Si potrebbe scrivere una microstoria del cinema italiano solo sull’utilizzo che facciamo di caratteri, personalità e fisici e di come questo sia cambiato negli anni. In questa microstoria un posto lo meriterebbe senz’altro Pasquale Petrolo, cioè Lillo.

Nato con nel duo Lillo e Greg e così arrivato al cinema a fasi alterne fino a che la Filmauro non ha deciso di fare dei due la coppia di Natale, Lillo è poi diventato sempre di più attore autonomo, spalla eccezionale di molte commedie che eccezionali non sono. A Lillo il cinema italiano non chiede mai di vendere biglietti, non gli chiede cioè di fare il protagonista, avere il nome sul poster o la faccia che porti pubblico (per quanto potrebbe anche farlo), gli chiede sempre altro, di lavorare di sponda e migliorare i film, non solo recitando. E in questo incredibile sport, il miglioramento dei film dal set, è uno dei migliori mediani che ci siano in questo momento. Anche perché, occorre essere onesti, spesso lavora in film in cui basta davvero poco per migliorare tutto.

La sua specializzazione è la commedia e, per quel che ha fatto vedere negli anni in tv e teatro, lo sarebbe soprattutto quella fisica (questo nonostante da anni con Greg conduca una trasmissione radiofonica, quindi solo di parola), ma il cinema italiano non sa maneggiarla e così gli chiede di lavorare di facce e di parola. Spesso contribuendo alla scrittura dei propri personaggi. Lillo ha un controllo e un uso del corpo comico che possono essere devastanti, ha una grande conoscenza di come sia percepito e quindi di come possa far ridere con una posizione, una posa o un movimento, eppure anche nei film in cui con Greg era protagonista raramente questa dote veniva sfruttata come i due fanno ad esempio a teatro. Lillo è il vicino simpatico di Nessuno mi può giudicare, è stato sottosfruttato da Brizzi come amico dei protagonisti in diversi film (e lo stesso ha fatto Michela Andreozzi in Nove lune e mezza), era una spalla decisamente più vivace e divertente del Gorilla in Attenti al Gorilla e altre volte come in quel caso è stato uno dei pochi esempi di man-child italiano (un carattere comico che invece in America è molto abusato da Adam Sandler come da Will Ferrell e altri comici). Solo Paolo Sorrentino ha capito quanto sia più malleabile e come contenga molto più potenziale visivo di quel che gli lasciavano mostrare e lo ha inserito nella sua galleria grottesca di La grande bellezza. Anche se per poco.

Spesso stupisce come riesca ad essere la parte migliore di film che forse non lo meriterebbero nemmeno, tanto non sono in grado di capire di aver bisogno di qualcuno come lui e lo sottosfruttano o lo impiegano per parti, scene e situazioni in cui andrebbe bene chiunque altro.
Fenomenale battutista, è forse il solo attore italiano al momento la cui presenza scenica ha come parente più vicino il fumetto, per tempi comici e movimenti rapidi. In Il mostro della cripta (al cinema da domani 12 agosto), in cui (ironia della sorte) interpreta proprio un disegnatore dei fumetti, la sua apparizione ribalta il genere, cambia il ritmo e modifica il linguaggio del film.

Nel momento in cui compare Lillo si entra nel territorio delle teen comedy horror americane anni ’80. Lì ha finalmente modo di lavorare sul corpo (a partire da come si presenta, cioè da come è vestito e truccato) e mettere in scena le sue gag da fumetto, quelle in cui l’umorismo esplode di scatto, come se passassimo da un frame all’altro di una tavola. Nel primo frame è serio e nel secondo ha un sorrisone; nel primo frame è timoroso e nel secondo distrae il cattivo dicendo “Ma cos’è quella? Una scimmia a tre teste?”; ancora nel primo frame sta con gli altri nascosto e nel secondo sta scappando via in punta di piedi cercando di non farsi vedere perché spaventato. Anche nel finale, un’immagine statica, di lui seduto da solo in silenzio che mangia sembra di nuovo un frame di un fumetto che da solo fa ridere.

lillo nessuno mi può giudicare

Nell’intervista che gli abbiamo fatto per questo film dichiara che Un lupo mannaro americano a Londra è forse il suo film preferito, e non è difficile credergli. John Landis lavora esattamente su quell’umorismo lì, quello in cui una situazione può cambiare in un attimo e lo scarto tra il prima e il dopo (nei suoi film spesso sottolineato da uno stacco di montaggio) scatena la risata.
Pochissimi attori in Italia sono malleabili come Lillo, capaci di lavorare sull’imprevedibilità, ovvero dare l’impressione che con loro in campo possa davvero succedere di tutto senza che il film perda di credibilità. E per quanto per natura e carriera sia sempre la vittima delle gag e mai il carnefice (anche perché quando lavora con Greg è quello il suo ruolo), tutta la prima parte della sua partecipazione in Il mostro della cripta fa intravedere che forse sarebbe bravo anche in quella posizione.

Riuscirà mai qualcuno a scrivere un film intorno a Lillo? Uno che non preveda una spalla, uno che non lo sfrutti per arricchire le scene ma che sia centrato sulla sua capacità di gestire tempi e storie, sul carattere che ha forgiato da anni (vanaglorioso e molto infantile, con sentimenti di ferro dietro una grande insicurezza) e finalmente sulla recitazione fisica?

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