Fuga per la vittoria, il falso storico della vera partita che ha ispirato il film uscito quarant’anni fa al cinema in Italia

La versione più famosa è quella americana di John Huston ma il mito della partita tra sottomessi e carcerieri ha preso mille forme e ha sempre un’unica origine: la Partita della morte. È il nome altisonante che viene dato alla vera sfida calcistica che si è tenuta a Kiev il 9 Agosto del 1942 allo Zenit Stadium tra la Start FC, squadra composta da ucraini alcuni dei quali ex calciatori, e la Flakelf, composta da rappresentanti delle forze naziste che in quel momento occupavano Kiev e pensavano di usare lo sport per fiaccare la resistenza ucraina affermando la superiorità tedesca. La partita però finì 5 a 3 per la Start FC.

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In quel momento storico a Kiev i tedeschi avevano imposto il coprifuoco e arrestato già 600.000 cittadini per attività anti-naziste. Tutti gli uomini tra i 15 e i 60 anni erano stati messi al lavoro. L’occupazione era durissima. La resistenza anche.

La Start FC era una squadra messa su da una panetteria, il cui gestore era un appassionato di sport e aveva dato lavoro a diversi ex calciatori della Lokomotiv e Dynamo di Kiev. Ovviamente non ci volle molto perché formassero una squadra intorno al carismatico portiere Nikolai Trusevich e cominciassero a competere con ottimi risultati in tempi difficili. La Start vinceva le sue partite con margini ampi, anche con 3 o 4 gol di vantaggio ogni volta, e con la Flakelf aveva pure già giocato (e vinto). Delle molte la Partita della morte fu quella più pubblicizzata, quella su cui puntarono i nazisti, rinforzando di molto la squadra con campioni tedeschi, promuovendo l’evento come un grande spettacolo cui tutti dovevano assistere e mettendo un arbitro nazista. Quella che insomma dovevano vincere a tutti i costi.

Due tempi all'inferno

Due tempi all’inferno

A riportare per primo questa storia in questa maniera è la Tribù di Stalin, giornale sovietico che nel 1946 pubblica direttamente lo script di un possibile film tratto dalla realtà. 12 anni dopo furono scritti due romanzi su questi fatti e solo nel 1962 quella sceneggiatura divenne un film, Il terzo tempo. Nello stesso anno poi uscì anche un altro film sulla partita della morte, l’ungherese Due tempi all’inferno. È tuttavia Il terzo tempo quello più importante a cui si ispirerà di più Fuga per la vittoria (ha anche una rovesciata finale come quella di Pelè) 20 anni dopo, anche perché fu un successo da 32 milioni di spettatori e i giornali se ne occuparono non poco in quegli anni di propaganda Brezhnev.
Nella storia i nazisti fanno di tutto per barare, minacciano i giocatori prima della partita e poi durante la fine del primo tempo negli spogliatoi si presentano per ordinare di perdere. L’arbitro fischia a senso unico e i giocatori tedeschi sono molto fallosi. Alla fine però i giocatori della panetteria di Kiev sono più forti e dilagano.
In seguito alla vittoria quattro giocatori della Start FC furono poi perseguitati e uccisi dalle autorità naziste.

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Tutto eccezionale, ma anche tutto falso. Nulla di quel che Il terzo tempo e i vari romanzi che lo hanno preceduto affermano essere vero è in realtà vero. O meglio la partita c’è stata ed è effettivamente finita 5 a 3, ma dopo la caduta del regime sovietico finalmente è stato possibile divulgare le opinioni dei testimoni oculari dell’incontro che negano la presenza di soldati armati a bordo campo con cani al guinzaglio (dettaglio che si trova anche in Fuga per la vittoria). Negano il clima persecutorio. Negano un arbitraggio sfavorevole e tutto l’infiocchettamento. Anche la scomparsa e la morte dei giocatori a seguito della vittoria sembra falsa. Alcuni di loro erano stati silenziati durante gli anni del regime perché sospettati di collaborazionismo con i nazisti e altri effettivamente fatti fuori ma dai sovietici e sempre per collaborazionismo. I pochi giocatori ancora vivi negli anni ‘90 infine raccontarono di non essere mai stati minacciati dalle SS né prima né durante l’intervallo. Addirittura anche la storia che lo Start FC avesse indossato una maglietta rossa per la partita in omaggio al comunismo è stata smentita. La maglia rossa gliel’avrebbero assegnata i nazisti direttamente.

Il terzo tempo

Il terzo tempo

Il punto è che la partita è diventata negli anni uno strumento di propaganda, ingigantito dai giornali e cavalcato dalla politica. I giocatori morti sono stati onorati con medaglie al valore postume e intorno a questa storia è nato il mito della resistenza ucraina all’occupazione nazista. La leggenda conta sempre molto più della storia, e l’idea dei sottomessi che attraverso lo sport dimostrano la superiorità rispetto ai carcerieri anche con un arbitraggio sfavorevole, è diventata un classico del cinema. Oltre ai 3 film elencati si ritrova in Quella sporca ultima meta, è un’idea commovente che ad un certo punto sfrutta anche Qualcuno volò sul nido del cuculo, è stata ribadita nel film russo del 2012 Match (nonostante ormai la mitologia fosse smentita) ed è in fondo anche parte della trama di Lo chiamavano Bulldozer.

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Tutto questo perché quello che dice, cioè che lo sport può essere uno strumento di rivincita, è vero a così tanti livelli diversi da schiacciare il falso storico.

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