Batman: The Killing Joke, la recensione

La graphic novel di Alan Moore e Brian Bolland diventa un film d'animazione sospeso fra rigore filologico, aggiunte fuori luogo e una performance stellare di Mark Hamill nei panni di Joker

Condividi

Spoiler Alert
È davvero singolare come due autori così diversi fra loro per sensibilità artistica e collocazione politica come Alan Moore e Frank Miller siano riusciti a donare delle sfumature così forti all'Universo Supereroistico della DC Comics tanto che, in pieno 2016 e nonostante rilanci, nuove versioni, film e serie tv, si finisce quasi sempre per parlare della loro influenza.

Frank Miller e Alan Moore.

Il primo - tranquilli, non ho intenzione di dilungarmi troppo - è stato "saccheggiato" tanto da Christopher Nolan per la sua Trilogia del Cavaliere Oscuro, con alcuni passaggi di Batman Begins che parevano presi di peso dal suo Batman: Anno Uno, quanto da Zack Snyder per il discusso Batman v Superman. Una pellicola esteticamente debitrice anche delle incarnazioni videoludiche recenti dell'Uomo Pipistrello, ma geneticamente imparentata - fin da quando è stata annunciata - alla seminale graphic novel Il Ritorno del Cavaliere Oscuro. Poi che questa abbia un livello di profondità che il lungometraggio di Zack Snyder non possiede neanche lontamamente è un'altra faccenda.

Il secondo, il barbutissimo guru di Northampton autoproclamatosi mago qualche anno fa, ovvero Alan Oswald Moore, con i suoi Batman: The Killing Joke e Che Cosa è Successo all'Uomo del Domani, ha fatto qualcosa di analogo con Batman, o meglio, con il rapporto che lo lega alla sua storica e leggendaria arcinemesi Joker, e Superman, immaginando un mondo in cui Kal-el è "assente" da ben dieci anni.

"All it takes is one bad day to reduce the sanest man alive to lunacy. That's how far the world is from where I am. Just one bad day. You had a bad day once, am I right? I know I am. I can tell. You had a bad day and everything changed."

La grandezza dell'intuizione avuta da Moore nella graphic novel illustrata da Brian Bolland sta quasi tutta nella frase qua sopra, nonostante secondo alcuni - e anche per lo stesso autore inglese - si tratti di una vicenda in cui "la direzione artistica è superiore alla sceneggiatura" (Alan Moore: The Pocket Essential). 

Questioni di punti di vista, si potrebbe dire.

Pur prescindendo dal fondamentale ruolo ricoperto da The Killing Joke nella genesi del Batman di Tim Burton ("È la prima storia a fumetti che ho letto e una delle mie preferite di Batman", cfr. Burton racconta Burton) e della variante sulla nascita del Joker di Jack Nicholson raccontata dal regista di Burbank nel lungometraggio datato 1989, l'aspetto più interessante di una storia tuttosommato molto breve (64 pagine) è proprio la rappresentazione di come Batman e il principe pagliaccio del crimine di Gotham, siano sostanzialmente due derivazioni, due parti malati speculari e antitetici di una giornata andata particolarmente male.

L'uccisione dei genitori per il piccolo Bruce Wayne.

La morte accidentale della moglie per un anonimo ingegnere con ambizioni da stand-up comedian impiegato in una fabbrica che produce componenti chimici.

C'è chi diventa paladino della giustizia, c'è chi diventa uno psicotico assassino capace di tenere in scacco Gotham City.

Ecco, in tal senso la versione animata di questa vicenda, diretta da Sam Liu e scritta da Brian Azzarello, è schizofrenica, bipolare proprio come i suoi protagonisti. Se tutto trae indubbiamente forza dalla riproposizione quasi letterale di quanto raccontato da Moore e Bolland 28 anni fa, con uno spirito che per certi versi pare quasi ricalcare il rigore filologico di uno Watchmen cinematografico in cui l'unica concessione alla novità è uno scoppiettante e delirante numero musicale di Joker, i problemi si manifestano con forza nel momento in cui per comprensibili necessità di messa in scena, si concepisce un lungo filler introduttivo e una coda post-crediti di banalità sconcertante.

Molti, negli Stati Uniti, si sono lasciati andare a j'accuse tanto accorati, quanto ridicoli su come il prologo di Batman: The Killing Joke costruisca il rapporto fra Batman e Batgirl, su come sia andato a snaturare la natura stessa del rapporto mentore-allieva fra i due con un amplesso consumato su un tetto. Mi viene da pensare che "mentori" e "allievi/e" finiscono per avere rapporti sessuali non solo nei fumetti, ma soprattutto nella vita reale da qualche millennio a questa parte, ma con i "comics" è sempre così: i personaggi finiscono per restare cristallizzati nell'ambra come le zanzare di Jurassic Park e guai a deviare dalla norma, pena la gogna internettiana, ma vabbè, andiamo oltre. Il problema - dicevo - è la pessima gestione dello stucchevole rapporto fra Bruce Wayne e Barbara Gordon che non aggiunge alcuno strato emotivo e narrativo degno di nota e, in realtà, pare quasi del tutto scollegato alla seconda parte, quella più direttamente basata sul lavoro di Moore&Bolland.

A lasciare davvero a bocca aperta però è l'incredibile performance vocale di Mark Hamill nei panni di Joker. L'attore, che le platee al di fuori dei paesi anglofoni collegano indissolubilmente all'iconico Luke Skywalker, è legato al mondo DC e alla nemesi di Bruce Wayne fin dall'arrivo in tv della serie animata di Batman nel 1992. In The Killing Joke, il fascino magnetico di un villain che fa della follia la propria regola di vita, risulta rafforzato da una prova vocale in cui il trasporto - e perché no? - il divertimento dell'attore è percepibile in ogni momento, con repentini passaggi di timbro e inflessione, perfetti per chi fa della perversione e della mancanza di un pattern riconoscibile il proprio credo.

Peccato che questa stellare recitazione non sia accompagnata da una regia adeguata, che anzi risulta spesso carente nei frangenti d'azione, e una sceneggiatura all'altezza del "dramma" vissuto da Gordon padre e figlia: ricordiamo che si tratta di un cartone Vietato ai Minori negli Stati Uniti in cui c'è di mezzo una donna che viene paralizzata dal Joker e (forse, il tema è dibattuto da anni) stuprata dal criminale, in cui le allusioni più o meno dirette alla vita sessuale dei protagonisti appaiono fuori luogo.

Ma la risata finale, faccia a faccia, di Joker e Batman non mancherà di continuare a esercitare la sua distorta attrattiva e di farci domandare ancora una volta se l'Uomo Pipistrello abbia deciso di deviare, per una volta, dal suo imperativo più celebre del "Non fare vittime".

batgirl

Continua a leggere su BadTaste