Grazie alla mostra Pasolini Roma organizzata questa estate dal Palazzo delle Esposizioni di Roma abbiamo avuto modo di vedere il semi clandestino Pasolini, la verità nascosta di Federico Bruno. Il film è interessante perché ricostruisce l’ultimo anno di vita di PPP concentrandosi molto sui misteri legati al suo assassinio la notte del 1 novembre 1975 all’Idroscalo di Ostia ufficialmente attribuito al reo confesso Pino Pelosi. Ma quello che colpisce di più del film di Bruno è sicuramente la magistrale prova di Alberto Testone nei panni dell’artista bolognese. Alberto Testone? Ma chi è costui? Ma davvero un odontotecnico di Fidene può aver massacrato un veterano come Willem Dafoe? Abbiamo contattato telefonicamente Testone e… buona lettura.

 

***

Prima di tutto raccontaci cosa era per te Pasolini quando eri giovane?
Poco e niente. Nel senso che io sono un ragazzo della borgata Fidene di Roma e quando ero piccolo ero uno di quelli che andava a farsi il bagno e aveva paura dei gay che ti potevano adescare. Pensa un po’. Avevo paura di persone come Pier Paolo Pasolini… che poi ho interpretato e amato alla follia. E’ ironico no?

Come sei arrivato a lui?
Ho cominciato a interessarmi a Pasolini 5 anni fa. Mi era venuta in testa questa strana idea di interpretarlo. Gli amici mi dicevano tutti di non farlo. Mi dicevano: “Ma che sei matto Alberto? Tu al massimo puoi fare Franco Citti”. Non so… a quel punto cosa mi è scattato qualcosa in testa. Forse una sommessa con me stesso, forse una sorta di ripicca. Volevo fare l’attore ma a tutti sembrava una presunzione. Un mestiere ce l’avevo già. Forse questo disagio… ha creato qualcosa. Arriviamo così al 2011 quando porto il mio spettacolo Io quanti sono al Teatro dell’Orologio.

Di che parlava la pièce?
Facevo tre personaggi diversi che discutevano del concetto di pregiudizio. Era uno spettacolo sull’idea di quante personalità stanno dentro ognuno di noi. I ragazzi che gestivano il Teatro dell’Orologio stavano mettendo in piedi uno spettacolo su Pasolini e a un certo punto mi dicono che ero identico a lui e mi invitano a farne parte. Si intitolava Delitto Pasolini. Facciamo dieci repliche dello spettacolo e loro mi cominciano a dire che avrei avuto una grande carriera e che avrei smesso presto di fare l’odontotecnico. Capirai… io ci credo sempre poco a queste sirene.

Perché tutta questa considerazione improvvisa?
Perché durante gli spettacoli la gente rimaneva esterrefatta da quanto somigliassi a Pasolini. Cominciarono a venire apposta persone che l’avevano conosciuto. Adesso… non voglio sembrare presuntuoso però… forse il mio Pasolini cominciò ad oscurare i miei colleghi dell’Orologio.

Li coprivi troppo? Li schiacciavi?
Non voglio dire che li oscuravo… però come va come non va… m’hanno sostituito addirittura con una donna. Altri a quel punto avrebbero mollato ma io mi chiamo Testone per cui capisci bene che l’ostinazione fa parte di me. Decido allora di continuare questo lavoro su Pasolini e metto in scena uno spettacolo per conto mio su PPP.

E al film di Bruno come sei arrivato?
Contemporaneamente a quell’idea di spettacolo autarchico, decido con Stefano Petti di girare il documentario Fatti Corsari, opera che doveva raccontare me e la mia storia di borgataro sosia di Pasolini. Nel bel mezzo di Fatti Corsari, Federico Bruno mi convoca per un provino un po’ particolare.

Cioè?
Sono stato convocato al Biondo Tevere (dove si ipotizza che Pasolini abbia cenato una seconda volta con Pelosi la notte della morte dopo il primo pasto a “Il Pommidoro” di San Lorenzo, N.d.R.) dove ad aspettarmi c’erano Federico Bruno e Pino Pelosi. Il mio provino, di fatto, è stato con Pelosi.

Con Pelosi?
Eh già. Lui pensava che io non lo conoscessi e invece io faccio subito: “Ma tu sei Pelosi!” e lui: “Ma che mi conosci?”. Volevano capire se conoscevo la storia di Pasolini. Hai capito? Era una prova. A quel punto Pelosi stesso comincia a farmi delle domande per capire se sono un vero borgataro. Domande della serie: “Ma tu chi sei? Ma lo conosci er Mollica, er Pagnotta, er Siluro…”. Cose così. Io rispondo e a un certo punto Pelosi si gira verso Federico e gli fa: “A Federì è lui… va benissimo”.

Come ti sei preparato per il film?
Ho cercato di conoscere le persone che l’hanno conosciuto. Ci sono stato un anno dietro al film. Poi di corsa ho finito Fatti Corsari che abbiamo portato al Festival di Torino vincendo a sorpresa un premio importante con Ettore Scola che ci faceva i complimenti. Tutti a quel punto mi ridicono: “Adesso vedrai che sfondi”. Ma io non ci credo mai a queste storie.

Torniamo al film di Bruno “Pasolini, la verità nascosta”. Come sei riuscito a diventare Pasolini?
Ho ascoltato ininterrottamente per 45 giorni la voce di Pasolini. Mi mettevo le cuffie e passavo le giornate a sentire come parlava. E’ stato un processo faticosissimo. Mi sono visto di tutto e di più grazie a Federico e internet. Ho cercato di adattare la mia parlata romana alla sua attraverso il concetto di amore. Ho lavorato sull’amore in senso lato. Pasolini era pieno di amore ma anche violenza. Era incazzato col mondo, aveva perso il fratello e si sentiva profondamente uomo. Era gay e gli piaceva l’amore violento. Cecilia Mangini mi raccontava che nell’ultimo periodo tornava a casa tumefatto perché cercava le botte e contrasti forti tra la sua dolcezza e un vigore fisico di cui era orgoglioso. Quindi la voce doveva essere amore e il corpo potenza.

Effettivamente anche il tuo fisico in quel film era straordinariamente atletico e robusto. Avevi fatto qualche tipo di esercizio?
Diciamo che Federico aveva già sentito Massimo Ranieri per il ruolo ma appena ha visto anche la mia fisicità… l’ha mandato via prendendo me. Lavoro sul corpo? Come fisicità ci stavamo già. Non c’era molto da aggiungere. Io sono robusto di costituzione. Anche se… il film mi ha sfiancato.

In che senso?
E’ stato un massacro, inutile nasconderselo. Era come sentire la presenza di Pasolini sul set che ci teneva per mano. Un giorno il cugino di Pasolini viene sul set e mi scoppia a piangere in faccia dicendo che ero identico a PPP. C’è una scena con la madre così forte… che appena Federico dà lo stop scappo fuori dal set per riprendermi dall’emozione. E’ in quel momento che incontro il cugino di Pasolini. Ti dico solo che ho finito le riprese con il collare perché soffro di cervicale e accumulo sul collo tutta la tensione nervosa. Ero praticamente immobilizzato. Ma non solo: avevo crisi di pianto, momenti in cui mettevo in dubbio tutta la mia esistenza. Pasolini mi ha posseduto e travolto. Ancora non so quando questo processo finirà. Non so se durerà e perché deve ancora durare. Continuo a fare l’odontotecnico ma dopo un’esperienza del genere mi sento totalmente attore.

Sembra che quell’esperienza ti abbia stravolto…
Facendo il film di Bruno ho sofferto come una bestia. Io nasco come caratterista bravo a imitare le persone. Sono molto attento, osservo e poi imito. Il lavoro su Pasolini era partito da un dottore che aveva una parlata un po’ simile alla sua. Ma era un macchietta. Mi sono detto… ma che posso prendere per il culo Pasolini? E allora è partito un lavoro di rifinitura sfiancante.

Questo ruolo ora ti sembra più una dannazione o una benedizione?
Una benedizione. Però… è stata veramente dura. Durante le riprese sono stato insultato per strada e a Viterbo (dove Pasolini era proprietario della Torre di Chia, N.d.R.) mi gridavano “A frocio! Ma che sei tornato?”. Era come se la gente avesse rivisto Pasolini, veramente. Ancora mi devo riprendere. A Fidene ormai mi chiamano “Pasolini”. E poi tutti mi dicono: “Vedrai che carriera che avrai Alberto”. Ancora? E basta! Siccome io vengo da una borgata vera… non cadrò mai vittima di queste false illusioni e finti successi. Io Pasolini l’ho fatto mio. Cerco di seguire la sua stessa mentalità.

Hai mai pensato di impazzire per questa immedesimazione?
Mi dicevano: “Tu sei la reincarnazione”. Ma stiamo scherzando? Non ho minimamente le capacità intellettuali che aveva lui. Però la penso come lui su quasi tutto. “Siamo tutti in pericolo” è ancora attuale.

Che cosa vorresti dire al regista del film Federico Bruno?
Che lo ringrazio. Federico è un puro. Federico è un buono. Mi dispiace tanto che il film non abbia avuto la distribuzione che meritava. Lo ringrazio per l’opportunità che mi ha dato e per il periodo fantastico che mi ha fatto vivere. Ho vissuto una favola da vecchio. Questo è molto bello.

“Siamo tutti in pericolo” ricorre come battuta anche in Pasolini di Ferrara. A proposito… ma hai provato a metterti in contatto con Ferrara quando hai saputo del film? 
E certo. Ho persino cercato Ferrara su Facebook e poi ho telefonato alla produzione a Roma. Vanesio come tutti gli attori, ho provato a fare il duro per convincerli di quanto mi sentissi ormai sicuro del ruolo. Ho parlato con una signorina della produzione e le ho detto: “Pasolini sono io”. E lei: “Ma lei si rende conto signor Testone che Pier Paolo Pasolini verrà interpretato da Willem Dafoe?” E io alla romana: “Embè?”. Devo dire che lei si mise a ridere e fu anche molto gentile. Io terminai la telefonata dicendole: “Signorina, non si sa mai nella vita. Vi faccio questa segnalazione che esisto. Poi fate vobis”. Non si sono mai fatti vivi.