Warrior - la recensione

Due fratelli, un padre ex alcolizzato, un torneo di arti marziali miste. Gli uomini preparino i fazzoletti per questo strabiliante dramma familiare a carattere sportivo...

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Questo non è un film: è una tempesta ormonale per omaccioni. Una raffica di testosterone ed emozione che può dare alla testa al cosiddetto sesso forte.

Due fratelli, un padre ex alcolizzato, sensi di colpa, botte da orbi, lacrime e calci. Signore e signore attenzione: potreste uscire con il vostro accompagnatore singhiozzante. Warrior è per noi maschietti come una “commedia di Sandra Bullock” per l'altra metà del cielo? Probabile. Si sa che gli uomini spesso si commuovono con i film sportivi. Chi scrive è uno di essi. Basta un canestro, una meta, un home run montati con la musica giusta e, anche senza capire le regole, regolarmente ci asciughiamo gli occhi lucidi. Ma qui si esagera: Warrior è sia un film sportivo, sia un dramma familiare su tre maschiacci in conflitto tra loro.

Prima parte mentale e verbale, seconda parte fisica ed emotiva. Sottigliezze e mazzate. In principio osserviamo le vicende dei tre ragazzi Conlon: il figlio Tommy (Tom Hardy), disperso da anni, torna a Pittsburgh a casa dal padre Paddy (Nick Nolte) per farsi allenare, come accadeva nell'infanzia, con l'obiettivo di vincere l'imminente Sparta, un torneo di MMA (arti marziali miste) con un bel gruzzoletto in palio. Perché è incavolato a morte con il padre lo possiamo capire anche solo guardando il senso di colpa negli occhi feriti e le rughe scolpite di Nick Nolte, attore magistrale nel veicolare, in questo momento della sua vita, il rimpianto per tutte le stronzate commesse in vita con un solo primo piano del suo viso di pietra. Perché Tommy voglia vincere Sparta è invece più oscuro. La risposta arriverà cammin facendo.

Stacco. Siamo a Philadelphia dove c'è un altro Conlon in azione: Brendan (Joel Edgerton), un insegnante di fisica (non educazione fisica) al liceo, il che vuol dire che conosce perfettamente le ragioni per cui un corpo può cadere a terra violentemente. Il suo lo farà più e più volte nel corso del film. Anche Brendan vuole partecipare a Sparta. Anche Brendan brama il gruzzoletto. Nel caso suo, però, nessun mistero: c'è una bella casa da tenersi stretta altrimenti la banca se la porta via. Bisogna vincere Sparta per rimanere in un luogo che si è faticato a raggiungere con moglie e figli al fianco. Tommy si allena con l'odiato papà Paddy, Brendan con l'allenatore filosofo delle MMA Frank Santana (un fantastico Frank Grillo tenebroso-sensibile; grande prova) che come il suo omonimo chitarrista messicano si affida alla musica: ogni suo lottatore deve combattere ascoltando mentalmente Beethoven. E' un chiodo fisso per Frank. Prima parte mentale e verbale dove vediamo i fratelli divisi nelle motivazioni e nei preparativi a Sparta mentre attorno a loro cresce la tensione mediatica nell'ambiente delle MMA con insistite parentesi promozionali del torneo. Seconda parte dove si va tutti ad Atlantic City per assistere al torneo vero e proprio. Tommy e Brendan riescono a partecipare entrambi in modo non convenzionale. Tommy era un campione in gioventù ma ha mollato per via di demoni personali e familiari, Brendan non era nemmeno tanto bravo da ragazzo e riesce ad accedere a Sparta grazie alla pietas, e raccomandazione, del suo amico fraterno Frank Santana.

Se le nubi si addensano minacciose sul cielo di Warrior per tutta una prima parte di dialoghi di eccellente intensità, è nella seconda parte, subito dopo il gong del primo incontro di Sparta, che tuoni e fulmini cominceranno a esplodere sopra la vostra testa.

Ingenuità del film: troppo insistiti i momenti promozionali di Sparta (con il regista Gavin O'Connor nei panni dell'invadente organizzatore J.J. Riley), troppo retorico il rapporto tra Brendan e i suoi studenti liceali fan, troppo implausibile che Tommy sia davvero riuscito a scomparire dai radar del governo americano.

Momenti chiave: potentissima litigata Tommy-Paddy che si chiude con il figlio che usa una mossa delle MMA in chiave di conforto (che idea: basta quel momento di grande cinema per capire tutto di quei due disgraziati), Santana che fa i complimenti a Brendan dopo il primo round di Sparta (quanto è fico Frank Santana da 1 a 100? 101), Tommy che si aggira come una bestia feroce nella gabbia del ring di Sparta mentre tutti intorno provano a farlo ragionare e lui è ancora il bambino confuso di una volta, anche se adesso è in grado di spezzarti la schiena con il pollice.

Sul finale cominciano a scorrere le lacrime e quella cosa strana, enigmatica, vecchia e sempre nuova che è il grande cinema americano nazionalpopolare da Elia Kazan a Frank Darabont. Si può imputare a Gavin O'Connor, ancora alle prese con scontri familiari dal sapore mitologico (tanti i riferimenti alla Grecia, da Sparta al lottatore Teogene punto di riferimento del piccolo Tommy attraverso i racconti del padre Paddy) dopo il bel poliziesco Pride and Glory, una certa tendenza a calcare la mano a favore dell'emozione forte che sovrasti una lettura più cerebrale della sua opera. Ma il ragazzone è fatto così, che volete farci? E' più forte di lui. Almeno questo è un regista che ci mette l'anima, che spinge al massimo alcune potenzialità drammaturgiche volendo arrivare al cuore del problema e dei suoi personaggi. E' un cinema onesto, forse fin troppo esuberante ma certamente perbene e d'impatto per chi cerca sapori forti.

Infine, cosa si deve dire di un attore come Tom Hardy? Era dai tempi di Bronson che non lo vedevamo così a briglia sciolta. Per quanto tempo avrò davanti agli occhi il suo Tommy che si aggira per la gabbia di Sparta furente di rabbia e dolore con la spalla lussata e gli occhi iniettati di ancestrale rancore? Vedere Warrior è stato un lusso che mi sono potuto permettere in questa esistenza. Sarà bellissimo non dimenticarlo.

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