Ci sono non poche curiosità che rimangono nello spettatore alla fine di Spring Breakers, sia piaciuto o meno il film, di questo e di molto altro abbiamo parlato con lo stesso regista Harmony Korine un mese fa quando è arrivato a Roma per la promozione.

Decidiamo di pubblicare ora l’intervista proprio perchè vengono trattati temi e discorsi, interessanti soprattutto se si è visto il film e si vuole capire di più sulla sua genesi.

In questo senso vi avvertiamo che non ci siamo fatti problemi a svelare elementi della trama, dunque procedete a rischio spoiler.

 

 

Da dove viene l’idea di raccontare lo spring break in maniera violenta?
Colleziono immagini di spring break da anni, teenager che fanno cose assurde sulla spiaggia e simili, ragazzi che rubano macchinine da golf, che fanno sesso nell’oceano, appesi a lampadari, che si colpiscono con mazze o fanno pipì agli angoli delle strade. Non ero sicuro di sapere perchè lo facessi poi mentre le guardavo capivo che c’è un linguaggio in quelle immagini, mi piacciono i colori e le metafore che riescono ad esprimere. Così ho cominciato ad immaginare un film dietro quelle immagini, che non era da subito Spring Breakers, lo è diventato con il tempo.

Qui in Europa da una ventina d’anni riceviamo queste immagini e l’impressione è sempre che sia un modo attraverso il quale l’America vende se stessa a noi. C’è una relazione tra il trend dello spring break e il paese come è ora?
Di certo le immagini che vedi giocano sull’iconografia di cui parli, dico almeno quelle che ricevete. Ma per me l’intenzione era più raccontare un feeling, non volevo criticare o demistificare o analizzare politicamente (anche se poi queste cose possono essere lette nel film). Volevo esporre un sentimento, la maniera in cui mi sento nei confronti di quella parte del mondo.

Ti sei mai chiesto se la violenza finta ed esagerata che il film rappresenta abbia una qualche relazione con quella reale del paese in cui vivi?
Si, sicuramente, io sono un prodotto del paese in cui sono nato e cresciuto e ancora vivo. Il film riflette tutto questo, io appartengo a quel mondo, e il film ti mostra come ci si senta ad essere parte di questo mondo. E’ come se ci siano cose che lavorano sotto la superficie, energie nell’ombra. A fronte della bellezza e della perfezione del tutto c’è poi anche una storia molto forte di violenza e gangster, voglio dire l’America è costruita su questo.

Però poi il film è il contrario di cupo, trabocca di colori.
I colori sono molto importanti perchè appartengono alla cultura dei surf e volevo che il film fosse un poema pop, mi piaceva che sembrasse caramelloso, come confettura liquida. Mi piace che dia l’impressione di poterne toccarne la superficie e che la patologia dei personaggi sia ciò che resta appiccicato alla superficie.

Una delle scene che più hanno colpito è quella con Britney Spears di sottofondo
Non mi stupisce.  Ho sempre amato quel brano di Britney e credo che rappresenti in molti sensi il feeling del film: una ballad pop con un ritornello che ha un che di minaccioso e qualcosa di più sinistro, aggressivo e patologico sotto, per questo mi piace. Era tanto tempo che volevo far funzionare quella canzone in un contesto di violenza. Anche io credo sia diventata la miglior scena del film.

Ce ne sono altre che ti piacevano ma non sono entrate nel film?
Abbiamo tagliato una scena in cui le protagoniste derubano un bodysurfer ciccione, al quale viene un'erezione durante la rapina e loro la ammirano. Ma durava troppo e l'ho dovuta tagliare.

Il film ha una struttura particolare in cui le scene tendono a ripetersi
Nel film le cose si ripetono spesso perchè volevo che fosse un'esperienza fisica, una narrativa liquida fatta di microscene che si ripetono in loop, una cosa un po'allucinata e trascendentale, in modo che sia più vicina strutturalmente alla musica pop o elettronica con i suoi sample, con i chorus e con elementi catchy che ti seducono e ti acchiappano. Volevo immagini che arrivassero dal cielo per poi tornare indietro.
Per me ogni film esplora un tema diverso e ognuno ha idee diverse che lo caratterizzano, vuoi che i personaggi siano tutti diversi e in un certo senso penso comunque che anche queste siano delle outsider pur essendo dentro la loro cultura. Ovviamente sono preda del mito della popolarità ma in quel mondo sono estreme e sole, delle sociopatiche iperreali. In questo senso si collegano bene ai personaggi degli altri miei film, ma per altri versi è un film a sè, che cerca di sovvertire il sistema da dentro.

Hai parlato con le attrici del motivo per il quale hai scelto loro, del loro appartenere, simbolicamente, all’universo pop?
No, non ce n’è stato bisogno, perchè quando prendi delle attrici lo fai sempre sapendo che porteranno il loro passato e i lavori che hanno fatto.

Ma in questo caso sembrano lavorare contro il loro passato…
Si è all’opposto dei loro lavori precedenti ma è interessante che possano affrontare personaggi diversi.

Lavorare con loro ha posto dei problemi?
Queste attrici hanno un caos e un fanatismo intorno a loro che è folle, c’è un’energia folle intorno a loro.

L’hai usata nel film?
Si, sono tutte cose che accadono fuori dall’inquadratura, molta dell’energia del film viene dall’essere braccato dal dover fare le cose in fretta perchè c’è chi vuole saltarti addosso. Allora ho deciso di usare questo come decisione stilistica, fare in modo che nessuno si sentisse mai al sicuro e che ci fosse un’ansia continua.

Hai visto Project X?
Si, sono anche molto amico di Nima Nourizadeh.

Ci sono delle somiglianze tra i vostri due film, sebbene abbiano stili opposti. C’è un’idea estrema di festa come sostituzione di qualcosa…
Sono daccordo, quella del party estremo è una religione. Di certo c’è una filosofia di sesso, soldi, pistole e violenza, un sistema di valori che può diventare un misticismo o appunto una religione. Un’alchimia molto particolare.

Pensi che esista un bisogno di ideali, e che nella loro assenza siano sostituiti dalla voglia di fare qualcosa di estremo che prende la piega del party?
Si, credo che prendere tutti questi elementi e agitarli insieme sia come un’esplosione.