La recensione di L’ultima notte di Amore, al cinema dal 9 marzo

La gestione del tempo è quello che distingue un film buono da uno eccezionale, e nello specifico un cineasta esperto da uno realmente abile. La capacità di accelerare o anche rallentare molto il ritmo senza che questo sia mai percepito come una forzatura ma sembri scaturire naturalmente dagli eventi è forse l’abilità più avanzata che un regista possa possedere. Il cinema di genere, in cui il ritmo quale esso sia è tutto, è forse la dimensione in cui questo è più evidente, perché la sua gestione del passo del racconto è parte della creazione di un senso. Andrea Di Stefano è al terzo film dopo un Escobar con Benicio Del Toro e un’altra produzione americana, The Informer, da cui già si notavano capacità e visione di cinema superiori alla media italiana quando si parla di genere. La creazione e scrittura della serie Bang Bang Baby ha poi tolto ogni dubbio sulle doti da sceneggiatore. Ora L’ultima notte di Amore