Finch, la recensione

Se la razza umana dovesse scegliere un rappresentante che insegni ad un robot ad essere un essere umano per bene, è facile immaginare che la scelta ricadrebbe su Tom Hanks. Specialmente se si tratta di farlo in regime di totale isolamento. Per anni Hanks ha coltivato su di sé l’immagine del buon padre, dell’uomo per bene e dell’essere umano migliore possibile. Non quello eroico ma quello ordinario, che vede i propri errori e lotta per essere la miglior versione di sé. E anche quando è eroe (Sully) lo è in maniera semplice e ordinaria. Parallelamente in diversi film (da Cast Away almeno) ha coltivato l’immagine dell’uomo solo in terra aliena. Lo è in Aspettando il re, in Il ponte delle spie, in Captain Phillips e in The Terminal, sempre in difficoltà e con poche persone (se non proprio nessuno) con cui relazionarsi. Ed è sempre incredibilmente empatico, vedere un film con Tom Hanks è un piacere.

Così adesso in Finch, rimasto tra i pochissimi ancora vivi sulla Terra ...