C'è un certo fascino in un film di samurai giapponese che rifà un western americano scritto e interpretato da un uomo nato cinematograficamente con un western che rifaceva un film di samurai giapponese, un film giapponese il cui protagonista ha lavorato come attore in un altro film del suddetto scrittore e regista. WOOOO! Roba da Inception (in cui Watanabe ha recitato).
Il giapponese d'origini coreane Sang-Il Lee tratta il film di Clint Eastwood come un testo teatrale, una volta fatte le dovute trasposizioni (spade=pistole, samurai=bounty hunter) pochissimo cambia, l'unica introduzione di rilievo è quella relativa all'etnia Anui, gruppo maltrattato a cui appartiene il giovane aiutante del protagonista. Ma alla fine poco cambia.
Quello che sfugge in questo nuovo Unforgiven è il senso ultimo. Se Eastwood usava la storia di un uomo che era stato violento e ora rifiutava quello stile di vita, almeno fino a che non viene chiamato di nuovo...
Il remake giapponese del classico di Eastwood è un calco fedele che proprio per questo pare mancare l'appuntamento con un po' di senso...
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