Si chiude il luglio delle contraddizioni a Hollywood: un mese dominato dal Barbenheimer, con incassi da capogiro (gli ultimi due weekend hanno visto gli incassi lievitare rispettivamente a 300 e 200 milioni di dollari) e una rinnovata sensazione che sì, il cinema è ancora vivo e vegeto ed è in grado anche di rinnovarsi. Ma è stato un mese anche dominato da un doppio sciopero che ha paralizzato quasi completamente la produzione cinematografica e televisiva, gettando un’ombra molto preoccupante sull’autunno televisivo americano e sulla distribuzione cinematografica della seconda metà dell’anno e del 2024, in un momento storico in cui faticosamente le sale cercano di riprendersi.

La differenza tra avere uno e due scioperi

Il 14 luglio gli attori del sindacato SAG-AFTRA hanno incrociato le braccia andando ad affiancare i colleghi sceneggiatori della WGA, in sciopero dal 1 maggio. Se lo sciopero degli sceneggiatori aveva sospeso i talk show serali e costretto alla chiusura alcuni film e serie tv in sviluppo, l’aggiunta degli attori alla mobilitazione ha di fatto interrotto tutta la produzione cinematografica e televisiva, costringendo l’AMPTP (l’associazione dei produttori di Hollwyood, in particolare studios e streamer) a un braccio di ferro che potrebbe durare mesi e logorare tutti.

L’inizio di uno sciopero degli attori non ha avuto come conseguenza solo lo stop delle produzioni. Gli iscritti al sindacato WGA sono infatti 11.500, mentre gli iscritti al sindacato SAG-AFTRA sono oltre 160 mila. Tra essi ci sono alcune delle star più conosciute al mondo, persone che hanno una visibilità immensa anche sui social e che da subito hanno iniziato ad amplificare il messaggio contro i produttori, ovvero: vi costerà molto di più lo sciopero che pagarci equamente e dignitosamente. Dopotutto, lo stesso discorso di Fran Drescher che ha dato il via allo sciopero è diventato virale e ha fatto il giro del mondo.

Per quanto possano sembrare uniti, il fronte degli attori e quello degli sceneggiatori hanno contratti collettivi differenti e non sono molti gli interessi comuni. Tuttavia questa volta sembra che i temi della trasparenza degli streamer (per vedere riconosciuti e retribuiti i successi) e dell’implementazione dell’Intelligenza Artificiale nella produzione siano sentiti da entrambi i gruppi. Ecco quindi che le parti fanno fronte comune contro l’AMPTP, che sembra essere categorica nel rigettare qualsiasi richiesta su questi argomenti.

Uno stallo all’americana

Gli sceneggiatori lamentano che, da quando è iniziato lo sciopero il 1 maggio, l’AMPTP non è mai voluta tornare sul tavolo delle trattative. Va detto che, nel frattempo, l’associazione ha trattato e firmato il rinnovo del contratto collettivo con il sindacato dei registi DGA, e poi ha cercato di trattare il rinnovo del contratto degli attori SAG-AFTRA. Forse la speranza dei produttori era che, se anche gli attori avessero firmato un contratto collettivo, a quel punto gli sceneggiatori si sarebbero convinti a scendere a più miti consigli. Il problema è che, scattati i due scioperi, gli equilibri sono cambiati completamente e l’AMPTP si è ritrovata in una situazione nella quale non si trovava dal 1960. È proprio grazie allo sciopero del 1960 che ora gli attori hanno una pensione, dei compensi residuali e un’assicurazione sanitaria: all’epoca gli studios non volevano assolutamente concedere quelli che ora sono considerati diritti fondamentali dei lavoratori. L’impressione è che siamo davanti allo stesso tipo di battaglia.

Eppure… siamo di fronte a uno stallo. Da quando è scattato lo sciopero degli attori, gli studios hanno rifiutato di tornare al tavolo delle trattative, e addirittura Deadline ha pubblicato voci secondo cui l’AMPTP preferirebbe “affamare” i sindacati per mesi, arrivando a far perdere la casa alle persone, per poi riaprire le trattative in una posizione di vantaggio. Voci che hanno destato scalpore e che, obiettivamente, sono state totalmente controproducenti.

I sindacati sottolineano come l’atteggiamento degli studios nel non voler tornare al tavolo non abbia alcun senso: un accordo, prima o poi, andrà trovato, un contratto andrà firmato. Rimanere sulle barricate non serve a nulla, si rischia una battaglia di logoramento che non farà bene a nessuno: gli attori fin dall’inizio si sono detti pronti a scioperare per mesi (e hanno un fondo di solidarietà interna creato appositamente per farlo).

Divide et impera?

Intanto la stagione delle trimestrali USA rischia di creare non pochi problemi interni all’AMPTP. Questa è un’associazione composta dai principali studios di Hollywood (tra cui Warner Bros. Discovery, Disney, Paramount, NBC Universal ecc) e dai principali streamer (Amazon, Netflix, Apple) che ha il permesso del governo americano di contrattare in blocco i contratti collettivi con i sindacati. Qualche giorno fa Comcast, che controlla NBC Universal, ha annunciato dati trimestrali contrastanti, che mostrano pesanti perdite sul fronte streaming (Peacock) ma una crescita nei ricavi nell’area di business più importante dell’azienda, e cioè la connettività: Wall Street ha premiato questi dati con una bella impennata. Netflix, dal canto suo, ha segnalato trimestrali in crescita sul fronte degli abbonati e con un dato interessante a breve termine (e preoccupante a lungo termine), e cioè una forte disponibilità di cassa dovuta allo stop alle produzioni (!), che lo streamer ha deciso di reinvestire subito – non aumentando stipendi o benefit per i propri dipendenti, ma ricomprando le proprie azioni. Poi ci sono streamer come Amazon e Apple, colossi che in borsa vengono valutati su altri dati, e cioè sui settori in cui operano principalmente.

Dall’altra parte, nell’AMPTP ci sono anche studios e media company il cui business è concentrato quasi esclusivamente sulla produzione e distribuzione di contenuti, e ai quali lo sciopero causerà veri danni, anche indirettamente in borsa. Disney, Warner Bros. Discovery, Paramount Global hanno canali televisivi il cui palinsesto autunnale è ufficialmente in sospeso (le serie tv autunnali iniziano le riprese a inizio agosto). Sony ha già rinviato diversi film a causa dello sciopero, e la Disney ha fatto slittare alcune uscite autunnali. Quando David Zaslav, più avanti questa settimana, annuncerà i dati trimestrali di Warner Bros. Discovery, per quanto possano essere incoraggianti (MAX insieme a Netflix è l’unica piattaforma che è riuscita ad andare in attivo recentemente, anche se più per i tagli alla spesa che per la crescita), si troverà a dover rispondere alle domande dei propri azionisti su quando finirà questo doppio sciopero.

Insomma, c’è chi sospetta che l’AMPTP sia molto più divisa di quanto sembri, e che alcuni studios siano pronti a risolvere la questione molto prima di altri…

Le eccezioni: chi continua a lavorare

In tutto questo, SAG-AFTRA ha dato il via libera a tutta una serie di produzioni che hanno il permesso di riprendere a girare a patto che siglino un contratto ad interim con il sindacato.

Ad oggi siamo arrivati a un centinaio di produzioni: si tratta di film o serie tv che vengono realizzate da case di produzione svincolate dalle cinque principali major e dai tre principali streamer e che non hanno ancora siglato accordi di distribuzione con essi. Queste produzioni firmano un contratto temporaneo che soddisfa le richieste della SAG-AFTRA fatte agli studios prima che le trattative saltassero, con la premessa che non appena verrà siglato un contratto collettivo questo sostituirà il contratto ad interim. Alcuni aspetti di questo accordo sono fumosi, in particolare per quanto riguarda le modalità di compensazione del successo di un contenuto in streaming, tuttavia appare evidente che le case di produzione interessate preferiscono tornare subito al lavoro con la certezza che questi aspetti verranno chiariti dal contratto collettivo definitivo.

Le aziende interessate sono, per esempio, A24 e perfino Lionsgate, mentre sono state fatte eccezioni anche per serie come Tehran e il film di Ishana Night Shyamalan The Watchers nonostante siano distribuiti da Apple e Warner Bros. perché, essendo produzioni girate all’estero, per entrambe le parti è più complicato innescare una disputa con i sindacati locali che dare il via libera alle riprese siglando un contratto ad interim. Ci sono poi i festival come la Mostra del Cinema di Venezia che confidano in tali eccezioni per permettere alle star di calcare il red carpet.

In tutto questo ci sono attori come Viola Davis che decidono di rifiutarsi di lavorare nonostante la SAG-AFTRA abbia dato il via libera alle riprese del suo nuovo film G20, giudicando il sindacato troppo “permissivo”. Una critica avanzata anche dalla comica Sarah Silverman, e alla quale la presidente Fran Drescher e il direttore esecutivo Duncan Crabtree-Ireland hanno risposto spiegando la logica dietro questa strategia. L’obiettivo, infatti, è quello di aumentare sempre di più la pressione sulle major tenendo le loro produzioni bloccate e sbloccando quelle di studios più piccoli che si dimostrano disposti a siglare contratti con il sindacato. Questo servirebbe anche a dimostrare alle major e agli streamer che se le piccole produzioni indipendenti sono in grado di siglare un accordo che prevede retribuzioni “consone” (aumentando quindi il budget), non ha senso che non lo facciano anche loro.

Qualcosa si sta sbloccando?

Quando lo sciopero degli attori è scattato ci siamo detti subito una cosa: questa mobilitazione può durare un paio di settimane o molti mesi, ma se dovesse durare molti mesi farà danni incalcolabili. Negli ultimi giorni Variety ha riportato le parole di membri di spicco del sindacato degli sceneggiatori WGA e del sindacato degli attori SAG-AFTRA che si sono detti assolutamente disponibili a tornare al tavolo delle trattative… ad alcune condizioni: “Abbiamo un piano,” ha spiegato Mike Schur della WGA, “ed è che loro ci telefonino e ci chiedano di tornare a trattare. Non saremo certo noi a chiamarli”. Per contro, Duncan Crabtree-Ireland della SAG-AFTRA ha spiegato che “L’ultima volta che li abbiamo sentiti è stato il 12 luglio, quando ci hanno detto che non pensano che saranno pronti a riparlare con noi per parecchio tempo”.

Oggi la newsletter Puck News sostiene che l’AMPTP sarebbe pronta a tornare a discutere per sbloccare lo stallo:

Venerdì scorso si è tenuta una riunione tra i CEO di Hollywood e alcuni giuslavoristi per riflettere sui passi da fare per superare l’impasse che ha paralizzato gran parte dell’industria dell’intrattenimento. Numerose fonti a conoscenza del tono e del contenuto della riunione, rappresentanti di studios e streamer hanno espresso il desiderio di tornare al tavolo delle trattative. Nel frattempo, molti partecipanti hanno insistito affinché i membri dell’associazione trovino un accordo più chiaro su alcuni aspetti fondamentali – come i compensi residuali o la trasparenza negli ascolti in streaming – affinché il capo negoziatore, Carol Lombardini, abbia ben presente cosa sia e cosa non sia accettabile durante le trattative.

Forse è davvero un primo passo verso la svolta…

Sciopero degli attori: gli ultimi aggiornamenti

Sciopero degli sceneggiatori: le ultime novità

Classifiche consigliate