Lo scafandro e la farfalla

La vera storia di Jean-Dominique Bauby, che dopo un infarto riesce a muovere soltanto il suo occhio sinistro. Straziante e quasi insostenibile all'inizio, molto interessante anche in seguito...

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Recensione a cura di ColinMckenzie

TitoloLo scafandro e la farfallaRegiaJulian SchnabelCast

Mathieu Amalric, Emmanuelle Seigner, Marie-Josée Croze, Anne Consigny, Patrick Chesnais, Niels Arestrup, Olatz López Garmendia, Jean-Pierre Cassel, Marina Hands, Max von Sydow

Uscita15 febbraio 2008

Verrebbe voglia di prendere i giovani registi della nuova ondata (che forse sta scemando, fortunatamente) del torture porn e obbligarli a vedere i primi venti minuti di questo film. Di fronte all'orrore di rimanere immobilizzati, di rendersi conto gradualmente che non si riesce a parlare e che il proprio corpo è diventato un vero e proprio scafandro, i litri di sangue e le fantasiose torture ideate in pellicole come Hostel o Saw mostrano effettivamente di essere quello che sono, un innocuo gioco per ragazzi. Qui, invece, emerge chiaramente un senso di claustrofobia, grazie all'utilizzo del punto di vista del protagonista in quasi tutti i primi venti minuti di pellicola, scelta che porta all'identificazione dello spettatore, che non può evitare di sentirsi profondamente coinvolto nella vicenda.

Julian Schnabel ha forse trovato il soggetto adatto al suo stile. Devo dire di non aver mai amato questo regista e mentre per Basquiat ero sicuramente in buona compagnia, sono sempre rimasto sorpreso dai grandi consensi critici per Prima che sia notte, a parte la notevole (e indiscutibile) performance di Javier Bardem. Ma in questo caso, Schnabel prende una pellicola-scafandro per come rischia di dover limitare il suo raggio d'azione a pochi movimenti e la fa diventare una bellissima farfalla poetica.

Infatti, una volta passato lo shock iniziale, il protagonista inizia a sognare di tutto: pasti notevoli con belle donne, ballerini che danzano nella sua corsia d'ospedale e anche Marlon Brando che viene a trovarlo. Schnabel ci regala immagini fantastiche (in cui non ci si preoccupa più del realismo) come il protagonista sulla sedia a rotelle sopra il mare. E poi, le due brevi scene con il padre (interpretato da un ottimo Max Von Sidow) sono estremamente toccanti e convincenti.

E quando vediamo il suo volto bloccato in una smorfia, è impossibile non pensare all'abisso che separa le limitazioni del corpo e il potere della sua mente, talmente forte da avere la pazienza di dettare un libro solo con i movimenti del suo occhio. 

Se proprio bisogna trovare un problema, è indubitabile che la seconda parte del film sia meno efficace e potente. Si ha l'impressione che Schnabel non regga più un punto di vista così estremo e debba ricorrere maggiormente a scene osservate dai coprotagonisti o a ricordi del passato del protagonista. Il problema è che, così facendo, il livello di emozioni scende (anche se dipende soprattutto dalle altezze che avevamo raggiunto prima). Per esempio, tutta la descrizione della giornata in cui Bauby ha avuto l'infarto non è coinvolgente come si poteva sperare.

Tuttavia, di pellicole come queste ne escono veramente poche in un anno. E considerando che i primi venti minuti sono da storia della cinema, impossibile non consigliarla...

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