Capitan America diventa liberal?

Strampalato articolo del Giornale, che sostiene che la politica stia provocando dei cambiamenti nel film su Capitan America. Intanto, Robert Pattinson e Kristen Stewart fanno sesso...

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Rubrica a cura di ColinMckenzie

Il Giornale dedica un'intera pagina lunedì alla 'polemica' su Capitan America, come ci ha segnalato anche Francesco. Il problema è che non sembrano avere una grande conoscenza del personaggio e riescono (tanto per cambiare) a creare una polemica sostanzialmente sul nulla (un po' come aveva fatto tanta stampa italiana con Toy Story 3 "omofobo e misogino"). Ecco qualche estratto del pezzo di Silvia Kramar (dagli Stati Uniti, mica cotica):

I bookmaker fanno bene a puntare sugli incassi del film, poiché il successo della versione cinematografica del fumetto è scontato: non c’è americano che non sia un fan degli eroi dei cartoon più classici, basti pensare al successo dei vari sequel di Superman e di Batman".

Successo del sequel di Superman? Andatelo a dire a Bryan Singer e Brandon Routh...

Anche la sua leggendaria divisa a stelle e strisce apparirà solo verso la fine del film".

Veramente la questione è un po' più complessa, visto che si tratta di avere diversi costumi nel film, per arrivare alla versione definitiva nell'ultimo atto. Ma non è certo questione di politica...

E gli slogan pro America di cui erano farcite tutte le puntate del fumetto? Scomparsi, annientati dai produttori liberal di una Hollywood decisa a creare solo prodotti per un mercato internazionale che non vuole più credere nella supremazia degli Usa.

La cosa bella è che hanno quasi ragione. Quasi, perché la ragione non va ricercata nel fatto che i produttori siano liberal, ma nel fatto che i mercati internazionali siano fondamentali per queste costosissime produzioni. E vi pare possibile che, dopo otto anni di era Bush e guerre disastrose, qualcuno voglia vedere un Capitan America con le fette di prosciutto davanti agli occhi, novello John Wayne? No, vero?

Anche peggiore il commento (nella stessa pagina) di Giuseppe De Bellis:

Adesso togliete anche il cappello dello Zio Sam. È la sindrome di Michael Moore: l’autofustigazione collettiva di un Paese e del suo modo di vivere. Capitan America senza la sua calzamaglia a stelle e strisce è il simbolo di una nazione che crede di dover chiedere scusa a qualcuno. A chi? L’America non schiaffeggia i suoi valori per paura di non piacere a qualcuno. Patriottica? Anche all’eccesso: nei film, nella musica, nelle bandiere piantate nei giardini, nei loghi delle televisioni del post 11 settembre. L’America era invidiata e adesso si sente invidiosa. Invidiosa dell’antiamericanismo.

Insomma, classici intellettuali (per una volta, non di sinistra) che fanno polemiche politiche su cose di cui sanno poco o nulla...

  *** Scatenati tanti siti italiani che parlano di Robert Pattinson e Kristen Stewart che faranno sesso. Ovviamente, ci si riferisce alla famosa scena di Breaking Dawn e non alla vita reale, ma volete mettere un bel titolo con i loro nomi reali? Poi certo, mi chiedo se veramente la Stewart rilasci interviste al Sun (che è citata come fonte dello 'scoop', come se ci fossero dubbi su quello che avviene nel quarto libro). A questo punto, forse vanno fatti i complimenti al Tgcom (è mai successo? Non credo...) che ha dato la notizia in maniera sostanzialmente corretta...*** 

Su Repubblica, pezzo fantastico che ci fa capire quanto siano importanti per la democrazia i giornali italiani. Anna Lombardi parla infatti della biografia di Angelina Jolie scritta da Andrew Morton (non proprio il giornalista più affidabile del mondo), in cui si descrive quando assunse un killer per farsi uccidere e tanti altri aneddoti strampalati. Magari qualcosa sarà anche vero, ma se questo è il giornalismo per cui si scende in piazza, forza Alfonso Signorini...

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Pupi Avati, intervistato da Avvenire, fa capire bene perché da noi non emergono ventenni che creano Google o Facebook, diventando ultra miliardari e creando tanti posti di lavoro:

Immaginavo che avendo alle spalle una filmografia di una certa coerenza, capace di dimostrare un'identità alternativa a quella del cinema italiano, fosse automatico essere scelto per la competizione".

Insomma, solito discorso, si vive di meriti (neanche enormi) passati, il presente conta poco. A proposito di cinema italiano, la morte di Suso Cecchi D'Amico è utile per qualcuno per fare i soliti paragoni assurdi con il cinema americano, aiutati dal fatto che la sua prima sceneggiatura, negli anni quaranta, si chiamava... Avatar. Scrive infatti L'osservatore romano:

E' impossibile immaginare due modi di concepire il mondo del grande schermo più distanti fra loro: il supermercato hollywoodiano contemporaneo, in cui tutto è perfettamente confezionato e previsto, e il cinema italiano che la regina delle sceneggiatrici ha contribuito a crescere e rendere glorioso.

Qualsiasi cosa si pensi di James Cameron, non lo confonderei con il "supermercato hollywoodiano contemporaneo".

***

La Stampa, nella settimanale rubrica Che fanno, dà per scontata la presenza di Daniel Day Lewis in Sherlock Holmes 2. Lo stesso fa Il Secolo d'Italia. Magari è un po' prematuro, no?

*** Per finire con una nota positiva, sul Corriere bel pezzo di Giuseppina Manin, che intervista Giorgio Diritti. Si parla di quando, vent'anni fa, il futuro regista de L'uomo che verrà rifiutò di fare da assistente non pagato a Federico Fellini sul set de La voce della luna. Bel racconto malinconico...

Vi ricordo che, per segnalarci articoli interessanti, potete scrivere su questo Discutiamone nel Forum Cinema  

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