Il fatto di aver adottato, pur essendo italiano, un titolo di quelli che solitamente sono riservati alle traduzioni becere dei film americani, rivela la spietata natura commerciale di questo esordio al cinema di Gabriele Pignotta. La trama e il tipo di intreccio poi non fanno che confermare l'impressione (storie matrimoniali d'amor perduto e ritrovato, di rapporti esauriti intorno al topos narrativo della coppia che per stanchezza cerca altre avventure non accorgendosi che i nuovi partner misteriosi sono loro stessi sotto mentite spoglie).

Ovviamente non c'è nulla di male nel cercare di cavalcare ciò che funziona al cinema, tanto più che il punto non è mai che storia si racconti ma come lo si faccia. Una simile scelta però, tra molti altri dettagli, rivela come Pignotta sia più figlio di Brizzi e del suo tipo di commedia di quanto non lo sia di altri padri putativi.

Ti sposo ma non troppo tuttavia non ha nè la freschezza del...