Questa volta Michae Haneke spara basso ma comunque non manca il bersaglio, Amour è quello che lui voleva che fosse.
La storia di due persone anziane, marito e moglie, dei quali l'una comincia a inizio film il percorso di progressiva disabilità fisica e psicologica che conduce alla morte e l'altro le rimane accanto con quella pervicacia quasi disumana che caratterizza i personaggi di Haneke.
Non succede davvero nulla stavolta. Tolto lo spunto iniziale, cioè l'arrivare della progressiva disabilità, il resto del film è un peggiorare delle condizioni lento ed inesorabile e una cronaca episodica di quotidiane fatiche e compromessi per non ospedalizzare (sarebbe inutile) e non mandare in una casa di riposo la moglie.
Le badanti, gli infermieri, le sveglie, i dolori, le urla e infine l'incomprensione sono il pane quotidiano di queste scenette, inframezzate di tanto in tanto dalle visite della figlia a cui il padre, però, non consente...
Michael Haneke torna in concorso con una storia meno potente delle altre volte e incentrata sul sacrificio quasi disumano...
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