Fonte: Venerdì di Repubblica

Nanni Moretti è stato sempre una persona che diceva cose interessanti. Ultimamente, continua a dire cose interessanti, ma purtroppo… poco sensate. Qualche mese fa, lo prendevamo in giro per le sue affermazioni riguardanti i "giovani che non vanno più al cinema", tesi smentita da dati ufficiali. Ora, arriva l'intervista che il regista ha concesso a Paolo D'Agostini e pubblicata sull'ultimo numero del Venerdì di Repubblica. Tralasciando le questioni più politiche, che in questa sede poco ci interessano, ecco le sue dichiarazioni più strettamente cinematografiche (ovviamente subito riprese dal sito di Univideo come se fossero vangelo):

"So e capisco tutto. Però c'è anche una responsabilità del pubblico, per il quale il cinema non è più centrale. Tutti stiamo sottovalutando il momento di difficoltà delle sale, che ora chiuderanno una ad una. Perché le persone sono disposte a spendere qualsiasi cifra per mangiare in un ristorante dove devono urlare per farsi sentire. O per una partita che forse finirà zero a zero. Ma il cinema, la cosa che è aumentata di meno negli ultimi quindici anni, quello no: costa troppo.

Per non parlare dell'abitudine orrenda di scaricare illegalmente da Internet. E basta con il luogo comune di premettere sempre: "io non do giudizi". Io sì, li do. Non mi piace quel modo di vivere lì! Non mi piace che uno stia con il culo appiccicato alla sedia e con la sedia appiccicata al computer. Mi piace più il mio, di modo di vivere. E vedere i film in un cinema, in mezzo agli altri. Tra poco i cinema chiuderanno tutti. E non è colpa della politica o delle istituzioni, ma delle persone che hanno la possibilità di scegliere di fare una cosa e un'altra”.

Iniziamo dal punto meno importante sulla carta, ma che dimostra bene come Moretti stia purtroppo perdendo sempre di più contatto con la realtà che lo circonda. "Le persone sono disposte a spendere qualsiasi cifra per mangiare in un ristorante dove devono urlare per farsi sentire"??? Ma di che parla Moretti? Se seguisse qualche blog specializzato, saprebbe che la categoria dei grandi chef vive la crisi come e forse anche più degli altri, peraltro in una nazione che è sempre portata per la trattoria a basso costo a scapito spesso della qualità e in cui folli campagne mediatiche stanno seminando il terrore nella popolazione verso cucine innovative. Insomma, tutto questo mercato per la ristorazione costosa lo vede solo Moretti, così come le 'folle' disposte a spendere cifre importanti per andare allo stadio (luoghi che negli ultimi anni raccolgono sempre meno gente per colpa delle televisioni onnipresenti).

Fin qui, comunque, stiamo sulla superficialità pseudochic, che magari ai lettori di Repubblica piace. Ma andiamo invece nello specifico, iniziando dal "momento di difficoltà delle sale". Che nei fatti non c'è, se non in misura ridottissima. Il giornale dello spettacolo segnalava qualche settimana fa che nel primo semestre di quest'anno "si sono staccati oltre 50 milioni di biglietti, circa un milione in meno rispetto all’analogo periodo 2008. In termini percentuali la perdita è contenuta nel 2%, una cifra molto modesta rispetto al calo dei consumi registrato in altri settori merceologici, compresi beni di primaria importanza". E il calo è completamente dovuto alla quota di film italiani di cassetta, che tra gennaio e giugno (a parte Ex e Italians) sono andati generalmente male. Insomma, nulla per cui fasciarsi la testa, almeno non ora. Anche perché a Natale, oltre al solito cinepanettone di De Sica, arriva anche l'ultimo film di Pieraccioni, che farà salire decisamente la quota di prodotto nostrano.

Inoltre, il numero delle sale in Italia negli ultimi anni è aumentato (anche se, con gli introiti sostanzialmente uguali, significa dividere la stessa torta tra più soggetti e questo è un problema). Quelle che non stanno andando bene (e questo è l'oggetto di varie iniziative da parte delle associazioni di categoria) sono le sale cittadine e tradizionali. Ma qui la questione è semplice: maggiori costi (un conto è stare in periferia, un altro al centro di città come Roma, Milano o Firenze) e difficoltà con strutture monosala che non attirano il pubblico più giovane (anche perché la qualità del servizio talvolta non è straordinaria). Insomma, una semplice questione economica di costi e ricavi, un campo in cui questo tipo di esercizi purtroppo non brilla.

Ma dove la logica getta la spugna è nell'accostamento tra pirateria e svuotamento della sale in un presunto rapporto causa-effetto. Ora, ormai lo sanno anche i bambini che la pirateria ha un effetto risibile (se ne ha uno negativo) sugli incassi in sala (basta vedere il botteghino negli Stati Uniti, in continua ascesa da diversi anni). Ma nel caso specifico l'argomento ha fondamenta fragilissime. Come detto, a chiudere sono le sale tradizionali e del centro delle città, ossia quelle più frequentate dalla popolazione 'matura', mentre le multisale che attirano i giovani continuano ad andare generalmente bene. Quindi, a meno che Moretti non voglia dire che sono gli over 50 a scaricare i film, mentre i giovani non sanno come si fa, ecco dimostrato in poche parole l'assurdità della sua tesi.

Insomma, i cinema non chiuderanno, né tutti come dice Moretti, né tanti come sembra temere qualcuno. Certo, di ragioni per lamentarsi gli esercenti ne hanno, ma Moretti non ne parla. Dalle percentuali di noleggio non sempre favorevoli, agli alti costi per seguire i progressi dell'industria (come il 3D), senza magari grossi aiuti da parte di Stato e distributori. Strano che Moretti queste cose non le dica, visto che è proprietario della migliore sala d'essai di Roma, quel Nuovo Sacher che è un gioiello e un punto di riferimento per le persone che lavorano nel settore, oltre a essere decisamente frequentata. La dimostrazione che la qualità paga, nonostante la pirateria e i giovani cattivi che stanno attaccati al computer…

 

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