Fonte: Varie

E' morto all'età di 74 anni l'attore e regista Dennis Hopper, per via di complicazioni dovute a un cancro alla prostata. Il suo nome rimarrà sempre collegato al film Easy Rider. Magari oggi l'entusiasmo dell'epoca per quel prodotto non è più così forte, ma è stato sicuramente un titolo fondamentale per cambiare il volto del cinema di Hollywood e anticipare la grande stagione degli anni settanta con tematiche fino ad allora inesplorate.

In realtà, Dennis Hopper si era fatto notare fin dal 1955 come attore, interpretando il cattivo di Gioventù bruciata. Immediatamente, diventa un interprete importante e partecipa a titoli prestigiosi come Il gigante, Sfida all'O.K. Corral e Sayonara, ma all'inizio degli anni sessanta la sua carriera sembra bloccata in episodi di telefilm (come Ai confini della realtà e Bonanza), per poi riprendersi sul grande schermo con pellicole come I 4 figli di Katie Elder, Nick mano fredda e Impiccalo più in alto.

Come detto, è nel 1969 che la sua carriera spicca il volo, paradossalmente proprio al suo esordio alla regia e nello stesso anno in cui partecipa a Il grinta con John Wayne, un uomo decisamente diverso da lui. Easy Rider, scritto assieme all'amico e coprotagonista Peter Fonda, cambia le regole del gioco e permette a Hopper di essere considerato un cantore della controcultura in grado di parlare ai giovani. La carta bianca che gli danno gli studios purtroppo darà vita a Fuga da Hollywood, uno dei progetti più fallimentari di quel periodo, in grado da solo di bloccare la promettente carriera da regista di Hopper per un decennio.

In effetti, ci saranno altre prove interessanti dietro la macchina da presa (Colors – colori di guerra, Ore contate, The hot spot – il posto caldo), ma chiaramente la sua attività principale torna a essere quella di attore. Così, partecipa (nel primo caso come protagonista) a due capolavori degli anni settanta: L'amico americano di Wim Wenders e Apocalypse Now di Francis Ford Coppola.

Negli anni ottanta, lavora a titoli come Rusty il selvaggio, Non giocate con il cactus, American Way – I folli dell'etere (una delle pellicole di culto del sottoscritto, anche se non la vedo da tempo) e La vedova nera. ma il suo anno d'oro è il 1986, quando è lo straordinario coprotagonista sia di Velluto blu che di Colpo vincente, pellicola per cui viene nominato all'Oscar.

Nei novanta, è impegnato in ruoli importanti in pellicole come Il cuore nero di Paris Trout, Lupo solitario, Red Rock West, Speed e Jesus' Son, ma il ruolo indimenticabile in questo periodo è quello di Clifford Worley, padre del protagonista di Una vita al massimo e impegnato assieme a Christopher Walken in un dialogo straordinario, probabilmente la cosa migliore mai scritta da Quentin Tarantino.

Nell'ultimo decennio, lo ricordiamo in una parte importante nella prima stagione di 24, così come ne La terra dei morti viventi di George Romero, mentre ultimamente era stato impegnato nella serie televisiva di Crash. Ma anche se ultimamente i ruoli importanti scarseggiavano, nella sua carriera abbondano e offrono tante occasioni di ricordarlo…

 

 

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