La recensione di Boiling Point, al cinema dal 10 novembre

Quando hai 99 vorresti 100. Sei praticamente impeccabile, ma quel millimetro che ti divide dalla perfezione è molto più abissale di qualsiasi più larga distanza. Perché ci sei quasi, e brucia da morire. Questo discorso vale per il protagonista di Boiling Point, lo chef di alta cucina Andy (uno Stepehen Gram statuario, granitico) ma anche per il film stesso di Philip Barantini: è eccellente, eppure un pizzico di arroganza lo avrebbe reso grandioso

Quello di Barantini è un film low-budget (girato in un’unica location, basato interamente sui dialoghi e le aspettative che crea intorno a questi) ma dalle aspirazioni altissime, realizzato in un unico, incredibile piano sequenza all’interno di un ristorante londinese lungo un servizio caotico del venerdì sera. Siamo dalle parti di Victoria di Sebastian Schipper, ma ridotto all’osso. Il piano sequenza infatti non è qui altrettanto evidente (non ci sono cambi di luogo a renderlo tale)...