Immaginate la scena: avete 22 anni, vi chiamate Samuel Raimi, siete un regista ai suoi esordi che è appena riuscito a portare al mercato di Cannes – quella selezione di film fuori concorso e fuori proiezioni pubbliche e che sono riservati a un pubblico di settore, distributori in primis – il suo primo lungometraggio, The Evil Dead, o La casa se preferite il titolo con cui è noto da noi. Durante la proiezione notate che in sala c’è uno dei vostri idoli, Stephen King, il quale passa tutto il film a urlare, saltare sulla sedia, ridere, coprirsi gli occhi ed esultare. Il giorno dopo state parlando con la persona che sta cercando di farvi distribuire il film, Irvin Shapiro, che conosce Stephen King avendolo aiutato con il suo Creepshow; Shapiro vi dà il numero di King, voi lo chiamate per chiedergli se avesse voglia di dire due cose sul film da usare come leva di marketing, e King, il Re, di cui, lo ripetiamo, siete un grande fan, vi risponde “due cose? Ti scrivo direttamente una recensione, se vuoi puoi prendere i tuoi virgolettati da lì”. La recensione esce, ed è questa e questa, e si conclude con un invito ai distributori americani ad accaparrarsi La casa il prima possibile. Come reagite?

Se avete risposto A) “impazzisco, comincio a saltellare in giro per il mio appartamento, mi strappo i capelli e prendo ispirazione da questo fausto episodio per dare il via a una carriera sfavillante e ricca di soddisfazioni artistiche e commerciali”, complimenti! Siete Sam Raimi. La storia raccontata sopra è tutta vera, ed è la storia di come Stephen King salvò La casa da un possibile oblio, e diede al film la spinta necessaria per incassare qualche milione di dollari e permettere al regista di continuare a lavorare nel cinema. Ci volle l’intuizione di un esperto di horror e grande appassionato di cinema perché l’esordio di Raimi (e non solo) passasse alla storia invece che finire nel dimenticatoio.

 

Ash Williams

 

La casa esisteva in una forma embrionale dal 1978, quando Sam Raimi e Bruce Campbell lavorarono per la prima volta insieme in un cortometraggio (che potete vedere qui a qualità infima) intitolato Within the Woods, che racconta la storia di quattro teenager che passano un weekend in una casa isolata nel bosco, scoprono che è stata costruita su un vecchio cimitero indiano, incontrano il male e non ne escono benissimo. Il corto è straordinariamente simile a un lungo trailer esteso di tutte le idee che Raimi mise poi in La casa: da certe soggettive fluide e rapidissime che diventeranno uno dei suoi marchi di fabbrica al fatto che il personaggio di Bruce Campbell perde una mano, alla presenza di un generico “libro dei morti” di ispirazione lovecraftiana.

Within the Woods costò circa 1.600$, e servì a Raimi per avere qualcosa tra le mani da mostrare a potenziali finanziatori del suo progetto successivo – cioè un lungometraggio che espandesse le idee del corto fino a una durata accettabile. Se a questo punto vi interessa sapere nel dettaglio come i superamici Raimi e Campbell riuscirono ad assicurarsi i circa 100.000$ che servirono a finanziare l’inizio della lavorazione, non possiamo che consigliarvi l’autobiografia dello stesso Bruce Campbell, che racconta svariati dettagli tragicomici su quelle che furono delle riprese ai limiti dell’assurdo, che non avrebbero nulla da invidiare a quelle di Apocalypse Now se non fosse che sul set di La casa si divertivano tutti, nonostante il delirio.

 

Blargh

 

Non usiamo il termine “delirio” con leggerezza: tra le varie cose che successero durante le riprese di La casa c’è, per esempio, quella volta che l’intera troupe si perse nel bosco dove si erano addentrati a girare una scena; o il fatto che il set fosse letteralmente una casa isolata in mezzo al nulla, e tutte le volte che qualcuno si faceva male far arrivare un’ambulanza o una qualsiasi forma di assistenza medica fosse quasi impossibile. Non c’era cattiveria o malizia, solo un’enorme dose di inesperienza: Raimi aveva appena compiuto vent’anni ed era al suo primo film “vero”, e Campbell aveva appena un anno in più. C’era forse un po’ di crudeltà in Raimi, figlio di un’epoca nella quale frasi tipo “mi diverto a torturare i miei attori per tirare fuori il meglio da ogni scena” venivano accolte come segnale di genio e non di abusi: Campbell racconta per esempio che gli capitò di farsi male a una gamba durante una scena, e da quel momento Raimi cominciò a punzecchiarlo sulla ferita con un bastoncino, per tenerlo in uno stato di disagio costante anche durante le riprese.

Se avete visto il film ve ne sarete accorti; se invece conoscete il franchise, conoscete Ash, magari avete visto L’armata delle tenebre e la serie uscita su Starz, ma non avete esperienza con l’opera che ha dato origine a tutto, queste considerazioni potrebbero stupirvi: ma come, Ash vs. the Evil Dead era una serie comica, e anche L’armata delle tenebre faceva molto ridere. Cosa c’entra il disagio? Be’, c’entra perché in La casa la comicità che poi caratterizzerà i film seguenti (già a partire da La casa 2) è quasi completamente assente; Raimi, che pure aveva cominciato girando cortometraggi comici, amava l’orrore, e il suo primo lungometraggio fa di tutto per generarlo a secchiate, e non concede quasi nulla a tutto il resto.

 

La casa mani

 

Certo, “quasi” è la parola chiave: La casa, oltre a essere un film, è anche un prototipo, il modello su cui sono stati costruiti infiniti film simili nei successivi quarant’anni,  e dunque contiene tutti gli elementi tipici degli slasher di questo tipo – compreso il fatto di dedicare del tempo a farci conoscere i personaggi e a farci affezionare, prima di cominciare ad affettarli. E siccome parliamo di adolescenti, il primo atto di La casa contiene, è vero, anche momenti divertenti; mai francamente comici come nel sequel, e sempre organici alla trama, ma il film inizia con una certa leggerezza che viene abbandonata molto presto e che tornerà sempre più presente nei successivi lavori di Raimi. Gran parte del merito va dato a Bruce Campbell, attore eccezionale anche all’epoca quando non aveva alcuna esperienza, clamorosa faccia da cinema e l’unico che, se avesse voluto, avrebbe potuto mettere in difficoltà Jim Carrey nella sua corsa al titolo di “più grande faccia di gomma del mondo”. Fino all’arrivo dei mostri, dei demoni, del sangue e del libro dei morti La casa si regge su di lui, che ci guida per mano nella costruzione di tutte le strutture tipiche del teen slasher che poi verranno riciclate più o meno da chiunque.

 

Ash

 

Quando però arrivano i mostri, i demoni, il sangue e il libro dei morti cambia tutto – il tono, il ritmo, il grado di violenza, ma anche la rapidità con cui Raimi infila una soluzione geniale e/o assurda dietro l’altra; in un’epoca di film che superano regolarmente le due ore è rinfrescante vederne uno che non arriva ai novanta minuti, e che quindi deve costantemente inseguire sé stesso e superarsi scena dopo scena perché non c’è tempo di fare altro. Una delle poche cose azzeccate dall’altrimenti mediocre remake di La casa fatto da Fede Alvarez è l’abuso quasi parossistico delle cascate di sangue; anche nel film di Raimi il plasma scorre a fiotti, e da quando Bruce Campbell ne viene ricoperto, all’incirca dopo un’ora di film, non smette di scorrere – Ash Williams del reparto ferramenta (che al tempo ancora non lo era) passa più di venti minuti a grondare sangue in scena, mentre intorno a lui oggetti e persone vengono accoltellate, sbudellate, strangolate e ogni tanto esplodono, naturalmente in una nuvola rossastra.

È un film eccessivo ancora oggi, La casa, estremo nell’accezione più genuina del termine, e quindi semplicissimo come molti film estremi: ci sono cinque adolescenti che vanno a passare il weekend in quella casa nel bosco, lì scoprono il libro dei morti, evocano svariati demoni e muoiono. Non è tanto il cosa quanto il come: pur essendo all’esordio sulla lunga distanza Raimi dimostra già di avere uno stile, delle idee originali sulla messa in scena e su come muovere la macchina, di sapersi destreggiare anche con scarsi mezzi (trovate il modo di leggere quello che Bruce Campbell racconta sull’uso di rig improvvisati nell’impossibilità di comprare un dolly vero) e di sapere come generare tensione e paura mescolando pochi semplici ingredienti.

 

Necronomicon

 

Raimi si confermerà sei anni dopo quando, dopo il flop di I due criminali più pazzi del mondo, tornerà in mezzo ai boschi per girare quella che ancora oggi è la commedia horror definitiva. La casa 2 è un sequel superiore al primo film sotto quasi tutti i punti di vista, e ancora più del primo ha influenzato intere generazioni di filmmaker horror. Nell’abbracciare ulteriormente il lato comico, a tratti slapstick, della faccenda, però, La casa 2 perde per strada quella ferocia quasi bestiale che caratterizzava il primo capitolo, una parabola che si concluderà in modo clamoroso con quell’altro capolavoro, ma che con l’horror non ha quasi più nulla a che fare, di L’armata delle tenebre. Non lo stiamo dicendo per criticare Raimi o sostenere che segretamente La casa sia meglio dei suoi due sequel; è una semplice constatazione che ha a che fare con l’equilibrio e probabilmente anche i vasi comunicanti: se aggiungi da una parte (le risate) devi per forza togliere dall’altra (l’orrore puro). Non c’è dubbio che la scelta di Raimi abbia pagato, eccome, e che La casa 2 e L’armata delle tenebre siano due dei film migliori di sempre o giù di lì; ma se vogliamo passare una serata di terrore e raccapriccio lasciateci dire che noi torniamo sempre su La casa, anche a distanza di quarant’anni.

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