La recensione di Tár, in concorso al Festival di Venezia

Lydia Tár (Cate Blachett) è assolutamente la migliore del suo campo. Direttrice d’orchestra dallo sguardo duro e penetrante – ma si fa chiamare maestro -, Lydia Tár afferma con un velo di ironia che non le interessa essere simbolo di una categoria (donna, lesbica). E alle resistenze di uno studente che sembra portare avanti le istanze della cancel culture (non volendo suonare Bach) si scaglia con ancora più rabbia contro la stupidità del dividere l’uomo e l’artista, del condannare l’arte al posto delle azioni dell’individuo.

Con In the Bedroom e Little Children il regista Todd Field aveva già indagato con spirito riflessivamente polemico – e poetico – sulla tensione di morte (da intendere anche in senso lato, come morte delle certezze dell’Io) che aleggia nelle tranquille comunità periferiche. Ora quel senso di ambiguità morale, per cui il male non esiste mai come un assoluto, si espande con una forza ancora pi...