Restaurato dalla Cineteca Nazionale, integrato con 20 minuti in più di scene perdute e poi ritrovate (ma solo in positivo, senza il corrispettivo negativo, e la differenza qualitativa è forte) C'era una volta in America torna al cinema nella durata fiume di 4 ore e 20 che mantengono intatte sia la forza dell'inizio che la stanchezza della fine.

 Il film c'è, con tutti i suoi pregi e i suoi difetti. Le scene in più non modificano nulla ma rafforzano l'esistente, ovvero la sensazione di grande epica degli inizi, con la presentazione dei personaggi e la prefigurazione del loro futuro inscritta nel proprio destino, e il senso di incompiutezza e sbrigativa chiusura del finale, in cui si tirano le fila con un meccanismo che rimane ancor oggi (e forse ancora di più) eccesivamente elaborato e un po' fuori dal tempo.

Eppure non è mai stato quello il punto di C'era una volta in America, quanto narrare il novecento americano attraverso la realizzazione di diversi sogni di successo appartenenti a diversi personaggi e mostrare come questi passino per la storia dell'illegalità e della corruzione (dal proibizionismo, alla mafia generica, fino alla politica), mettendo in scena inganni e sotterfugi tipici del cinema di Sergio Leone.

Quella di C'era una volta in America è la storia di una lenta corruzione di un gruppo di bambini nel loro crescere e per esteso di una nazione moderna nel suo formarsi, poichè essi ne diventeranno la classe dirigente. I totali dei vicoli e i dettagli dei cimiteri, i ponti di sfondo e l'irrisolvibile amicizia virile (che mai più di oggi ritorna attuale con il bromance a fare da filo conduttore della commedia americana), dettano una grammatica della messa in scena epica che ha fatto scuola più a Hollywood che in Italia.
La tensione omoerotica, la misoginia di fondo e l'assoluta esaltazione dell'essere uomo, giovane, forte e sano in un paese che è giovane, forte, sano e irrimediabilmente maschio nelle sue tensioni primordiali, trasporta il West nella modernità, la poetica dei grandi spazi senza legge in quella delle grandi città in cui la legge non è tale. Basta vedere il poster, con quell'immagine simbolo di vicoli e il ponte di sfondo per capire che gli spazi del Western non si fermano in Almeria.

Grande, grosso e denso C'era una volta in America scorre rapidissimo nel suo incedere pacato per i 260 minuti di questa riedizione. Con l'aggiunta di un dialogo al cimitero (poco significativo), della ripetizione dello scherzo del finto affogamento (stavolta da parte di Noodles a Max), un dialogo che accenna al nazismo, l'avventura con la prostituta dopo lo stupro di Deborah e un dialogo finale tra Max e Mani Pulite (in cui si comprende con più forza come i suoi giorni siano contati e il sistema sia corrotto), il film puntella se stesso per sorreggersi ancora meglio, ne guadagna in struttura e solidità ma non sana i suoi punti deboli.

Le musiche di Morricone rimangono esagerate, eccessive, rintronanti e troppo protagoniste a scapito del racconto e una certa fatica nel far corrispondere a flashback in cui gli eventi e i personaggi mangiano la vita, un presente narrativo di egual potenza emotiva e interesse, sono tuttora i difetti di un film che comunque divora la sua lunghezza al pari delle sue pecche anche grazie ad un'audacità progettuale impressionante.

Il film in edizione estesa arriverà domani 18 ottobre in 70 sale in tutta Italia, e in Blu-Ray e DVD il 4 dicembre.