La recensione di Nel mio nome, in uscita il 13 giugno al cinema

Tutto inizia e finisce con la realizzazione di un podcast, come se la documentazione di Nel mio nome fosse essa stessa un podcast per immagini, uno che racconta la quotidianità di quattro amici di Bologna, in diverse fasi di transizione. Li vediamo insieme e separatamente, nessuno gli chiede di parlare dell’essere persone transessuali in sé, questo non è quel tipo di documentario, anzi, è di quelli in cui ammirare la vita scorrere e ingaggiare un rapporto con le immagini. La tipologia più complicata, quella fondata su un montaggio che sappia aumentare il senso invece che diluire l’interesse. Purtroppo solo a tratti ci riesce.

Niccolò Bassetti fa sicuramente un grandissimo lavoro nel ritrarre la transizione, svicolando tutto ciò di cui il cinema di finzione abusa e trovando un’altra fonte a cui attingere. Lavora su scene quotidiane e mostra il modo in cui medicine, piani, problemi e incertezze della transizione si inserisc...