La recensione di Vetro, dal 7 aprile al cinema

Certo non è proprio possibile qualificare un film come “di tensione” quando il primo momento di tensione arriva 45 minuti dopo l’inizio e si risolve in meno di un minuto. Non è proprio quella cosa lì. Anche perché poi bisognerà arrivare ad un’ora circa di durata perché parta la vera trama e si possa uscire dalla fase di setup del film, quella in cui ci viene illustrato il contesto, i personaggi, i loro problemi e obiettivi. Un’ora in cui lo stesso non riusciamo ad affezionarci a sufficienza a questa ragazza che vive reclusa in camera per sua scelta (fobia? malattia?), con internet come unico mezzo di comunicazione con l’esterno, un padre premuroso dall’altra parte della porta e dei vicini da spiare attraverso le tapparelle.

Non solo Vetro non racconta la sua trama mentre imposta il setup, cioè non fa correre l’intreccio da subito, ma aspetta di aver messo tutte le carte sul tavolo, per scatenare un col...