Fonte: Varie

Il titolo di Techdirt non ammette repliche, "Google Working On Micropayment Scheme To Help Newspapers Commit Suicide Faster", ossia "Google sta lavorando a un progetto di micropagamenti, in modo da aiutare i giornali a suicidarsi più in fretta". Tutto parte dall'annuncio del colosso di Internet di stare lavorando a un progetto di piattaforma di micropagamenti, disponibile sia "per entità legate direttamente a Google o meno". La cosa ha ovviamente procurato un'ondata di eccitazione sfrenata da parte dei principali quotidiani, ovviamente senza una vera giustificazione a riguardo.

Intanto, come si può leggere nell'articolo di NiemanLab, è la stessa Google che nel suo documento (scaricabile qui) sostiene di non "ritenere comunque che i micropagamenti saranno la formula standard per accedere a dei contenuti". In effetti, Google parla, come ipotesi più frequente, di "abbonamenti con tariffa mensile, come per esempio tutti i contenuti del Wall Street Journal o le 10 maggiori pubblicazioni legate al mondo degli affari" (tra parentesi, guarda caso per questi progetti si parla sempre di contenuti economici, forse gli unici veramente vendibili). Sarebbe già sufficiente per stemperare l'entusiasmo, ma giustamente Techdirt segnala questo articolo di Cnet, in cui si evidenziano gli enormi problemi di Google Checkout (la costola della società che sta tentando di fare concorrenza a Paypal, per ora con risultati non eccelsi). E sarebbe questa la realtà che deve risollevare i quotidiani? Il tutto, ovviamente, senza tenere conto del 'piccolissimo' problema di dover convincere il pubblico a pagare per qualcosa che forse non vale la pena.

Ovviamente, i resoconti dei nostri quotidiani sono decisamente improntati al sorriso. Il Sole 24 ore scrive:

Per anni siamo stati abituati alle notizie gratuite in Internet ma questa realtà è destinata a mutare nel futuro. La strada è quella tracciata da Rupert Murdoch: l'informazione non può continuare a essere gratis.

E già che c'è, lancia il solito grido d'allarme sul fatto che blog e social network non possono sostituire l'informazione tradizionale (cosa che ormai sembra più una preghiera, visto che se ne sono così sicuri non si capisce perché abbiano bisogno di ripetere la cosa ogni due minuti). Anche Repubblica segue la linea del "se avanzo seguitemi, se indietreggio uccidetemi", senza se e senza ma:

Uno dei problemi dell'informazione online è la difficoltà di trovare un modello di business sostenibile: trasformare gli accessi in guadagni attraverso la sola pubblicità si è rivelata con il tempo una soluzione insufficente. Il tentativo di Rupert Murdoch di rilanciare l'informazione a pagamento anche su internet, panacea di tutti i mali, ha trovato numerosi sostenitori nel mondo dell'editoria, e potrebbe trovare applicazione grazie a quello che per molti è il nemico numero uno: Google.

Come visto, si stenta a credere che Google abbia le possibilità di resuscitare i cadaveri, ma è comunque divertente vedere come quello che prima era un ladro che rubava pubblicità, adesso sia diventato il salvatore della patria. Ecco, l'ultima domanda che mi pongo e che vi pongo dopo aver letto il nostro articolo: chi è che ha offerto il servizio migliore, la realtà internettiana di Techdirt (e i siti linkati) o i giganti dell'informazione come Sole 24 Ore e Repubblica, senza i quali non potremmo vivere?

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