Con l’arrivo su Netflix di The Eddy, la serie creata da Jack Thorne e parzialmente girata da Damien Chazelle (leggi la recensione), ripercorriamo l’inizio della carriera del regista premio Oscar riguardando il suo film esordio: Guy and Madeline on a Park Bench.

È raro che un titolo riesca a descrivere la poetica di un autore. Eppure in quel La La Land, che sancì definitivamente il successo popolare di Damien Chazelle, è impossibile non vedere i due punti cardinali del suo cinema. Da una parte abbiamo il “La La”, come due note canticchiate distrattamente per schiarirsi la voce. Dall’altro lato c’è la vita della città, espressa da quel “Land”, la strada delle passeggiate sotto la pioggia di Gene Kelly and Stanley Donen. Damien Chazelle è il regista della musica: la rende meccanismo fondamentale dell’ingranaggio cinematografico, la racconta come scontro tra personaggi opposti tra di loro, come i vuoti e i pieni della partitura. Altre volte è il ritmo a fare da padrone, come nella sequenza dell’allunaggio in First Man – Il primo uomo, non propriamente un film musicale, dove la colonna sonora e le immagini interagiscono in una danza a 24 fotogrammi al secondo. E poi c’è la terra, le strade in cui i personaggi camminano, la concretezza della realtà che si infrange contro i sogni e le aspirazioni. Il rumore di fondo che sovrasta le melodie, il vero nemico dei personaggi da lui creati.

Non stupisce quindi che nel suo primo film ci sia già tutto quello che sarebbe diventata la cifra di La La Land. In apertura di Guy and Madeline on a Park Bench, Chazelle fa una vera e propria dichiarazione programmatica per immagini: il film si apre con un mascherino su una donna che osserva sognante l’orizzonte con un ombrello per ripararsi dal sole. Un richiamo nostalgico alla tradizione del Musical.

guy e madeline - damien chazelle

Nella seconda inquadratura, molto più realistica della prima, vediamo dall’alto verso il basso un uomo che cammina su un marciapiede. Egli incrocia una donna e la cinepresa la segue mentre la partitura di Justin Hurwitz (musicista che collaborerà con lui in tutti i film seguenti) imposta un’atmosfera frizzante, in dissonanza con il grigiore delle immagini. C’è tutto il corpo melodico di La La Land in queste prime note: dall’uso degli strumenti musicali al tema principale molto simile a quello di Mia e Sebastian.

guy e madeline - damien chazelle

Non ci sono però i colori in questo inizio di carriera. Il film è stato infatti girato con pochissimi mezzi: siamo nel 2009 e Chazelle, all’epoca, era ancora un aspirante musicista. Convintosi di non avere sufficiente talento per sfondare era appena ritornato alla sua prima passione: il cinema. L’ispirazione nacque proprio dall’incontro con Hurwitz con cui Chazelle divideva l’appartamento mentre frequentava l’università di Harvard. Guy and Madeline nacque come un’aggiunta alla sua tesi di laurea in… Studi Visivi e Ambientali. Insomma, un piccolo prodotto semiamatoriale senza grandi ambizioni, che venne però adocchiato e presentato con successo al Tribeca Film Festival.

Il film racconta, proprio come il suo incipit, gli incroci delle vite di tre giovani di Boston: Guy, un trombettista jazz, la giovane Madeline in cerca di lavoro e Sandha l’amante di Guy. Ma i caratteri dei personaggi e le loro vite sembrano importare poco. L’intera ossatura del film è un pretesto per portarli di luogo in luogo e scoprire nuove sonorità. Persino durante i dialoghi la cinepresa sembra più attratta dagli strumenti musicali che i personaggi hanno tra le mani, rispetto alle loro reazioni. Guy and Madeline è, in questo senso, una vera opera prima, che ci mostra un regista ancora non maturo, che fatica a mantenere l’attenzione e la chiarezza narrativa. Ma quanta passione!

Chazelle applica alla musica quello che la Nouvelle Vague fece per il cinema: le copertine dei dischi sono appese sulle pareti, i dialoghi indugiano in lunghe discussioni sul jazz, l’approccio è estremamente realistico… per lo meno fino a quando, nei club, si scatenano i balli e le note. È in queste sequenze che si intravvede tutto ciò che sarà il suo stile d’autore. In una splendida sequenza di improvvisazione musicale la cinepresa viene posizionata tra due stanze di una casa. A destra Guy suona, a sinistra si scatenano i balli. Chazelle sperimenta qui per la prima volta una delle sue soluzioni stilistiche più care. La camera si muove in campo e contro campo senza mai staccare; prima inquadra chi suona e poi, come se voltassimo di scatto la testa, ci mostra le reazioni di chi sta ascoltando.

L’intera psicologia di Guy è espressa attraverso il suo strumento musicale. In una sequenza lo vediamo addirittura dialogare con la sua ragazza suonandole una canzone, salvo poi vederla allontanarsi offesa. È come se si fossero detti parole che non possiamo sentire.

L’ultima grande sequenza di questo piccolo film imperfetto è un numero di danza all’interno di un ristorante dove lavora Madeline. Uno dei pochi momenti da vero musical, in cui l’azione si ferma e i personaggi esprimono i propri pensieri cantando. Un’espressione di vitalità e di energia travolgente in cui tutto ciò che è sul set diventa protagonista: gli oggetti delle scenografie, le comparse, i clienti ai tavoli e infine le luci. Una silhouette in controluce incornicia la ragazza mentre ricorda quello strano momento della sua vita in cui ha “baciato il ragazzo nel parco.” Un artificio stilistico che ritroveremo nuovamente in La La Land.

guy e madeline - damien chazelle
Guy and Madeline on a Park Bench è un film sincero, che mostra un talento in nuce, non ancora pienamente in grado di esprimersi. È anche una lettera d’amore agli strumenti di comunicazione universali come la fotografia e i suoni. Ed è questa la grandezza di Chazelle espressa già nel 2009: saper trasformare la musica in immagini e le immagini in musica.

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