Dave – Presidente per un giorno va in onda su 27TwentySeven questa sera alle 21:09 e in replica domani sera alle 22:42

Il problema di chi in carriera crea uno, due, tre capolavori è che poi tutto il resto della sua produzione verrà confrontato con quei colossi uscendone quasi inevitabilmente con le ossa rotte, e questo fa sì che quello che per un’altra persona sarebbe “un ottimo film, da ricordare” viene quasi dimenticato, sepolto dalla fama dei suoi fratelli maggiori.

È il caso di Dave – Presidente per un giorno: se invece di Ivan Reitman l’avesse diretto un nome meno noto e meno autore di Ghostbusters, questa commedia “politica” con Kevin Kline sarebbe il suo fiore all’occhiello. Invece, siccome arriva dopo i due film sugli Acchiappafantasmi e nel mezzo di un delirio di onnipotenza manifestatosi sotto forma di Un poliziotto alle elementari e I gemelli, Dave viene spesso dimenticato, sottovalutato, trattato come “solo un altro film”.

Non lo è, soprattutto se visto oggi in un periodo nel quale un certo tipo di commedia americana sta attraversando una crisi creativa lunga e apparentemente inarrestabile. Per dirla in termini più faciloni e vendibili sui social, oggi le commedie come Dave – Presidente per un giorno non si fanno più. Il mondo intero, e quindi anche l’America, è reduce da un ventennio di disastri, deliri e apocalissi varie, e il cinismo ha sostituito i buoni sentimenti e l’immotivato (con il senno di poi) ottimismo dei primi anni Novanta. Dave è un bell’esemplare di una specie ormai in estinzione: la commedia nella quale si ride cambiando il mondo e portando il Bene (ruolo che oggi è stato assunto dai film Marvel).

 

Dave - Presidente per un giorno Kevin Kline

 

Dave – Presidente per un giorno è una delle prime sceneggiature della lunga e prolifica carriera di Gary Ross, che si era fatto conoscere cinque anni prima grazie a Big – un’altra commedia di buoni sentimenti nella quale il protagonista si ficca involontariamente in una situazione più grande di lui e riesce a navigarne le perigliose acque nonostante sia un inetto di buon cuore – e che da lì ad altri cinque anni si butterà anche sulla carriera da regista, cominciata con Pleasantville e culminata per ora con il primo Hunger Games (e con Ocean’s 8, se apprezzate). È una classica sceneggiatura da persona a inizio carriera: brillante, sovrabbondante per troppo entusiasmo, piena di ottimismo e sottile come un tronco d’albero quando deve proporci i suoi messaggi e la sua morale.

È la storia di Dave, direttore di un’agenzia di lavoro interinale che ha la fortuna o la sfortuna di assomigliare moltissimo al presidente degli Stati Uniti d’America, William Mitchell. Dave è interpretato da Kevin Kline, che nel 1993 era in piena fase ascendente dopo il trionfo in Un pesce di nome Wanda, ma in attesa dell’esplosione definitiva che sarebbe arrivata nel giro di un paio d’anni. Guardando Dave è chiaro il perché: Kline è un mostro, autore di una prova che da sola reggerebbe anche un film molto peggiore di questo – il livello di empatia che è in grado di generare gareggia con quello del numero uno di quegli anni, cioè Robin Williams. Merito del talento di Kline ma merito anche di come Ross lo scrive: in seguito a un infarto, il presidente Mitchell entra in coma, e a Dave viene chiesto di far finta di essere lui finché non si trova una soluzione a lungo termine. Ovviamente Dave si presta e, almeno all’inizio, esegue gli ordini senza fiatare; fare il presidente, però, anche se solo per finta, ti cambia, e il film racconta prima di tutto questo percorso di crescita e di presa di coscienza di sé stesso, prima ancora dei problemi del Paese.

 

Sigourney

 

Ross avrebbe potuto scrivere Dave appoggiandosi a facili archetipi della tradizione dell’“idiota al potere”. La soluzione più facile sarebbe stata scriverlo come un cretino molto fortunato, un uomo senza qualità che per una serie di fortunate coincidenze esce sempre vincitore da ogni sfida: è il modo più semplice per generare comicità. Il Dave del film, invece, non è un idiota, né è particolarmente fortunato e, a dirla tutta, non è nemmeno troppo fuori posto nel suo nuovo ruolo presidenziale. Questo perché Dave è una persona normale, il che significa che Kline lo interpreta con naturalezza e senza mai appoggiarsi a faccette eccessive o altre scorciatoie buffe. E soprattutto Dave è buono. La sua breve ma intensa parabola politica è alimentata da semplici gesti di bontà, di gentilezza, di umanità, delicati e quotidiani; che diventano eccezionali per contrasto con tutto il resto del mondo politicante che gira intorno al POTUS (è qui, più che nel protagonista, che si nascondono i lati veramente comici del film).

Dave – Presidente per un giorno è quindi un film sul sogno americano, inteso non solo come autorealizzazione e raggiungimento dei propri obiettivi “se solo ti impegni e lavori duro e non molli mai”, ma anche e soprattutto inteso come aspirazione, l’idea che un singolo, anche il più apparentemente anonimo dei singoli, possa cambiare il corso della storia se ci mette il cuore e mette il bene dell’America davanti a tutto quanto. Dave è un salvatore della patria perché, nel momento in cui occupa la sedia presidenziale, mette a disposizione del Paese il suo più grande superpotere: il buon senso, unito alla compassione e alla capacità di mettersi nei panni degli altri (non a caso di mestiere aiuta altra gente a trovare lavoro).

 

Un giovane Ben Kingsley

 

Kline è il centro di tutto, ma ovviamente non fa tutto da solo: intorno a lui c’è un cast di fenomeni, a partire dal suo chief of staff interpretato da un Frank Langella che riesce a sprizzare disprezzo usando non più di tre muscoli facciali alla volta, e proseguendo con la first lady, una Sigourney Weaver voluta da Reitman dopo Ghostbusters e che sembra nata per interpretare quel ruolo. A un giovanissimo Ving Rhames è dedicata un’intera sottotrama che ricorda una versione più salubre e meno morbosa del rapporto tra Frank Underwood ed Edward Meechum, e c’è persino spazio per uno sbarbatissimo Ben Kingsley che riesce a farsi notare senza mai alzare la voce.

Non tutto è perfetto in Dave – Presidente per un giorno, e la sceneggiatura di Gary Ross in particolare perde un po’ di mordente sul finale, quando si affida troppo al melodramma lasciando da parte la brillantezza che aveva dimostrato fin lì. Ma è anche questo, trovare l’amore, trovare la donna della tua vita, una parte del sogno americano.

Classifiche consigliate