Melvin Van Peebles, cambiare la storia del cinema con un film solo: Sweet Sweetback Baadasssss Song

Prima di Sweet Sweetback’s Baadasssss Song non esisteva un cinema afroamericano propriamente detto. Solo 4 anni prima, nel 1967 Sidney Poitier veniva invitato a cena a casa di Spencer Tracy ed era un evento. Non per la comunità afroamericana però che in quell’attore vedeva il nero che piace ai bianchi, mansueto, sbiancato, rassicurante, dimentico della cultura di provenienza e pronto a mescolarsi ai bianchi e diventare come loro. Non per Melvin Van Peebles, morto oggi ad 89 anni e capace con quel solo film di cambiare tutto. Aveva un contratto per girare tre film con la Columbia, preferì girare un’opera indipendente autofinanziata che fosse 100% provocatoria, 100% radicale, sincera e che avesse a che fare con la causa della liberazione degli afroamericani o come disse lui: un film su “un uomo nero che si leva dal culo il piede dell’uomo bianco”.

 

 

È una pietra miliare del cinema arrabbiato e libero che esagera da ogni punto di vista, che non è propriamente “godibile” decenni dopo ma che sorprende ogni 5 minuti. È uno dei primissimi film americani a lavorare con il montaggio liberamente nello stile dei francesi degli anni ‘60 (jump cut, fermo immagini e macchina mano), si ispira vagamente all’Odissea e il suo solo interesse è rappresentare la corsa attraverso Harlem di un afroamericano inseguito dalla polizia bianca per il solo crimine di aver aiutato un altro afroamericano che stava per essere arrestato senza una vera ragione, solo perché alla polizia serviva un colpevole per un crimine e gli serviva in fretta. Il protagonista non parla, Van Peebles non trovò nessuno che lo volesse interpretare e alla fine decise di interpretarlo lui. Tra le mille leggende che girano intorno al film (alimentate da Van Peebles stesso) c’è anche quella che vuole che le scene di sesso nel film non fossero simulate.

 

Sweet sweetback poster

 

La produzione costò 150.000 dollari dell’epoca, 50.000 dei quali messi da Bill Cosby, e ne incassò 15 milioni (Bill Cosby comunque volle indietro solo i 50.000 che aveva messo). Nel suo viaggio Sweetback (il protagonista) incontra di tutto e come nell’Odissea, ogni incontro dice qualcosa sulla sua peregrinazione ad Harlem, ci sono altre minoranze, ci sono i predicatori, le prostitute e ci sono anche gli Hell’s Angels (altra leggenda vuole che volessero andarsene prima del dovuto e che fattogli notare che erano stati pagati e dovevano restare abbiano tirato fuori i coltelli e a quel punto Van Peebles in risposta abbia chiamato la sua troupe che girava con dei fucili). La colonna sonora è degli Earth Wind And Fire.

 

 

Il film, visto oggi, suona come una lunga allucinazione, qualcosa a metà tra un figlio di Easy Rider e un’opera universitaria antisistema. In realtà il suo successo cambiò tutto nel mondo del cinema americano. Mostrò che esisteva un pubblico afroamericano e stimolò produzioni bianche a fare film per afroamericani, ovvero l’era della blaxploitation. Anche se a differenza di quei film successivi in cui il connotato politico è sottotraccia, soffuso e di sfondo, qui invece è tutto quel che c’è da vedere. Soprattutto più di ogni altro film della blaxploitation Sweet Sweetback’s Baadasssss Song ha tonnellate di sesso. Donne e uomini nudi, atti sessuali, prostitute e uno swag afro che non si vedeva mai e che impedì all’MPAA di dargli un vero rating. Tra le frasi promozionali c’era “Rated X by an all white jury”. Quella spregiudicatezza nell’esibizione e nell’uso del corpo (è con prestazioni sessuali eccezionali che spesso Sweetback esce dalle situazioni, paga la sua libertà, chiede aiuto) erano quanto di più dirompente si potesse immaginare nel cinema bianco dell’epoca.

 

sweetback editing

 

Tale fu il terremoto del film che nel bel documentario del 2003 girato da Mario Van Peebles, figlio di Melvin, intitolato How To Get The Man’s Foot Outta Your Ass, si racconta delle adunate agli spettacoli nei quartieri afroamericani e della sorpresa del pubblico nel vedere non solo un film con un afroamericano protagonista, ma anche uno che dà battaglia alla polizia, si ribella, scappa e il fatto che alla fine tutti nel pubblico erano sempre convinti che la storia si sarebbe chiusa con la sconfitta di Sweetback. Perché quello era ciò che accadeva ai personaggi afroamericani nei film.

Sempre.

Racconta lo stesso Melvin che una signora vestita all’antica nel primo spettacolo ad Harlem si alzò in piedi proprio mentre sembra che la fuga di Sweetback stia per terminare e urlò al protagonista di farsi uccidere piuttosto che essere preso. Quando poi il film arrivava alla fine reale, con la fuga, il pubblico esplodeva. Non era mai capitato che un ribelle afroamericano fosse protagonista e alla fine ce la facesse a levarsi dal culo il piede dell’uomo bianco.

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