I migliori film visti a dicembre 2021 – Molto di quello che vediamo e raccontiamo con una recensione si perde. Alcune volte sono i film piccoli a non ricevere l’attenzione che meriterebbero, altre volte sono i migliori. Abbiamo così deciso di fare un piccolo riassunto ogni mese del meglio tra ciò che abbiamo visto. Senza distinzioni. Film usciti in sala, usciti in noleggio, usciti su una piattaforma in streaming come anche quelli visti ai festival e che non sono ancora usciti.

L’idea è quella di ricapitolare tutte le nostre segnalazioni scremando verso l’alto solo quello che pensiamo non vada perso, non debba sfuggire e meriti una visione. Ci saranno i film più noti e pubblicizzati come anche, con una certa preferenza, quelli che meno noti e dotati di una cassa di risonanza meno forte, che quando lo meritano hanno più bisogno di un riflettore su di sé per farsi notare.

Ecco quindi la nostra lista:

house of gucciHouse Of Gucci

“Sole attorno a cui tutto gira è Patrizia Reggiani, cioè Lady Gaga, di nuovo bravissima dopo A Star Is Born e stavolta non solo centrata ma anche capace di lavorare sulla complessità. Sul suo sguardo infuocato di desiderio (solo fintamente sessuale ma in realtà economico) si fonda la parte migliore del film, la prima, quella in cui è mostrato il corteggiamento tra Maurizio Gucci e Patrizia Reggiani. Non solo è lei a guidare la dinamica, arrivando dove vuole, ma è mostrato molto bene, senza dirlo, che ci arriva anche come lo vuole, facendo in modo che sia sempre lui a pensare di aver fatto le mosse importanti e aver guidato. Così capiamo gli eventi, capiamo il rapporto ma soprattutto capiamo lei, la grinta e la forza di una donna che ci viene presentata davanti ad un manipolo di camion (e camionisti)”.

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natale 8 bitNatale a 8 bit

“Natale a 8 bit, cambiando qualche dettaglio, potrebbe essere ambientato negli anni ‘30 o ‘50, tanto riesce a creare figure universali e riconoscibili, grazie ad un grandissimo lavoro di interpretazioni. Siamo abituati ai bambini-attori americani, sempre bravi e a fuoco, ma qui invece che mettere solo in mostra le loro doti si fa un lavoro diverso, creando per ognuno una vera personalità che lavori su stereotipi e archetipi in modo da dare nel complesso il ritratto di un ambiente, un gruppo di persone in equilibrio e, lo capiamo alla fine, dei rapporti tra amici e familiari. E alla fine, di tutta quella nostalgia, non rimane qualcosa di amaro, ma anzi, in modo molto divertente e paradossale, qualcosa di epico.”

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l'angelo dei muriL’angelo dei muri

“Queste coordinate imbastiscono insieme la concezione di cinema e racconto che porta avanti il suo autore. Fa leva sulla dimensione percettiva dell’inquietudine, sul senso di angoscia e allucinazione, piuttosto che su facili spaventi o colpi di scena. Evita qualsiasi discorso tematico o psicologismo, senza dare appigli o spiegazioni rassicuranti. Il suo obbiettivo infatti non è scolpire i caratteri dei personaggi con background esplicativi, bensì scavare dentro l’abisso dell’animo umano, in un vortice dove ci si perde lentamente ma inesorabilmente. Bianchini dunque non insegue senza originalità modelli stranieri, cercando di ricollocarli in un contesto locale, o cade in derive autoriali che usano il genere come semplice facciata. Al contrario, lo abbraccia pienamente, in un ritorno alle pure radici dell’orrore: i riferimenti all’ambiente esterno si fanno sporadici, la centralità della location domestica sottolinea il focus sulla dimensione umana. Peccato solo per l’epilogo: dopo lo scioglimento, l’enfasi sui simbolismi e una sottolineatura non necessaria rischiano di rovinare il risultato finale. Ma l’assenza di qualunque catarsi o conforto riafferma l’impatto della visione”.

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spider-man no way home doctor strange Benedict CumberbatchSpider-man: No Way Home

“Dopo essere tornato a casa ed essere stato lontano da casa, ora non ha come tornare nuovamente a casa Spider-Man, braccato dai nemici di un passato che non è il suo. Il tono è lo stesso, la logica prosecuzione dei precedenti due, con in più una dimensione più ampia, di quelle che di solito sfuggono all’Uomo Ragno, “condannato” a storie di quartiere. Non stavolta. L’impresa di Spider-Man: No Way Home è di tenere il piede di due staffe, da una parte la spensierata potenza della leggerezza dei film con Tom Holland e dall’altra una certa gravitas. E poi, triplo carpiato, gestire la nostalgia della presenza di personaggi come, ad esempio, Doc Octopus o Goblin che vengono da altre dimensioni per lui e dal nostro passato per noi”.

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one secondOne Second

“Non è di certo un film che vuole sorprendere One Second, anche nel suo finale (molto dedicato alla rivoluzione culturale), ma semmai uno che ricorda che regista incredibile di storie umili sia Zhang Yimouche sensibilità abbia quando si tratta di maneggiare i sentimenti più semplici e farli esplodere con sobrietà. Che fenomenale narratore in grado di prendere anche una trama convenzionale, con idee riguardo il cinema molto convenzionali e conosciute, per farne qualcosa di realmente intimo. Lavorare sul melodramma (i rapporti padre-figlia, la memoria, la lontananza e alla fine il tempo che passa e le delusioni) con il più classico degli oggetti-MacGuffin e far sembrare che è la prima volta che avviene in un film. La capacità di rispolverare un classico senza farlo sembrare tale.
Molti registi con il tempo perdono forza, perdono la capacità di tenere duro su un set e perdono i muscoli che servono per dare forma ad un film. Zhang Yimou, nonostante le difficoltà e gli alti e bassi, no”.

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being the Ricardos

Being the Ricardos

“Oltre a lasciare impressi i suoi cervellotici dialoghi, Sorkin fa qui quello che ha sempre fatto: raccontare con fascinazione i media, il mondo dello spettacolo, quello politico e del business (che sono sempre dei mondi fatti di media!) e il conflitto tragico di questi con la realtà dell’individuo. Being the Ricardos è proprio questo ma anche una lettera d’amore per la sceneggiatura e per tutto ciò che al cinema/in televisione è intelligenza creativa: i momenti migliori sono infatti quelli in cui Lucy immagina le scene possibili (che noi vediamo in bianco e nero) mentre gli sceneggiatori leggono, propongono soluzioni. Il sogno dentro al sogno, Hollywood dentro sé stessa.”

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il capo perfetto

Il capo perfetto

“Equilibrato a tutti i costi – anche quello di falsare il peso di una bilancia con un metaforico proiettile, “perché la misura sia esatta” – e deciso a mantenere uno status quo, Blanco è in fondo l’anima stessa del film. Il capo perfetto non procede infatti a tesi, cercando di arrivare a una verità o ad una ammonizione (questo lo lasciamo fare a Stephane Brizé), ma passa in rassegna con una salata e intelligente ironia una dinamica che già di per sé è paradossale e senza risoluzioni definitive (quella tra capo e sottoposto), e che quindi si diverte qui ad osservare con la lente d’ingrandimento.”

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