Daniele Statella, un nome ben noto al pubblico bonelliano, era presente alla scorsa edizione di ALEcomics. Apprezzato disegnatore di Dampyr e impegnato nel mondo del fumetto come autore, docente e divulgatore, lavora anche in ambito cinematografico. Ecco l’interessante chiacchierata che abbiamo fatto con lui in occasione della fiera piemontese.

 

Ciao, Daniele! Benvenuto su BadComics.it.
Visto che sei impegnato in più ruoli nel mondo del fumetto, come ti è sembrata questa edizione di ALEcomics?

Ciao, e grazie a BadComics.it. Mi è sembrata molto bella, mi ha sorpreso positivamente. Devo dire che non mi aspettavo una manifestazione di queste dimensioni e in una bellissima ed estesa location. Ci sono tante cose da vedere e un fitto programma. Faccio davvero i complimenti agli organizzatori. È un evento che può solo crescere e con ottimi presupposti.

Sei qui ad ALEcomics come autore, con lo stand della tua Creativecomics. Di cosa si tratta nello specifico?

Cuore e Acciaio, disegno di Daniele StatellaCreativecomics è un’associazione culturale che rappresento e con la quale organizzo eventi, fiere e altre iniziative a favore del Fumetto e del Cinema. Qui abbiamo portato una mostra che si chiama Cuore e Acciaio, dedicata al mito dei Super Robot Giapponesi degli anni ’70 e ’80. Sono stati coinvolti oltre settanta artisti italiani che hanno dato la loro personale interpretazione dei giganti meccanici, protagonisti di anime e manga.

L’idea mi è venuta in mente rivedendo recentemente Goldrake, su Man-ga, in TV. Improvvisamente mi sono reso conto che avevo solo sei anni quando lo vidi per la prima volta sul piccolo schermo. Mi sono ritrovato a pensare che, a volte, noi autori italiani snobbiamo un po’ i manga. Eppure quel background appartiene a tutti noi.

Così mi sono chiesto cosa ne pensassero dei robot giapponesi con cui siamo cresciuti amici e colleghi della mia generazione, ed è stata un’incredibile scoperta: un sacco di loro sono grandi fan e conoscitori, chi di Goldrake, chi di Gundam o Mazinga. E i più giovani, anche se non hanno vissuto direttamente quell’esperienza, si sono dimostrati entusiasti. Così è nata Cuore e Acciaio.

Hai parlato di alcuni miti della tua infanzia: come ti sei avvicinato al fumetto e come è diventato poi un mestiere?

Ho sempre letto fumetti, già da bambino, cominciando da Topolino. Ma fin da piccolo non mi andava solo di leggerli, provavo a rifarli o crearne di nuovi. Spesso prendevo dei quaderni e ne ridisegnavo le pagine come fossero tavole del fumetto stesso, continuando la storia che avevo appena finito di vedere sull’albo.

Alle superiori mi ero iscritto a Ragioneria, che non centrava nulla con ciò che volevo fare veramente, e quando sono venuto a sapere dell’esistenza della Scuola del Fumetto di Milano, ho iniziato a frequentarla. Avevo bisogno più che altro di un indirizzamento sulle tecniche e sugli strumenti da usare. Lì ho conosciuto diversi autori che lavoravano in Bonelli, come Pasquale Del Vecchio e Alessandro Baggi.

Dopo la scuola mi sono autoprodotto in società con un tipografo “pazzo”, Paolo Saviolo, che ha voluto credere in me accollandosi il costo delle stampe. Si trattava di una storia folle, trash, horror e splatter ambientata a Vercelli e con protagonisti me, i miei amici e zanzare giganti. [ride]. Non ci crederete, ma vendette più di millecinquecento copie e ne facemmo anche il numero due e tre; oltre a un’altra serie, incentrata su una videomaker e sul cinema indipendente, seconda mia passione.

Il mio esordio nell’industria fu prima come illustratore alla Mondadori. Poi, tornato al fumetto vero e proprio, quale collaboratore di Giuseppe Di Bernardo per L’insonne, di cui ho disegnato tre dei dieci albi usciti. Da lì approdai in Star Comics e poi alla Bonelli.

Hai lavorato anche per Astorina, su Diabolik.

Sì, anche se per Diabolik non ho mai realizzato un numero della testata regolare; ho fatto tante storie collaterali, albetti fuoriserie, illustrazioni per eventi e per il Diabolik Club. Ho un rapporto particolare con Il Re del Terrore e con i suoi fan, perché per tutte queste collaborazioni sono spesso e volentieri identificato come uno dei suoi disegnatori, anche se non è vero, almeno per il titolo originale. Sono molto felice, ovviamente. Mi diverto a disegnare Diabolik e lo amo molto come personaggio, perché è davvero un’icona del nostro panorama e dell’immaginario collettivo. Anche di chi non legge fumetti.

Prova per Dampyr, disegno di Daniele Statella

Per Star Comics hai firmato alcune delle serie italiane che hanno riscosso successo e lanciato tanti nuovi talenti.

Ricordo di aver fatto il primo numero – e non solo – di Cornelio, di Carlo Lucarelli, Mauro Smocovich e Giuseppe Di Bernardo, oltre a Factor-V, di Sergio Stivaletti, e Dr. Morgue, di Silvia Mericone, Rita Porretto e Francesco Bonanno. Furono anni particolarmente intensi e fervidi, in Star Comics, e molto fertili per i giovani autori impegnati, quasi tutti talenti poi sbocciati in Bonelli o all’estero.

Sergio Gerasi, Francesco Bonanno ed io, provenienti da Star Comics, arrivammo praticamente insieme in via Buonarroti 38. Sergio finì su Dylan Dog, Francesco su Julia, ed io su Dampyr.

Arriviamo dunque al personaggio di Mauro Boselli e Maurizio Colombo, con il quale hai esordito in Sergio Bonelli Editore: come sei entrato a far parte della squadra?

In Bonelli mi conoscevano già e avevano visto i miei lavori per la Star Comics. All’epoca erano in preparazione alcune serie nuove, come Dragonero e Lukas. Ad essere sincero, feci un provino per Dragonero ma fu Boselli a chiamarmi chiedendomi senza girarci troppo attorno: “Ti andrebbe di disegnare Dampyr?” Come potete immaginare, non stetti a pensarci nemmeno un attimo e risposi subito sì!

Cosa ti affascina di più di questo soggetto e di questa serie?

Seguo Dampyr dal numero 1, come lettore. Sono rimasto folgorato da Il figlio del diavolo e dall’albo successivo, La stirpe della Notte, disegnati entrambi da Majo. Era horror, ma era molto diverso da Dylan Dog, con un’aderenza straordinaria alla realtà, alla storia, al folclore di popoli e Paesi. Questa varietà di ambientazioni e contesti rende la serie non solo straordinariamente bella da leggere, ma anche da disegnare. Un artista non si può annoiare con Dampyr.

Com’è lavorare con Mauro Boselli? È davvero così esigente e rigoroso come si dice?

Harlan Draka, disegno di Luca StatellaHo disegnato solo un numero scritto da Boselli, anche se piuttosto importante per la continuity: Il figlio di Kurjak [Dampyr 180 – NdR]. Devo dire che inizialmente mi sono trovato un po’ spiazzato, perché quella di Mauro non era una sceneggiatura tradizionale con la pagina suddivisa per tavole e a loro volta per vignette, con le relative descrizioni; il foglio è già squadrato con la gabbia da lui tracciata con un pennarello e ci sono i personaggi abbozzati nelle vignette, circondati da freccette con le loro posizioni o azioni. Dopo le prime pagine, entri in questo meccanismo e ti risulta poi molto più semplice immaginare la scena da rappresentare.

É un autore rigoroso e ci sono paletti da rispettare, ma sono anche un po’ una sfida creativa che ti pone. E poi sai… se ti corregge Mauro Boselli, va bene tutto. Va bene sempre, ci sta. Sembrerò un lecchino! [ride] Credo onestamente che non esista un argomento su cui Mauro non sia preparato o di cui almeno non abbia mai sentito parlare. Per me è onnisciente, lavora un numero incredibile di ore al giorno e contemporaneamente su 14 o 15 storie. Non è umano, comincio a supporre che sia davvero un Maestro della Notte. [ride]

Puoi anticiparci qualcosa sui tuoi prossimi impegni dampyriani?

Attualmente sto consegnando le ultime tavole di una storia scritta da Giorgio Giusfredi dal titolo Il dio del massacro, in uscita a maggio 2017, ancora una volta molto legata alla continuity. Non posso dire altro purtroppo.

E per quanto riguarda i tuoi progetti al di fuori di Dampyr?

Con Creativecomics stiamo pianificando due eventi per il 2017. Uno sarà a Vercelli il 9 aprile e l’altro a Ricetto di Candelo il 24 e 25 giugno, dove siamo alla terza edizione in questo bellissimo borgo medioevale in provincia di Biella, molto caratteristico, che si presta bene alla nostra manifestazione, tutta incentrata sul fumetto e sugli autori. L’obbiettivo di Creativecomics è quello di portare e far conoscere il lato artistico, culturale del fumetto a più gente possibile. Una sorta di evangelizzazione!

Per quanto riguarda il Cinema, sempre con Creativecomics sto curando la produzione di un film indipendente diretto da Alessia Di Giovanni, scrittrice e regista con la quale ho già realizzato vari progetti tra cui il film western horror Undead Men, uscito in sala nel 2013 e prodotto da Sergio Stivaletti con musiche di Manuel De Sica. Questo sarà un noir ambientato in Piemonte negli anni ’80, nell’ambito musicale punk, con Alice Croci – che ha recitato in Happy Family di Gabriele Salvatores – tra gli attori protagonisti, e con Valentina Lodovini (che penso non abbia bisogno di presentazioni) come co-protagonista.