Il Marvel Cinematic Universe ha risolto il problema con i genitori maschi. Ora tocca alle mamme. 

Poco prima dell’atto finale di Avengers: Endgame Tony Stark incontra suo padre, Howard. Una figura ingombrante. Ha sempre voluto imitarlo come scienziato geniale e figura determinante nella sopravvivenza della terra. Ne ha ereditato anche i tratti più duri, ha convissuto con un trauma da abbandono per tutta la vita. Ne è nata una Civil War da questo, dal terribile omicidio ad opera del Soldato d’Inverno che ha strappato la famiglia a un ragazzo ancora insicuro.

Peter Quill vede morire la madre di fronte ai suoi occhi all’inizio del primo Guardiani della Galassia. Trova in Yondu una figura paterna. Nel Volume 2 si scopre che quel momento di stacco nella sua esistenza, quello in cui è stato prelevato dagli alieni, ormai orfano, è a causa di un femminicidio. Il vero papà biologico è Ego. Un essere divino, ma anche un impostore. Il suo nome è parlante. Quill ha superato l’incapacità di guardare al di fuori di se stesso che è inscritta nel suo DNA, il suo ego appunto, grazie a una famiglia per scelta, fatta di reietti.

C’è poi Thor, che fa tutto ciò che suo padre Odino non farebbe. Eppure più vive esperienze, più supera sconfitte e morti dei compagni di battaglia, più assomiglia al suo genitore, suo malgrado. Addirittura perde un occhio come lui. Con il fratello Loki si riconcilieranno solo negli ultimi istanti di esistenza del sovrano di Asgard, scoprendo di essere stati entrambi amati.

Padri e mamme MCU

Dai problemi con i padri ai dilemmi delle mamme

C’è un collante che tiene insieme molte storie del primo decennio del Marvel Cinematic Universe. Le unisce a livello tematico, come se gli autori lo affrontassero da prospettive, e pianeti, diversi. Sempre in secondo piano rispetto alle questioni più urgenti come le varie apocalissi da scongiurare, esiste questo trauma di partenza che accomuna tanti eroi che hanno attraversato i portali nello scontro finale con Thanos: è il problema della figura genitoriale paterna.

Un concetto che va chiaramente esteso oltre il semplice “essere generato da”. Peter Parker di Tom Holland vive con zia May, eppure nei suoi primi due film cerca sempre una figura maschile che lo possa accompagnare nella crescita. Prima in Tony Stark, poi in Quentin Beck\Mysterio. I sentimenti di Thanos poi non lo spingono a creare, bensì a distruggere. Eppure lui in questo annichilamento trova la sua ragione d’essere, una sorta di protezione dell’universo proprio come un Dio pazzo sarebbe disposto a punire i suoi figli per un istante minuscolo nell’equilibrio del cosmo. Adotta Gamora e Nebula, e le costringe ad amarlo con il terrore e le torture. Mai così lontano dalla definizione di genitore, eppure così motivato nel suo folle piano proprio per l’affetto che lui prova per le due figlie.

Shang-Chi, nonostante sia un’opera recente, sembra appartenere al passato della prima decina di film proprio nel suo trovare il villain nel padre con cui confrontarsi, scoprire le origini e la storia d’amore con la mamma che ha portato alla sua nascita, per chiudere il cerchio dell’origin story. 

Pur non accumunando tutti i film del Marvel Cinematic Universe, questo tema ricorrente è quello che rende riconoscibile l’appartenenza a una delle prime tre fasi. Ant-Man ritorna sempre lì, a casa da sua figlia. Ultron è una creazione di Iron Man come se il sistema operativo, quindi l’intelligenza artificiale, moltiplicasse se stessa. Il motivo di questa scelta si può rintracciare altrove: in Star Wars. 

“MCU, io sono tuo padre”

La saga ideata da George Lucas è l’esempio più significativo di serializzazione e costruzione di un universo in continua espansione. Kevin Feige e soci hanno guardato a quel modello per mettere in piedi il loro universo tanto da citarlo in tutta la fase 2 dove, in ogni film, c’è almeno un braccio tagliato. La potenza del percorso di eroe di Luke va oltre la conoscenza della forza, le spade laser, e la rivoluzione. È nel suo dilemma tragico del patricidio. Un principe eletto, senza macchia, che invece si sente maledetto dal passato che non si è scelto, da quel condividere le origini con il suo peggior nemico. Geniale, anche se messa in scena in maniera non impeccabile, la risoluzione: il padre toglie il dilemma al figlio, e si schiera al suo fianco.

Tornando al Marvel Cinematic Universe è chiaro che qualcosa è cambiato dopo Spider-Man: Far From Home, o meglio dopo Avengers: Endgame la cui prima metà è una seduta di terapia famigliare. 

tony-stark-parents-captain-america-civil-war-1200x570-1

Che cosa differenzia la fase quattro del Marvel Cinematic Universe?

C’è stato un cambiamento sottile, eppure copernicano, nella prospettiva di questi supereroi. Ora il nemico interno, l’ostacolo del passato che trascina a fondo e va superato per sconfiggere il villain, è la figura materna.

Un cinema sicuramente post Me Too, con una rinnovata attenzione alla rappresentazione femminile e della diversità culturale, ma anche un piano editoriale che fa il suo passo più logico per non tradire quanto fatto fino ad ora. Per riportare a un livello più vicino allo spettatore i super drammi dei supereroi, e quindi permettere empatia e comprensione, è fondamentale mantenere questa alterità verso figure che tutti possono sperimentare. Una maschera drammatica facente funzione del padre prima. Il suo equivalente al femminile dopo.

Tutto è iniziato con Black Widow. Un film famigliare, di ricostruzione e di ricongiungimento dopo che la violenza (anche sessuale) aveva spaccato in due quel gruppo di individui uniti da legami non di sangue. Red Guardian, per quanto simpatica spalla comica, non è problematico rispetto alla vita di Natasha Romanoff. Lo è ben di più Melina Vostokoff: ideatrice del sistema di controllo mentale di Dreykov, poi pentita, incarna il doppio configgente delle Vedove Nere. Assassine che possono usare le loro terribili abilità anche per il bene. 

Abbiamo da poco assistito al culmine del discorso (per ora) in Doctor Strange nel multiverso della follia. Che è un film sulla ricerca di amore e sulla possibilità di esprimerlo. Il discorso viene affrontato in maniera duplice: lo stregone ha paura di amare Christine. Wanda, in una diretta continuazione di WandaVision, mette a rischio la tenuta del multiverso dopo che il suo desiderio di poter prendersi cura dei sui figli si è corrotto con la magia oscura. 

Più che una deriva in mondi alternativi del Marvel Cinematic Universe da parte di Strange e di America Chavez, il film è una disperata ricerca da parte di due mamme (una stessa persona scissa) di cui una in lutto. Il suo dramma è stemperato dall’elemento fantasy (i due bambini sono frutto dei suoi poteri di alterazione della realtà nella serie). Di fatto però Wanda è una mamma che ha ucciso il compagno, sterile, e che ha subito la perdita di due figli.

Mamme Marvel Cinematic Universe

Mamme che muoiono e altre che guidano

La morte tocca anche al contrario: Peter Parker nella nuova trilogia non perde sullo schermo zio Ben, ma la figura materna di zia May. In questo caso il trauma porta a una reazione positiva, ma non è sempre così. La madre-villain si esprime in Moon Knight dove, in una depressione violentissima, abusa il figlio e lo distrugge nella sua personalità. È lei causa dell’eroe ma anche del suo lato oscuro.

Kate Bishop in Hawkeye è sconvolta dalla rivelazione che Eleanor Bishop si sia dovuta associare ai loschi affari di Wilson Fish. Non sa come reagire. Senza aver potuto scegliere è portata in una posizione di stretto legame con colui (figura maschile come in Black Widow) che considera il nemico, salvo scoprirlo vicino a lei per colpa della donna che le fa da genitore. 

In questa nuova tendenza non c’è una affermazione univoca di positività o negatività della figura materna. Da lì partono però i punti irrisolti, i traumi, e ancora più spesso i segnali che costringono a rivedere il passato fino a scoprire di non essere la persona che si crede. Nel blocco della fase 1-3 c’è una grande differenza rispetto alla 4.

Papà assenti e mamme troppo presenti

Il fantasma che insegue molti degli eroi e che ne guida le gesta rappresentate nei film è l’assenza del padre. Una distanza incolmabile e incolmata che dà avvio alla ricerca. Nella nuova fase “materna” il problema è proprio la vicinanza della mamma. Il legame così forte che diventa come un cappio che stringe la gola, o una catena che impedisce di sentirsi nel giusto.

I papà, sia biologici che per elezione, provocavano ferite in silenzio e dalla distanza, ora le mamme sono villain più dirette e di prossimità. Un rapporto complesso e tragico che si risolve nella sua interpretazione psicanalitica proprio grazie a Doctor Strange nel multiverso della follia. Wanda, madre creatrice per eccellenza, è prigioniera dello stereotipo di genitrice convenzionale. Applica linguaggi e modi di essere imposti da altri. Usa frasi colorate da telenovela (tutte le mamme creano i propri figli con l’immaginazione) che fanno orrore perché false e costruite.

Lei allora prende su di sé l’immagine della mamma che vuole essere, in accordo con quello che il pensiero comune impone alle madri di essere. Fa del suo meglio e impazzisce dal dolore di non poter esprimere il suo amore (e di non sapere come fare). Nell’incontro tra la madre-strega e quella eccessivamente premurosa c’è tutta la contraddizione che alimenta questa nuova epoca del Marvel Cinematic Universe e lo proietta verso la modernità.

I film e le serie imperdibili

Approfondimenti sui Marvel Studios

Classifiche consigliate