Rubrica a cura di ColinMckenzie

Chi mi legge spesso sa che adoro il sito Techdirt e quello che scrive il suo amministratore, Mike Masnick. Tuttavia, questo non significa che sono sempre d'accordo con lui, anche se magari fornisce degli spunti interessanti.

Uno di questi è dovuto alla pellicola Atlas Shrugged, tratta da un romanzo di Ayn Rand, scrittrice poco nota da noi, ma molto popolare in America, soprattutto dagli elettori di destra per le sue idee a favore del capitalismo senza limiti e contro il comunismo. L'uscita di questo film viene salutata come un grande successo, merito di una campagna promozionale inconsueta, in cui si è evitato di fare pubblicità al film in televisione, sfruttando in maniera diversa il proprio budget.

Una cosa simile l'aveva fatta Kevin Smith con il suo Red State, in cui si era lamentato che spesso i suoi film venivano promossi sul canale femminile Lifetime, non proprio il target delle sue pellicole. In effetti, questi esempi sembrano interessanti per affrontare una questione evidente, ossia i cambiamenti rispetto al passato (anche recente) nella promozione di una pellicola. 

Da diverse ricerche, è ormai noto che la pubblicità sui quotidiani non funziona più e anche quella nelle televisioni generaliste sta arrancando. La spiegazione non è certo complicata: se i fruitori di questi mass media hanno sui 50-60 anni, mentre i maggiori consumatori di cinema in sala sono le persone adolescenti/giovani, diventa quasi inutile vendere certi prodotti attraverso questi canali.

Per questo, iniziative come quella di Atlas o i film di Kevin Smith sono interessanti, visto che si rivolgono a un pubblico molto specifico, che cercano di aggiungere soprattutto attraverso Internet e/o il passaparola dei fan. Sarebbe stupido sprecare soldi sui grandi mezzi di informazione e i produttori fanno bene ad evitare spese inutili.

Piccolo problema: si tratta veramente di due esempi di successo? In realtà, come prevedibile Atlas Shrugged sta già mostrando la corda, visto che nell'ultimo weekend, dopo essere passato a 465 sale, ha visto diminuire di quasi la metà i suoi incassi totali, mentre la tanto declamata media per sala si è inabissata a 1.800 dollari. Peraltro, nel momento
migliore la media era di 5.600 dollari, di certo non un record. Invece, Red State di Kevin Smith non ha raggiunto neanche un milione di dollari complessivo nel suo lancio nelle sale, nonostante un tour promozionale in cui il regista accompagnava e presentava la sua pellicola.

Questo, ovviamente, non significa sostenere l'opposto di quanto fatto da Mesnick, ossia che i due prodotti siano dei flop. Chiaramente, hanno diversi modi di recuperare il loro budget (sopattutto televisione/home video) e gli sforzi promozionali fatti restano ammirevoli.

Ma purtroppo sarebbe bello pensare che si possa avere successo cambiando le regole di Hollywood e/o farcela senza sostegni adeguati. Le regole valgono ancora qualcosa e forse bisognerebbe affrontare il discorso con un po' di ingenuità in meno. Blockbuster come Il cavaliere oscuro hanno dimostrato che si può affiancare a una massica campagna 'tradizionale' uno strepitoso lavoro virale online, senza che le due cose si danneggino tra loro (anzi!).

Per questo, avere un rapporto forte con i fan è sempre la cosa migliore, che si stia lavorando su un prodotto a basso budget o su un filmone da 200 milioni di dollari. Speriamo che questo venga capito anche in Italia, dove il discorso non è così scontato…

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