Accolto al FrightFest di Londra (nel quale era stato inserito nello slot principale, il sabato alle 21) come il nuovo maestro che ha riportato in sala il “giallo”, pronunciato in italiano anche dagli inglesi viste le origini argentiano-fulcesche del genere, Federico Zampaglione ha portato anche a Courmayeur (dopo la puntatina a Sitges) il suo nuovo film Tulpa, la cui distribuzione in sala dovrebbe arrivare con la bella stagione.

 

Rispetto a Shadow, il film che pochi anni fa aveva fatto gridare al miracolo, Tulpa non è un horror canonico ma per l’appunto un giallo canonico e su questa differenza Zampaglione è il primo a non ammettere sfumature:

Nel film horror c’è una sola atmosfera nel giallo nei hai mille, devi passare dall’erotico, alla tensione, da piccoli inserti di commedia all’inseguimento… E’ molto più difficile. E non è nemmeno come il thriller, che non amo. Non mi piacciono le indagini, il delitto ricostruito a posteriori, il commissariato… Non voglio vedere l’omicidio quando è già successo, mi piace il rapporto tra vittima e assassino, il gioco del gatto col topo in cui non ci sono intromissioni della polizia. Il giallo è un genere che si prende mille concessioni e lo spettatore non si deve fare domande: chi mette in moto il pupazzo dietro la tenda di Profondo Rosso? Non ha senso chiederselo. Ma se fai una cosa del genere in un thriller ti tirano gli ortaggi.

E tu non ti sei tirato indietro quanto ad omicidi efferati…

Ho usato un po’ di tecniche di regia degli anni ‘60 (macchina a mano a parte) e quel sapore sporco delle riprese. Ci sono anche una serie di effetti speciali mai usati prima che ci servono per mostrare gli omicidi in maniere efferate. Ad esempio la coltellata da sotto il mento è un mix di effetti reali (il coltello che entra sotto il mento) e digitali (la parte in bocca in cui si vede il coltello passare).

Le cose che colpiscono più del film sono gli ambienti romani, l’EUR fatto di laghi, parchi e palazzoni.

Era da tutta la vita che volevo girare un giallo all’EUR, ogni volta che ci passo con la macchina ho sempre la sensazione di essere in un luogo sospeso nel tempo, un luogo metafisico, di giorno molto professionale e poi torbido la sera, con poca gente in giro e l’idea di una vita che scorre sotterranea. Ci sono posti all’EUR che davvero sono rimasti agli anni ‘60, luoghi perfetti per un giallo.

Come mai hai girato quasi tutto in inglese ma con attori italiani?

Era un omaggio ai film italiani degli anni ‘70 nei quali appiccicavano doppiaggi stranieri agli attori italiani. Per il personaggio di Michela Cescon abbiamo anche fatto tutto il doppiaggio ma non funzionava davvero e ci ho dovuto rinunciare. Per gli altri personaggi invece l’inglese è la lingua che parlano in ufficio perchè mi piaceva che ci fosse la dualità dei due mondi, uno professionale con la sua lingua e uno di notte con l’italiano. In Italia comunque uscirà tutto doppiato in italiano tranne le parti di Arquint.

Ecco: Nuot Arquint. Dopo aver fatto il villain di Shadow, qui è una specie di sciamano, è davvero un attore particolarissimo…

Arquint è una persona strana, io lo adoro ma non so nulla di lui. E’ un ex ballerino che è stato anche mimo, ha una dedizione incredibile per il lavoro, quando entra in un ruolo è perfetto e impone di girare le scene sempre dall’inizio alla fine anche se a me magari servono solo pochi secondi o un dettaglio. E’ davvero particolare.