Il cinema americano è alla costante ricerca di un nuovo Star Wars. Lo è da decenni. Vuole una storia trasversale che piaccia ai grandi tanto da portare i piccoli al cinema e comprargli i giocattoli. Cerca un franchise che resista al tempo e che sia un investimento sicuro. Siccome la creatività si può esercitare e addirittura commissionare, ma i successi non sono mai garantiti, Hollywood ama prendere spunto dalle vecchie proprietà intellettuali. John Carter appartiene proprio a questo filone.

È arrivato esattamente 10 anni fa in un periodo in cui, dopo il successo di Avatar, tutti gli studi speravano di poter lucrare sull’interesse per la fantascienza. L’opera di James Cameron era tutt’altro che originale (riprendeva a piene mani il colonialismo di Pocahontas) e per sua stessa ammissione è stata fortemente influenzata proprio da John Carter. 

Trasporre John Carter

Il film è infatti un adattamento di Sotto le lune di Marte di Edgar Rice Burroughs il cui titolo originale è A Princess of Mars, primo libro del Ciclo di Barsoom (ricordatelo, ci tornerà utile a breve). Non era la prima volta che si tentava un’operazione del genere. Negli anni ’30 la MGM commissionò un adattamento animato che non arrivò alla fine della produzione per via della preoccupazione degli investitori rispetto alla stravagante storia. Mentre Tarzan, sempre di Burroughs, funzionava alla grande dando spazio a numerose versioni, John Carter era impossibile da trasporre in live action per via dell’alto numero di effetti speciali che avrebbe richiesto. Tutti i tentativi si scontarono con la mancanza della tecnologia adatta per renderlo convincente. 

Nel 1986 Michael Eisner compra i diritti ritenendo la storia adatta a essere la risposta Disney a Star Wars. La sceneggiatura vide infinite riscritte alla guida di John McTiernan nel 1991. Protagonisti del film dovevano essere Tom Cruise e Julia Roberts. Marte e le sue creature erano troppo difficili da visualizzare in maniera convincente, così ci rinunciarono. Lasciano così scadere i diritti che vengono acquistati nel 2000 dalla Paramount. Ci tentano anche loro vagliando molti nomi tra cui Robert Rodriguez e Jon Favreau salvo poi rinunciarci. Niente da fare, nel 2006 lasciano scadere a loro volta i dritti. Appresa la notizia Andrew Stanton spinge Disney a ricomprarli e ad assumerlo per dirigere il film. 

 

John Carter

Arriva Andrew Stanton

Stanton ottiene dallo studio un potere inedito per un regista alla prima esperienza in live action. Veniva dalla Pixar dopo avere raggiunto le vette di Alla ricerca di Nemo e WALL•E. Realizzò il film che voleva fare. Non ci furono pressioni, cambi in corsa o problemi sul set e l’aumento di budget fu concordato e approvato dalla Disney. Finì le riprese in tempo, nonostante i molti reshoot che aveva però ampiamente previsto, cercando di applicare il metodo di continui feedback e riscritture imparato nell’animazione. 

Il suo è un film di avventura classico, ancor prima che un film di fantascienza (o meglio fantasia) intriso di atmosfere western. Un lavoro luminoso, dai contorni morbidi. Il perfetto prodotto per famiglie, di quelli che continuano per molti molti capitoli e che crescono insieme agli spettatori. Gira il viaggio su Marte in modo molto simile a quello nella luna di Méliès, con la bizzarria degli abitanti e lo straniamento del viaggiatore tipici di quel film. 

Perché John Carter è un flop?

John Carter fu uno dei flop più clamorosi di sempre con una perdita stimata di 200 milioni di dollari. Le ragioni dell’insuccesso sono molteplici e partono dalle scelte estetiche e produttive.

Nonostante un cast nutrito, mancano nomi di richiamo. Anche se nel 2012 Taylor Kitsch era sulla cresta dell’onda (lo stesso anno arrivò anche Battleship) non era certo un attore così potente da salvare da solo un film difficile. Attori di spessore come Willem Dafoe, Bryan Cranston, Mark Strong, sono toppo nascosti dalle maschere, dai costumi e dalla CGI. 

Tutto il comparto estetico, il trucco e parrucco, le scenografie e gli abiti indossati hanno un qualcosa di vintage. C’è ben poco di affascinante e soprattutto tutto sembra una riedizione di qualcosa di già mostrato in altre opere. 

Il punto è però che nelle immagini tutto si vede tranne i muscoli del film, cioè l’incredibile budget messo all’interno di questa storia. Non c’è nulla che lo freni dal sembrare fuori tempo massimo, persino fatto in fretta e furia. Cosa che non è! Anzi, è apprezzabile la cura dei dettagli e l’impegno messo nella costruzione del mondo. Però la patina visiva troppo morbida e soprattutto le orribili creature in computer grafica non sono state certo una leva per incrementare l’interesse a partire dai trailer e dai poster.

 

 

Il problema del titolo e l’influenza dei libri

Un altro errore è, banalmente, nel titolo: John Carter (e basta). Inizialmente avrebbe dovuto avere accanto un “di Marte”, poi rimosso per attirare un pubblico più ampio oltre ai giovani maschi. Ma chi è questo nuovo eroe? Da dove viene e perché è circondato da strane creature nella locandina? Perché è seminudo? Non c’è poi alcun riferimento esplicito né a La principessa di Marte né a Burroughs.

Un caso in cui la fama letteraria è stata sovrastimata drasticamente. I trailer lanciati ovunque durante la imponente campagna promozionale non erano nemmeno in grado di raccontare di che cosa parlasse questa pellicola.

Confidavano nella forza della saga da cui è tratta. Uno dei capisaldi della letteratura fantascientifica che ha influenzato Star Wars, Avatar, Dune e anche Superman. Solo che, essendo queste proprietà già trasposte in film e in altri prodotti correlati come libri e fumetti, John Carter subiva l’effetto del primo della classe arrivato in ritardo. Ovvero di essere il capostipite già vecchio perché quell’immaginario era stato sfruttato ovunque.

Una delle critiche più frequenti fatte dal pubblico era infatti come questo film fosse una copia sbiadita di tanti altri film di fantascienza. Di questo si può incolpare solamente la Disney, per aver raccontato malissimo la proprietà che avevano in mano; non strutturarono accordi  sul merchandise, e adottarono strategie convenzionali che mostravano tutti i dubbi sul progetto. Nel 2012, in pieno boom di supereroi, John Carter era fuori tempo massimo.

Come è John Carter?

Il resto però, va detto, è un film nemmeno troppo memorabile. Andrew Stanton non ricrea quella magia che riusciva a comunicare nell’animazione. Contrariamente a WALL•E in John Carter si parla troppo, senza curarsi mai veramente dei personaggi. Viene sommerso dalle cose da fare, dai fatti da rincorrere uno dopo l’altro, perdendo quell’aspetto umano che rende unica l’avventura. Cioè si dimentica di trovare un qualcosa che risuonasse nel presente. Ogni aspetto politico è stato appiattito e con esso è rimasto sul tavolo del montaggio anche il respiro epico. Per contrasto Atlantis, il film di animazione del 2001, è molto più complesso e adulto di John Carter. 

Oggi restano le macerie di un adattamento dimenticabile, dove è più interessante il clamore del suo fallimento che il suo contenuto. Dieci anni dopo il suo esordio John Carter è un’occasione sprecata. Lo si capisce guardando un alto film: Dune di Denis Villeneuve. Un’altra opera importantissima per la fantascienza portata sul grande schermo con fatica e dopo molti tentativi. È però riuscito a sopravvivere alla dura prova del pubblico proponendo una lettura adulta e fedele del romanzo.

Chissà se oggi, con questo illustre esempio, Andrew Stanton sarebbe riuscito a trovare il giusto tono per conquistare un ampio pubblico e lanciare così un nuovo franchise.

John Carter è su Disney+.

Fonte: SuperMakki

I film e le serie imperdibili

Classifiche consigliate