L’espediente più trito in assoluto in materia di sequel, ovvero prendere l’istituzione al centro del primo film e distruggerla, porla sotto un violento attacco che la costringe ad una ricostruzione, è quello che regge il secondo film di Kingsman. Gli agenti segreti britannici nascosti in un negozio di sartoria da uomo inventati nei fumetti di Mark Millar e Dave Gibbons si mescolano con i gentlemen statunitensi, cioè i cowboy texani che al thè sostituiscono il whisky, all’ombrello il lazo, alla bombetta il cappello a tesa larga, ma hanno il medesimo grado di coincidenza tra costume tipico e armamentario.

Kingsman si sposta definitivamente e diventa una saga americana, cambia i protagonisti, ingloba una star (Channing Tatum) sostituisce il mentore (Jeff Bridges) e di fatto cambia tonalità. Se il primo film ribadiva e esplicitava il principio base di James Bond, cioè che le caratteristiche del gentiluomo inglese sono le medesime necessarie per essere un agente segreto, che lo stile di vit...