Ci vogliono coraggio e una certa lucidità progettuale per riuscire a fare quello che il regista e sceneggiatore Will Sharpeha fatto, con successo, in Il visionario mondo di Louis Wain: ovvero usare il biopic non tanto per raccontare l’aneddotica storia di un individuo ma, soprattutto, per trasmettere in modo emotivo, viscerale e con un intenso studio formale ed estetico lo spirito di quella persona. Quasi come se la classica “storia vera” fosse una scusa per liberare la creatività e non l’obiettivo primario del racconto.
Dell’eccentrico borghese Louis Wain, che diventò famoso nell’Inghilterra vittoriana con i suoi disegni di gatti dagli occhi grandi (un Benedict Cumberbatch nel suo elemento) veniamo a conoscere sì la tragica vicenda personale (la grave malattia della moglie, qui interpretata teneramente da Claire Foy), ne cogliamo l’influenza sull’opinione pubblica e sul costume – fu infatti tra i primi a normalizzare la pratica di...
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