Ecco i migliori film di gennaio 2022 che abbiamo visto in streaming o al cinema

Molto di quello che vediamo e raccontiamo con una recensione si perde. Alcune volte sono i film piccoli a non ricevere l’attenzione che meriterebbero, altre volte sono i migliori. Abbiamo così deciso di fare un piccolo riassunto ogni mese del meglio tra ciò che abbiamo visto. Senza distinzioni. Film usciti in sala, usciti in noleggio, usciti su una piattaforma in streaming come anche quelli visti ai festival e che non sono ancora usciti.

L’idea è quella di ricapitolare tutte le nostre segnalazioni scremando verso l’alto solo quello che pensiamo non vada perso, non debba sfuggire e meriti una visione. Ci saranno i film più noti e pubblicizzati come anche, con una certa preferenza, quelli che meno noti e dotati di una cassa di risonanza meno forte, che quando lo meritano hanno più bisogno di un riflettore su di sé per farsi notare.

Ecco la nostra lista di gennaio 2022:

scream coltelloScream

Nonostante la storia sia quella che ci si aspetta, cioè a Woodsboro qualcuno vestito da Ghostface comincia a commettere omicidi, quello che tutti i coinvolti commentano non è come sempre come quel che vivono segua le regole dell’horror ma anche come segua quelle dei franchise che cercano di compiacere i fan riprendendo vecchi successi. Ad una generazione, quella nuova, che guarda film della A24 e horror sofisticati come Hereditary o Babadook, si oppone invece il vecchio mondo degli slasher e dei coltelli insanguinati. Le due dimensioni trovano una sintesi ovviamente nei corpi e nei volti degli interpreti originali, invecchiati (e anche non invecchiati!), il ponte tra un mondo horror fatto in serie che è sempre più minoritario (vengono citati Unfriended o simili come esempi) e il nuovo statuto e l’originalità che hanno invece gli horror che non sono fatti in serie.

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macbeth coenMacbeth

I film dei fratelli Coen sono spesso le storie di uomini che assistono impotenti allo spettacolo del mondo che brucia di fronte ai loro occhi senza trovare un senso (L’uomo che non c’eraCrocevia per la morteBarton FinkA Serious ManBurn After Reading ecc. ecc.) e questo è il loro Macbeth, un uomo che si avvia alla sua fine in inquadrature a prospettiva centrale. La soluzione formale più intrigante del film è infatti un punto di fuga centrale per tantissime inquadrature che solitamente non lo hanno, un’idea (tra le molte) che ben si accoppia al bianco e nero deciso e al 4:3. È il destino che bussa alla porta con dietro tutte le conseguenze.

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la fiera delle illusioniLa fiera delle illusioni

L’operazione dietro a La fiera delle illusioni è uno dei migliori studi dei nostri anni sull’attività del pubblico e sulla relazione che stabilisce con le messe in scena. Per farlo il film segue quasi all’esattezza la trama del primo adattamento del romanzo (del 1947) e fa diventare un perfetto Bradley Cooper da facchino del circo un provetto mentalista, qualcuno che è in grado di usare trucchi e raccogliere informazioni per dare l’illusione di avere percezioni e conoscenze impossibili con il solo potere della mente. È un’illusione non diversa dai prestigi dei prestigiatori di Christopher Nolan, e come in quel film la parte di “lavoro”, scalata al successo e rivalità è molto importante. Solo che La fiera delle illusioni sta attento a giocare molto di più esso stesso con la maniera in cui illude il suo pubblico (cioè noi). E lungo tutto il film prima mostra una messa in scena, poi la descrive e poi ne svela la struttura. Fa cioè un lavoro di esposizione delle nuances che abbiamo appena visto e ne dimostra l’importanza nel creare l’illusione.

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la crociata

La crociata

“Dopo Due amici e L’uomo fedele, Louis Garrel con La crociata presenta un nuovo episodio del suo alter ego cinematografico Abel: stavolta il conflitto del suo personaggio narcisista ed egocentrico non è però una questione solamente privata. In La crociata, infatti, la disillusione e lo scetticismo di Abel si scontrano con una questione generazionale (più che di ideali di veri e propri stili di vita e visioni del mondo) e porta Garrel (che ha co-scritto il film con il recentemente scomparso Jean-Claude Carrière) su un piano di racconto altrettanto incisivo e sofisticato, ma che conserva perfettamente allo stesso tempo quella dolcezza e quel senso di umanità difettosa che caratterizzano il suo cinema.”

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monaco sull'orlo della guerra

Monaco: sull’orlo della guerra

“Sempre in bilico tra il micro (la backstory tra i due amici) e il macro (si diceva, la Storia con la S maiuscola), Monaco: sull’orlo della guerra alla fine oltre alla suspense riesce a regalarci anche un epilogo di buon cuore sinceramente convincente (per quanto possa sembrare retorico e mélo, non esagera mai), dove l’idea che lo sottende è quella di valorizzare i gesti dei singoli e i loro atti di coraggio: gesti che, per quanto piccoli, non sono mai inutili se attuati con cuore (e mettendo da parte la speranza, viene ripetuto, perché quella è di chi si affida ai gesti degli altri).”

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C’è un’atmosfera fiabesca e grottesca a pervadere tutta la narrazione, a iniziare dal microcosmo contadino québécois in cui cresce, dipinto con colori pastello, e dai componenti della sua famiglia, figure caricaturali che sembrano usciti da un film di Jean-Pierre Jeunet. “Sarò una bambina fino al giorno della mia morte” canta da piccola Aline, senza che nel film lo sia mai veramente. La regista e interprete Valérie Lemercier (in patria nota comica e one woman show) ne veste i panni già dall’infanzia, col suo volto da donna matura sul piccolo corpo della bambina, e per tutto il film. Le sue movenze, mentre canta e si dimena sul palco, sembrano allora impacciate tanto quanto la voce, spesso citata apertamente come fonte del suo fascino, è soave, ma nelle scene cantate appartiene in realtà alla cantante Victoria Sio. Prendendo le distanze dal consueto e (spesso) forzato approccio mimetico alla figura reale, Lemercier implicitamente riflette sulle tante star divenute famose troppo presto e poi incapaci di fronteggiare l’universo che si trovano davanti, preferendo chiudersi dentro uno immaginario.

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