Fonte: Varie

Recentemente, si è parlato molto del ruolo delle videoteche e dei danni che sta infliggendo la pirateria a questo settore. Non c'è dubbio che, se l'influenza del download illegale sul consumo di cinema in sala è discutibile (anche considerando i continui record di incassi in Usa), nessuno può negare che il settore delle videoteche sia stato massacrato dalla pirateria, con risultati di chiusure e perdite di introiti sotto gli occhi di tutti.

Per questo, qualche settimana fa c'è anche stata una manifestazione organizzata dal Coordinamento Nazionale delle Videoteche Associate e appoggiato dall'Univideo. Interessante, a giudicare da questo resoconto, per come risulta emblematica di un certo modo di ragionare tipicamente italiano. Infatti tutti hanno lamentato le perdite subite (e fin lì, nulla da dire) e soprattutto hanno tentato di avanzare proposte per rilanciare questi esercizi, ma senza porsi un punto fondamentale: le videoteche servono e hanno ancora ragione di esistere?

Chi scrive nelle videoteche ci è cresciuto e deve molto ad alcuni luoghi a Roma nella sua formazione cinematografica, ma non è semplice vedere come queste attività commerciali possano essere considerate attuali rispetto alla tecnologia che ci circonda. Di sicuro, il noleggio tradizionale è ormai un'attività poco sensata, per il rapporto costi/ricavi decisamente sfavorevole non solo di fronte ai download illegali, ma anche a realtà internettiane come Netflix (che peraltro non è certo una formula rivoluzionaria, ma semplicemente più comoda). Per quanto riguarda la vendita, considerando che molti consumatori amano avere la propria copia dei loro titoli preferiti, ci sarebbe ancora un mercato. Ma la concorrenza dei grandi centri distributivi (grandi magazzini in testa) e delle realtà internettiane (il sottoscritto compra ormai soltanto da siti online esteri da diversi anni) non sembra promettere nulla di buono.  

Intendiamoci, perché non voglio certo sembrare cinico. Non è bello che tanti commercianti e dipendenti perdano il loro posto di lavoro. Ma qui il punto non è se è bello o meno, ma se una determinata realtà commerciale ha ancora ragione di esistere o se diventa obsoleta. Era bello vedere le persone che costruivano macchine da scrivere dover cessare la propria attività per 'colpa' dei personal computer? E i realizzatori di cabine telefoniche ritrovatisi senza lavoro per via dei cellulari? Purtroppo (e per fortuna), che la cosa piaccia o meno, è impossibile fermare il progresso e se un determinato servizio viene offerto in forma migliore di come era stato fatto in precedenza, probabilmente chi lo offre ancora in maniera 'antica' avrà grossi problemi economici.

Eppure, i partecipanti di questo convegno non sembrano pensarla così. E non stiamo parlando solo dei rappresentanti del settore, che ovviamente e giustamente portano acqua al loro mulino, ma anche del mondo politico. Tra chi, come la Carlucci, continua a portare avanti la 'sua' (si fa per dire) proposta di abolire l'anonimato per gli utenti di Internet, a chi come il segretario della Commissione Lavori Pubblici, il senatore Luigi Vimercati del PD, sostiene che si potrebbe "accompagnare l’abbonamento a Internet a quote aggiuntive che mirino a compensare il danno portato dalla pirateria", senza spiegare come poi queste quote dovrebbero essere spartite (anche a realtà che non funzionano più?).

Di sicuro, per ora le proposte commerciali fatte per unire videoteche e Internet in Italia sono decisamente poco efficaci. Penso a un sito come Cinemalfa.it, che ha riscosso molto interesse in diverse pubblicazioni di settore, ma che è francamente strano. Come funziona questo servizio? Intanto, Cinemalfa raggruppa delle videoteche che mettono a disposizione i loro titoli per la diffusione su Internet. Chi vuole usufruire del servizio, cerca la disponibilità di un titolo (al momento, meno di un centinaio, anche se ci sono i titoli più forti usciti nell'ultimo anno) in questo circuito di videoteche. La cosa paradossale è che la copia di cui uno usufruisce rimane bloccata in quella videoteca e non può essere noleggiata da un cliente 'tradizionale'. Sicuramente, ci saranno motivi legali per questa scelta, ma è difficile pensare che questo sia il modo più comodo per approfittare del mercato online. Se i Radiohead sostengono che ogni invio del loro disco online agli utenti è costato in media tre centesimi di dollaro, perché uno dovrebbe partire da una copia fisica di un dvd (che i commercianti comprano a prezzi di mercato, quindi oltre i 100 euro) per un servizio del genere e non da una copia digitale facilmente replicabile dalla major che ne detiene i diritti? Ecco, spero che non sia per iniziative del genere che si pagheranno eventualmente delle tasse supplementari…

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