Fonte: BadTaste.it, Trailersland

Ecco tre locandine italiane del Curioso Caso di Benjamin Button: due sono degli artwork internazionali (finalmente tradotti), mentre l'altra è il teaser poster con Brad Pitt e il titolo… a rovescio!

 

 

Il film di David Fincher con Brad Pitt e Cate Blanchett arriverà nei nostri cinema il prossimo weekend. Nominato a tredici premi Oscar, è stato una sfida tecnologica senza precedenti: per chi fosse interessato, ecco le note di produzione che spiegano nel dettaglio come è stato realizzato…

 

LA PRODUZIONE

“Il curioso caso di Benjamin Button” nasce come racconto breve scritto negli anni ’20 da F. Scott Fitzgerald che, a sua volta,  si era ispirato a una citazione di Mark Twain: “La vita sarebbe infinitamente più felice se solo potessimo nascere a 80 anni e gradualmente raggiungere i 18”.
La storia di Fitzgerald era considerata un capriccio, una fantasia, troppo ambiziosa e complicata da portare sullo schermo. Il progetto ha circolato per oltre quarant’anni, fino a che hanno cominciato a occuparsene i produttori  Kathleen Kennedy e Frank Marshall e per un decennio ha intrigato Eric Roth, David Fincher e Brad Pitt.
Per Roth, era l’opportunità di osservare da vicino tutta una vita, attraverso la sintesi di momenti intimi e quotidiani come un bacio, sullo sfondo di eventi che coinvolgevano tutta l’umanità, come una guerra mondiale. “Eric era la persona ideale per realizzare appieno il potenziale di una storia così profondamente personale, ma anche strettamente legata agli sconvolgimenti della società”, fa notare Kennedy. “In ‘Forrest Gump’, è riuscito a tracciare ritratti molto intimi sullo sfondo di avvenimenti epici, con un’attenzione particolare ai dettagli”.
La possibilità di vivere la vita all’indietro era perfetta.  “Ma non è stato semplice”, dice Roth.  “Dall’esterno puoi pensare che sia divertente, ma questa è una vita diversa, anche se Benjamin fa il percorso al contrario, il primo bacio e il primo amore sono sempre importanti e ricchi di significato per lui. Non importa se vivi la tua vita a ritroso – è come la vivi”.
Mentre scriveva la sceneggiatura, Roth ha vissuto la perdita di entrambi i genitori.  “La loro morte è stata molto dolorosa per me e di conseguenza ho iniziato ad avere una prospettiva diversa delle cose”, afferma.  “Credo che la gente reagirà come me agli avvenimenti di questa storia”.
Il film analizza la condizione umana al di fuori del tempo e dell’epoca – le gioie della vita e la tristezza delle perdite. “David e io volevamo che fosse la storia di tutti”, dice Roth.  “E’ la vita di un uomo – il che è nello stesso tempo straordinario e molto normale. Quello che tocca questo strano personaggio tocca tutti noi”.
Mentre la situazione di Benjamin è assolutamente particolare, il suo percorso mette in luce la complessità delle emozioni che fanno parte della vita di ognuno.  “Sono domande che ci poniamo tutti nel corso della vita”, dice Marshall.  “Ed è insolito che un film possa cogliere tanti diversi e personali punti di vista. Chi ha 60 o 70 anni vedrà il film in un modo, chi ne ha 20 lo vedrà sicuramente in un altro”.
La produttrice Céan Chaffin ricorda che il progetto interessava da tempo Fincher, tanto che una prima versione della sceneggiatura era già sulla sua scrivania quando ha cominciato a lavorare per lui nel 1992.  “Era qualcosa che amava e che ha portato con sé negli anni” dice.  “Ricordo anche che quando Brad gli ha chiesto notizie, David gli ha detto ‘Questo potrebbe essere un grande film’. Le sceneggiature vanno e vengono, ma questa è sempre rimasta qui. Lui dice che c’è un motivo se le cose si allontanano e non bisogna avere rimpianti. Questa doveva avere un motivo valido per restare”.
Il fatto che anche Fincher avesse sperimentato personalmente il dolore di una perdita ha contribuito a rendere più interessante la storia. “Mio padre è morto cinque anni fa, e ricordo l’esperienza di essere stato con lui quando ha esalato l’ultimo respiro”, riflette.  “Un’esperienza molto profonda. Quando si perde una persona che ha aiutato la tua formazione in tanti modi, che è la tua ‘stella polare’, perdi il punto di riferimento della tua vita. Non cerchi più di far piacere a qualcuno, non reagisci contro qualcosa. Sei veramente solo”.
All’inizio della preparazione del film, gli incontri di Fincher con Kennedy e Marshall  diventavano spesso molto intimi.  “Abbiamo iniziato a parlare della storia”, ricorda Fincher, “e un quarto d’ora dopo stavamo chiacchierando delle persone che avevamo amato e che erano morte, di quelle che amavamo ma non ci ricambiavano, di chi desideravamo e di chi ci desiderava.  Il film è interessante proprio perché provoca questo effetto su tutti noi”.
La realizzazione del progetto sarebbe stata una sfida ambiziosa, per i problemi che poneva a livello tecnico e di drammatizzazione.  “Come si può ricreare bene e in modo stringato l’esperienza di una vita, con i suoi alti e bassi, dalla tomba alla culla, tutto in un unico film?” riflette Kennedy.  “Nella sceneggiatura di Eric, ogni momento matura emozioni di cui senti l’effetto in seguito. Tradire questa sensibilità avrebbe sminuito l’esperienza, quindi sapevamo fin dall’inizio che sarebbe stato necessario del tempo per riflettere un’intera vita”.
Per Pitt, era essenziale interpretare il personaggio in tutte le età, e questo ha posto una delle sfide maggiori del film. “Brad avrebbe accettato il progetto solo se avesse potuto interpretare il personaggio nel corso della sua intera vita”, spiega Fincher.  “Kathy e Frank erano molto curiosi di vedere come saremmo riusciti a farlo.  Io ho detto, ‘Non so come, ma ce la faremo’”.
Pitt è stato attirato anche dal percorso di Benjamin. “Molti attori valutano una parte in base a quello che il loro personaggio fa”, dice Fincher.  “Invece Benjamin non fa molto, ma vive momenti incredibili.  Brad era la persona perfetta. E’ un ruolo che sarebbe stato passivo in mani meno esperte”.
Per dividere lo schermo con Pitt, Fincher ha scelto Cate Blanchett.  Il regista aveva in mente lei da quando aveva visto la sua performance in “Elizabeth”. “Ricordo che ero al Sunset 5 e pensavo ‘Ma chi è?  Buon Dio’”, ricorda.  “Non si incontrano facilmente persone di quella forza e di quelle capacità”
L’attrice, dice Pitt, “innalza il livello delle nostre performances.  E’ straordinaria.  Una grande amica.  Riesce a leggere una scena come pochi altri attori sanno fare, è l’incarnazione della grazia e mi è piaciuto che interpretasse una ballerina, perché è di una innegabile eleganza”.
La relazione tra  il suo personaggio, Daisy, e Benjamin si sviluppa quando lei inizia a capire e impara a vivere con le sue condizioni particolari.  Eric Roth dice: “Cate incarna una donna che ha accettato l’idea di invecchiare mentre la persona che ama fa il percorso inverso. Come sarà la vita per lei? Da appassionata ballerina diventerà una donna dotata di grande forza”.
Blanchett ha caratterizzato Daisy con gli atteggiamenti e le passioni di una ballerina, anche se l’attrice ha smesso di studiare danza durante l’infanzia.  “Quando ero bambina, facevo le solite cose e studiavo danza, ma poi ho preferito dedicarmi al pianoforte”, dice Blanchett.  “Ho scelto il piano e la recitazione. Amo molto la danza, ma conosco i miei limiti. Questo film mi ha fornito la possibilità di riaccendere quella passione”.
Daisy è una delle tante persone che entrano in contatto con Benjamin.  “Benjamin è come un pallino da biliardo e tutti coloro che incontra lasciano un segno su di lui”, dice Fincher.  “Questa è la vita –una collezione di ammaccature e graffi che ti fanno essere quello che sei e nessun altro”.
“Mi piace l’idea delle ammaccature”, aggiunge Pitt.  “La gente lascia una sorta di impronta, c’è qualcosa di molto poetico e appagante in questo. Questo non significa sentirsi sconfitti o non lottare per quello che si vuole, significa accettare l’inevitabile della vita. La gente viene e va, se ne va per scelta o perché muore. La gente se ne va come te ne andrai tu un giorno – è inevitabile. La questione è come affrontarlo”.
Pitt condivide questo concetto con Fincher.  “Il film analizza l’idea in cui Fincher crede — il fatto che siamo responsabili delle nostre vite”, dice l’attore. “Siamo responsabili dei nostri successi e delle nostre sconfitte, non possiamo addossarle a nessun altro. Sicuramente il destino ha un ruolo, ma alla fine siamo noi a decidere”.
Il ruolo ha rappresentato per Pitt una sfida veramente unica – comunicare la crescita interiore del personaggio mentre reagisce alle persone che incontra nel corso del film.  “Il percorso di Benjamin Button è assolutamente interiore”, dice Blanchett.  “Oltre l’ovvio impegno fisico che il ruolo ha presentato a Brad come attore, il problema era interpretare un personaggio che ascolta ed è reattivo nei confronti di tutti nel film”.
“E’ forse la performance più tranquilla di Brad”, aggiunge Fincher. 
Roth sottolinea che Pitt ha anche basato gli straordinari aspetti del suo personaggio sulla sua umanità: “Il virtuosismo della sua performance è nel fatto che Brad lo interpreta  come una sorta di ‘uomo della strada’. Credo che Brad abbia trovato un’affinità con il personaggio che trascende la recitazione. Lui sa cosa significa vivere un tipo diverso di vita”.
Come Queenie, la madre adottiva di Benjamin, gli dice per tutta la vita, “Non sai mai cosa ti arriva”.
Benjamin è nato a New Orleans nel 1918, alla fine della Grande Guerra – una buona notte per nascere. Quando sua madre muore nel darlo alla luce, il padre, inorridito dal suo aspetto, lo abbandona sugli scalini della Nolan House, una casa di riposo dove viene accolto da Queenie, la custode.
Taraji P. Henson è stata scelta per il ruolo di Queenie molto prima che il film entrasse in produzione, quando il direttore del casting di Fincher, Laray Mayfield, ha attirato l’attenzione del regista sulla sua performance in “Hustle and Flow”.  “Siamo stati tutti colpiti da quanto era materna e vivace”, ricorda Fincher.  “In Taraji ho trovato tutto il calore e il non dare giudizi di Queenie”
Queenie svolge un lavoro che molti non farebbero mai. “E’ una donna che sa come affrontare la morte”, dice Henson.  “E, nello stesso tempo, è l’incarnazione dell’amore incondizionato. Si prende cura di un bambino che non è suo, in un’epoca in cui il razzismo è forte, e lui è bianco ed è nato in quelle circostanze insolite – ma lei è capace di guardare oltre e amarlo”.
Il personaggio ha toccato Henson a un livello molto personale.  “Per me è stato un percorso spirituale”, rivela.  “Avevo appena perso mio padre e anche se mi mancava molto, è stato come se la sua morte fosse parte del mio avvicinarmi a Queenie. Quando mio padre si è ammalato, abbiamo fatto in modo di non lasciarlo mai solo, c’era sempre qualcuno al suo capezzale. E’ morto mentre c’ero io accanto a lui, sapeva che ero in grado di affrontare la situazione. Questo ruolo mi ha aiutato nel mio dolore e il dolore mi ha aiutato a dare forma alla mia performance.  L’arte può essere curativa”.
Benjamin entra nell’età adulta con una serenità verso la perdita che pochi conoscono. “Viene da un ambiente in cui la gente ha accettato l’idea della morte, quindi non c’è molto che lo spaventi”, dice Fincher.  “Tutti quelli che incontra sono di passaggio; ogni momento trascorso con loro può essere l’ultimo. Eppure nessuna di quelle persone è isterica, tirano avanti. Quindi, fin da giovanissimo, è stato a contatto con gli aspetti più profondi della morte. Arriva per tutti e noi trascorriamo tutta la vita a concentrarci su altre cose per evitare di pensare che è ineluttabile”.
Benjamin incontra Daisy quando sono entrambi bambini e lei va a trovare la nonna alla Nolan House.  Daisy non si cura dell’handicap del suo aspetto da anziano, ma cerca il bambino che è in lui.  “Uno degli elementi essenziali della trama è come le loro vite coincidano e differiscano”, dice Roth.  “Il loro rapporto si evolve quando crescono e cambia, con in mezzo tutte le opportunità perdute e trovate”.
Mentre tutti intorno a lui invecchiano, Benjamin solo ringiovanisce. “Il fatto di andare a ritroso nell’età, rende Benjamin sempre più consapevole che non ci si può tenere strette le cose” dice l’attore Mahershalalhashbaz Ali. “Sa che si hanno le cose per un certo periodo di tempo, poi bisogna rassegnarsi e lasciarle andare.  Puoi averle con te, ma non saranno mai tue”.
Questa consapevolezza è una caratteristica che Fincher attribuisce a suo padre.  “In Benjamin vedo molti aspetti di mio padre”, dice il regista.  “In quanto giornalista e prodotto della Grande Depressione, mio padre era una sorta di stoico, un osservatore; osservava le cose senza giudicarle. Era felice di riconoscere il valore delle persone. E questo è trapelato nelle reazioni di Benjamin, soprattutto nel modo in cui si relazione alla gente, alle situazioni.  Lo guardavo e dicevo, ‘Sì, Jack avrebbe fatto questo, si sarebbe comportato così’”.
Oltre che da Queenie, Benjamin viene cresciuto da anziani che si sono lasciati alle spalle avventure e lezioni di vita e sono arrivati alla Nolan House per trascorre in pace gli anni del tramonto. 
Tizzy Weathers, da anni l’amore di Queenie, è uno dei primi ‘padri’ di Benjamin.  “Tizzy è per lui un punto di riferimento”, dice Mahershalalhashbaz Ali, che interpreta Tizzy.  “Gli insegna a leggere e scrivere, gli fa conoscere Shakespeare ed è per lui l’esempio di come si comporta un uomo”.
Ma Tizzy, come tutti coloro che Benjamin conosce e ama, è con lui per poco tempo.  Benjamin lascia Queenie e Tizzy, Daisy, e tutti gli amici dell’unica casa che ha mai conosciuto, quando decide di scoprire il mondo. E sono il capitano Mike e il variopinto equipaggio del suo rimorchiatore a spingerlo verso l’avventura.
Il capitano, interpretato da Jared Harris, ha il corpo ricoperto di tatuaggi e l’attore definisce così il suo personaggio:  “Una sorta di artista frustrato, alcolista, testardo e arrabbiato. Ha iniziato a navigare perché non sopportava il padre”. 
Malgrado il suo pessimo rapporto con il padre, il capitano Mike diventa per Benjamin un altro “padre”.  “Quella del padre è una figura estremamente forte nella vita”, dice Harris.  “E in questa storia i personaggi maschili – e i rapporti tra padri e figli – sono molto in evidenza.  Il capitano Mike fa conoscere a Benjamin, come un padre/zio che è un poco di buono, i vizi e i piaceri della vita e Benjamin comincia a viaggiare per il mondo”.
Ma il capitano Mike, come Tizzy prima di lui, supplisce in realtà alla figura del vero padre – Thomas Button, che lo ha abbandonato sulle scale di Queenie.  “Thomas scarica tutta la sua tristezza, il suo risentimento e la sua paura del futuro sul figlio”, dice Jason Flemyng, che interpreta Thomas Button.  “In un certo modo, dopo aver perso la moglie durante il parto, Thomas crede di liberarsi dal dolore abbandonando il figlio, e invece passa il resto della vita a rimpiangere quel gesto. Il rimorso lo perseguiterà per sempre”.
Flemyng, amico sia di Pitt che di Fincher, è stato così preso dalla sceneggiatura di Eric Roth che si è proposto immediatamente per il ruolo di Thomas Button registrando un provino. “Volevo che Fincher e Céan Chaffin vedessero cosa avrei potuto fare con quel ruolo”, ricorda Flemyng. “Sapevo che sarebbe stato il tipo di film che avrei voluto vedere al cinema, quindi volevo esserci”.
Benjamin diventa maggiorenne nel porto russo di Murmansk, dove incontra un’altra persona che si rivelerà molto importante per lui – Elizabeth Abbott, interpretata da Tilda Swinton.  “Tilda ha dimostrato tante e tante volte di poter fare tutto”, dice Kennedy.  “Il fatto che dividesse lo schermo con Brad, Cate, Taraji e tutti gli altri magnifici attori ha contribuito in modo formidabile al film nel suo complesso”.
Elizabeth Abbott, moglie di un diplomatico, che sogna di attraversare a nuoto il canale della Manica, è la prima donna che Benjamin bacia.  “Imparano uno dall’altro”, dice Swinton.  “Lei è aperta, piena di energia; lui è paziente e ottimista. E’ uno scambio equo. L’idea di lei, alla fine dell’avventura della vita, che viene influenzata dallo spirito di indipendenza, dalla ricerca del nuovo di Benjamin, è qualcosa che trovo molto commovente”. 
Mentre Benjamin viaggia a bordo del rimorchiatore, Daisy arriva a New York e si unisce a una compagnia di danza.  “Non sono dipendenti l’uno dall’altra, del tipo ‘Non posso vivere senza di te’”, dice Fincher. “Non stanno lì ad aspettarsi, sono tutti e due attivi sessualmente.  Sono due individui che scelgono di stare insieme per un certo periodo di tempo, anche se non è la cosa più facile”.
Le loro strade si incontreranno e si divideranno nel corso della vita, fino a che raggiungeranno quello che Fincher chiama lo “sweet spot”. “L’universo cospira per farli essere quelli che sono nel momento giusto”, dice.  “E si tira un sospiro di sollievo quando si ritrovano insieme”. 
Daisy, e tutte le persone che popolano il mondo di Benjamin, percorrono l’arco della loro vita nel corso del film e le loro storie sono strettamente intrecciate alla trama. 
“Penso che David abbia il senso artistico di tenere tutto il materiale del film nelle sue mani”, dice Swinton. “Si rimbocca le maniche e, nella tradizione del cinema di Hollywood, lavora con il piglio del pioniere. E’ come un bambino che gioca con la sabbia. Si capisce che le immagini che crea con i suoi collaboratori sono semplicemente scaricate da un film che esiste, già girato, nella sua testa. E’ come se scoprisse mano mano le sue scelte per il film con un gioco complicato, come se stesse ricordando un sogno”.
Pitt è d’accordo e aggiunge: “David è sembra posseduto. Ha un tale occhio che le riprese e i movimenti di macchina non potrebbero essere migliori. La ricompensa è un pezzo finale scolpito alla perfezione. E’ uno scultore”.
“Analizza un’idea, un momento, un’immagine, un personaggio o una scena, la osserva da tutte le angolature possibili, altre persone sarebbero soddisfatte dopo aver considerato l’idea in tre dimensioni, invece David continua a ricercare fino a che l’idea ha sei o sette dimensioni”, sostiene Blanchett.  “Se gli altri dicessero ‘Basta David, questo è impossibile,’ questo lo spronerebbe ancora di più”.

“Il curioso caso di Benjamin Button” è stato girato in tante località, tra cui Montreal, i Caraibi e la città di New Orleans, appena uscita dalla devastazione portata dall’uragano Katrina.  “Ci eravamo impegnati a girare a New Orleans, ovviamente prima dell’uragano, e non eravamo sicuri se avremmo potuto lavorare ancora lì dopo il disastro”, ricorda Kennedy.  “Comunque la città ci ha chiamati solo due giorni dopo l’uragano e ci ha incoraggiato ad andare avanti con il nostro piano di lavoro”.
Lavorare in una zona che ha appena subito danni devastanti, fisici ed emotivi, ha presentato una serie di sfide logistiche notevoli per i realizzatori.  “Grazie al totale supporto della città e all’incredibile talento del nostro cast e della troupe, non ci sono state troppe complicazioni”, dice Marshall.  “Ogni giorno era pianificato accuratamente e la direzione di David in ogni settore ha permesso a tutti di avere le idee chiare su quello che si doveva fare, quindi le riprese si sono svolte con grande tranquillità”.
I realizzatori si sono subito resi conto che le avversità non avevano fiaccato lo spirito della gente.  “Penso che Fincher ed io siamo stati molto fortunati ad aver lavorato con le persone che erano lì, perché volevano esserci”, dice Chaffin.  “Tutti quelli che hanno letto la sceneggiatura sono stati toccati da qualche passo, diverso da persona a persona. Penso che ricordasse loro qualcosa della loro vita e che volessero anche per questo essere parte del progetto”. 
L’atemporalità della città si è inserita perfettamente nell’insieme di epoche del film di Fincher. “Bisognava definire chiaramente ogni epoca senza annunciare apertamente il passare degli anni”, dice lo scenografo Donald Graham Burt. “Era più importante creare un senso di naturale progressione del tempo all’interno dei set. L’arredatore Victor J. Zolfo e io abbiamo discusso quali elementi del set sarebbero dovuti cambiare e quali restare. Ogni elemento doveva avere uno scopo, non doveva essere inserito solo per colmare un vuoto o per cambiare qualcosa”.
Fincher ha lavorato con il team delle scenografie affinché si raggiungesse la sensazione di sfogliare un album di fotografie nella soffitta di qualcuno, con i ritratti di persone normali colte nella loro quotidiantà. “Abbiamo creato le nostre storie di ‘vita’ per ogni set, in particolare per la Nolan House e il Winter Palace Hotel di Murmansk [dove Benjamin incontra Elizabeth] – i luoghi in cui Benjamin vive dei momenti importanti”, dice Zolfo. 
L’obiettivo a ogni livello della produzione era creare un realismo credibile. “Visto che nella storia ci sono molti aspetti favolistici, ho voluto il maggior realismo possibile”, spiega Fincher.  “Non volevo che apparisse come ‘C’era una volta’. Tutto doveva essere storicamente plausibile – i luoghi, gli abiti, gli occhiali e gli apparecchi acustici che usavano”
I costumi era quelli dell’epoca, ma stilizzati. La costumista Jacqueline West ha incontrato Burt e Zolfo per coordinare il lavoro.  “David lavora come un pittore”, dice West.  “Quando ho visto il set della ferrovia, sembrava un dipinto di Caillebotte. Quindi mi sono ispirata a Caillebotte e ad altri Impressionisti per il mio lavoro – Edouard Manet, Toulouse Lautrec, Courbet. Sapevo che una volta colta la sensibilità di Don Burt, qualsiasi cosa avessi inserito nella mia gamma di colore, che era piuttosto scura e torbida, avrebbe funzionato”.
West ha preso spunto dai fotografi WPA e FSA del periodo della depressione, in particolare per gli abiti di Queenie nei primi anni di vita di Benjamin Button.  “Queenie è una donna povera, ma di grande carattere, quindi ho voluto che il suo guardaroba riflettesse la sua personalità”, dice. “Ho pensato anche che molti dei suoi abiti le fossero stati passati dalle vecchie signore della Nolan House, che forse avevano smesso di fare acquisti almeno 20 anni prima. Quindi l’ho spostata indietro nel tempo”.
Invece Daisy appare sempre vestita all’ultima moda, con gli abiti da ballerina del periodo e per lei West si è ispirata al coreografo George Balanchine e alla moglie, e sua musa, Tanaquil LeClercq, come ha fatto la stessa Blanchett. “Ho osservato i passi di danza che hanno influenzato la giovinezza di Daisy”, spiega Blanchett. “George Balanchine e Tanaquil LeClercq sono stati particolarmente interessanti per me”.
Blanchett, dice West, “E’ diventata una ballerina durante le prove. Mi ha ricordato molto le fotografie di LeClercq – il linguaggio del corpo, l’atteggiamento e il conflitto interiore”. 
LeClercq preferiva i modelli di Claire McCardell, una delle migliori stiliste americane degli anni ’40 e ’50, creatrice del cosiddetto “American Look”. West si è quindi rivolta a McCardell per uno dei più memorabili costumi di Daisy – un vaporoso abito rosso che indossa per andare all’appuntamento con Benjamin. “Jackie è stata mia complice in questo crimine”, dic Blanchett.  “Ho adorato ogni cucitura, ogni bottone. Mi ha fatto conoscere Claire McCardell e le prove costume sono state una rivelazione”.
Per gli abiti di Benjamin Button, West si è riferita alle icone del cinema del XX secolo.  “Ho usato Gary Cooper per gli anni ‘40; Brando per i ‘50; e Steve McQueen per i ‘60. Mi sono ispirata a loro perché Brad ha lo stesso tipo di carisma, quindi sarebbe stato perfetto”, dice.
La tecnologia digitale avrebbe poi aiutato Pitt a interpretare Benjamin dalla giovinezza alla vecchiaia.  Il supervisore degli effetti visivi Eric Barba, da anni collaboratore di Fincher, afferma: “David mi ha detto fin dall’inizio ‘Brad deve interpretare il personaggio dall’inizio alla fine’. Benjamin è il centro emozionale del film ed è sempre presente, anche quando sembra impossibile. Era questa la nostra sfida con gli effetti”.
Barba ha lavorato insieme al premio Oscar Greg Cannom, creatore del trucco prostetico che mette in risalto l’invecchiamento e il ringiovanimento nel corso del film. 
Anche la fotografia digitale ha richiesto la stessa meticolosa attenzione ai dettagli.  “Lo stile di ripresa di David sviluppa quello che David Lean esemplificava con ampie sequenze epiche che coglievano il senso del tempo e dello spazio”, dice Marshall.  “L’intensità emotiva del film raggiunge il massimo con l’uso che David fa della macchina, come fosse un osservatore. Vuole coinvolgere nell’analisi del personaggio, quindi il lavoro della macchina da presa diventa più studiato e calmo. Non è un film che richiede tagli rapidi e movimenti di macchina frenetici”.  
“Volevamo che tutto fosse il più naturale possibile”, dice il direttore della fotografia Claudio Miranda.  “Abbiamo analizzato la fonte di luce per usarla al meglio.  In alcune riprese abbiamo semplicemente messo delle lampade nell’inquadratura per illuminare la scena, mentre di solito inserisci un’altra luce fuori”. 
La fonte di luce cambia con lo scorrere del tempo. “Ci sono stati progressi nella tecnologia, dalle candele alle lampade a gas, dalle lampade a incandescenza a quelle a fluorescenza”, spiega Fincher.  “La maggior parte delle volte abbiamo usato il digitale per queste fonti di luce”.
Altre volte invece erano reali, come nella scena in cui Blanchett danza nel gazebo durante l’appuntamento con Benjamin a New York.  “Quella ripresa è stata molto semplice. Abbiamo visto il gazebo e abbiamo deciso che andava bene ‘giriamo qui’”, ricorda Fincher.  “C’era qualche problema con lo sfondo e allora ho detto ‘Bene, laggiù c’è una palude, allora usiamo vapore o fumo, illuminiamo quegli alberi e riprendiamo la silhouette di lei’. Volevamo il vecchio, classico stile di Hollywood, super semplice.  Sembrava un carillon”. 
La sensibilità e l’attenzione di Fincher ai dettagli sono stati perfettamente adeguati alla sua profonda comprensione della favola di Benjamin.  “Considerando le dimensioni  epiche della storia e la profondità delle emozioni, ogni scelta che ha fatto si è rivelata giusta ed è stato gratificante per noi essere parte di questo progetto”, conclude Kennedy.

 

Il film è tratto dall'omonimo racconto di F. Scott Fitzgerald ed è la storia di un uomo con una curiosa malattia: nato vecchio, ringiovanisce con il passare degli anni.

Trovate tutte le informazioni sulla trama, il cast, i trailer, la gallery e le locandine nella nostra scheda del film.

The Curious Case Of Benjamin Button è uscito il 25 dicembre negli Stati Uniti, in Italia il 13 febbraio 2009.

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