sylvester Stallone accettò per la prima volta nella sua carriera di dirigere un film “non suo”, nel quale gli venne data la possibilità di intervenire solo in parte riscrivendo pezzi di sceneggiatura, ma che non nasceva da una sua idea come tutte le sue opere precedenti. Il film era Staying Alive, il sequel di La febbre del sabato sera: voluto da John Travolta in persona, Sly ne approfittò per allenare il suo gusto anni Ottanta per l’unione tra cinema e videoclip, che esploderà definitivamente due anni dopo in Rocky IV. In mezzo tra questi due passaggi fondamentali c’è però un altro film, Nick lo scatenato, che porta i segni della precedente esperienza musical ma che è anche una novità per Stallone: il suo primo ruolo brillante in una commedia.

Come Staying Alive, anche Nick lo scatenato non è un film di Stallone, almeno non del tutto. Nel senso che il progetto lo pre-esisteva, e Sly venne convinto a salire a bordo con la promessa di 5 milioni di dollari sonanti e una fetta dei proventi al botteghino (21 milioni contro 28 di budget, quindi con il senno di poi non un successone). Incidentalmente: per dire di sì al progetto Stallone rifiutò il ruolo di protagonista in Beverly Hills Cop e soprattutto in All’inseguimento della pietra verde, una scelta della quale si pente da allora e che dimostra che anche i grandi ogni tanto possono avere l’intuizione sbagliata.

Nick lo scatenato Sly

E sì che in teoria Nick lo scatenato partiva bene, almeno sulla carta. Lo stesso Stallone ha dichiarato più volte che la prima versione del film, quella che lui stesso aveva contribuito a scrivere, era molto diversa dal prodotto finale: la prima scelta per il ruolo di regista era stata Mike Nichols, che venne però rimpiazzato da Bob Clark, e secondo Stallone “Bob è una brava persona ma ha spinto il film in una direzione che ha fatto esplodere il mio sensore interno di pacchianeria”. E anche “la commedia sciocca non faceva proprio per me”. Stallone amò lavorare con Dolly Parton, con la quale in effetti dimostra un’ottima intesa, e il film che aveva in mente era una versione più cupa, realistica e urbana di quella finita poi in sala.

Riguardandolo oggi è difficile non dare ragione a Stallone sulla questione. La storia di Nick lo scatenato è quella di My Fair Lady, ma a sessi invertiti. Nick Martinelli (Sly) è un tassista che odia il country. Jake Farris (Parton) è una cantante country che fa una scommessa con il proprietario del locale dove si esibisce: lei sostiene di essere in grado di trasformare chiunque in un cantante di successo, e lui ribatte che ha due settimane per riuscirci, altrimenti deve andare a letto con lui. Ovviamente la persona selezionata per il makeover è il povero Nick, che all’inizio è tutt’altro che scatenato: è un classico personaggio stalloniano umile e semplice, privo di ogni talento ma che accetta la sfida perché sa che se non ci provi non ci riuscirai mai, e fallire è meglio che pentirsi di non averci provato.

Dolly

Nick lo scatenato è quindi una commedia di equivoci e shock culturali nella quale un italoamericano viene catapultato in Tennessee e deve imparare non solo a cantare e a muoversi come un cantante country, ma a pensare come tale. Al centro della storia c’è ovviamente il rapporto tra Nick e Jake, che nasce come riluttante collaborazione ed evolve come è normale che evolva in un film del genere; ma i due sono circondati dalla varia fauna locale con tutti i suoi stereotipi, dall’ex fidanzato di Jake ai vari e pittoreschi abitanti della piccola città. Non tutte le gag vanno a segno, e anzi a dirla tutta la maggior parte cadono nel vuoto; Stallone stesso sembra un po’ spaesato, anche più di quanto preveda la trama del film.

Tutto l’imbarazzo sparisce durante i momenti migliori del film, quelli in cui Sly e Dolly Parton salgono su un palco per esibirsi. È lì che si conferma una volta di più che esiste un universo parallelo nel quale Stallone in quella famosa notte ha scritto Rocky Balboa come un ballerino e non come un pugile. Sly ama la musica e ama mettere in scena la musica, ama mischiare il linguaggio del cinema con quello del videoclip, e quando trova una canzone che gli piace non la taglia ma la mette tutta, e ci imbastisce sopra un bel montaggio. Non si può neanche dire che Nick lo scatenato sia un musical, almeno non nell’accezione classica del termine; ma è un film nel quale la musica è centrale, e nel quale soprattutto lo è esibirsi su un palco per produrre musica (se avete pensato “Blues Brothers” avete capito cosa intendiamo).

Parton

Purtroppo, pur con tutte le sue buone intenzioni, Nick lo scatenato non è un film del tutto riuscito, ed è anche il film all’altezza del quale vedere Stallone intrappolato nello stereotipo dell’italoamericano comincia a pesare. Non quanto lo farà negli anni successivi, quando Sly ritenterà un altro paio di volte la strada della commedia brillante. Ma ci sarà modo di parlarne più avanti: per ora preparatevi, perché dopo questa parentesi musicarella ci aspetta uno dei più grandi classici del canone stalloniano.

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