Cinè 2014 - Luca Zingaretti e Marco D’Amore dalla tv al cinema

Gli attori simbolo della miglior televisione italiana saranno al centro di un film ma intanto hanno incontrato il pubblico alle giornate professionali di Riccione

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TV

 

A cura di Giovanni della Monica

Luca Zingaretti e Marco D’Amore sono Montalbano e Ciro, interpreti del meglio della serialità televisiva italiana per reti generaliste (il primo) e del meglio delle serie tv sulle reti a pagamento (il secondo), la legge e il fuorilegge che ora si incontreranno in un film in cui, guarda caso, interpretano uno un avvocato integerrimo e l’altro un criminale.

Simboli viventi del fatto che la tv italiana può far cose bellissime, si incontrano al cinema in un film di Edoardo De Angelis (già regista di Mozzarella stories) in ruoli e parti che girano intorno a ciò che li ha resi famosi.

I due attori hanno partecipato durante le giornate professionali di Riccione ad un bell’incontro con il pubblico che ha spaziato su tutte le loro esperienze e il modo in cui intendono il proprio lavoro. Ecco cosa hanno rivelato...

Domanda di rito per tutti e due: qual è la bella televisione? Esiste?

luca zingarettiLUCA ZINGARETTI: L’attore è come un cuoco a cui danno gli ingredienti e deve restituirli elaborati in un piatto gustoso. Dunque che poi il tuo lavoro sia usato o fruito dagli spettatori in tv o al cinema per un attore non dovrebbe far differenza. Quando si parla di buona o cattiva tv credo si debba fare i conti con la scrittura, perché tutto nasce da lì. Spesso e volentieri essendo la televisione più usa e getta del cinema (le repliche sono più difficili) la scrittura è più fatta a tirar via e in più bisogna spiegare e rispiegare più volte le medesime cose perché il pubblico è distratto. Per questo l’attore è spesso sacrificato. Una volta mi capitò un copione in cui nella scena 15 compariva un personaggio morto nella scena 10! Sfido chiunque a rendere migliore una roba simile…

La mia fortuna è che il mio personaggio più noto, Montalbano, veniva dalla letteratura e dunque andava rispettato. Noi esordimmo in seconda serata su Rai Due e in virtù di quei primi successi abbiamo avuto poi molta libertà, ma sempre curando la scrittura.

MARCO D’AMORE: Se posso aggiungere qualcosa a quel che ha detto Luca è che la vertigine che ho sentito rispetto a Gomorra e chi ci ha partecipato è che volevano che questa serie andasse fuori dall’Italia, che finalmente si potesse dire che gli italiani sanno fare bene anche la tv, proprio come è successo con Montalbano. Saremo la prima serie ad uscire negli Stati Uniti (tra i 60 paesi in cui esce) e la seconda stagione sarà coprodotta dagli Stati Uniti.

Purtroppo come sempre mentre fuori si vincono Oscar o si fanno successi qui si montano teatrini di polemiche. Gomorra all’estero è stata vista come un prodotto d’eccellenza del nostro paese e noi qui stiamo ancora a perder tempo.

Marco tu sei arrivato alla tv dopo tantissimo teatro vero?

marco-damoreMARCO D’AMORE: Io ero uno di quei ragazzi abbastanza determinati a fare SOLO teatro non volevo fare tv e cinema, ero integralista, convinto che il teatro fosse il solo luogo d’eccellenza per gli attori ma la vita mi ha contraddetto. Toni Servillo, il mio papà teatrale (mi ha fatto debuttare a 18 anni), mi ha invece fatto incontrare con Claudio Cupellini per Una vita tranquilla che mi ha affidato un ruolo in quel film. Ad ogni modo considero sempre il teatro come casa mia.

E tu Luca, il tuo teatro?

LUCA ZINGARETTI: No io non ho un teatro mio (ride). Ho cominciato a fare questo lavoro all’Accademia d’arte drammatica perché volevo fare cinema, ero innamorato di Taxi Driver, proprio la scena dello specchio. Era una cosa che tutti gli attori della mia generazione guardavano come un punto di riferimento. È stato vedendo quello che mi sono deciso.

Poi venni preso in Accademia perché al liceo feci un corso d’attore con un mio amico che mi spinse moltissimo a tentare con lui il provino dell’Accademia. E come sempre succede lui che ci teneva non è stato preso e io si, che in realtà all’epoca giocavo a calcio anche a buoni livelli, insomma se mi avessero bocciato avevo un altro sogno da inseguire. Invece l’essere preso mi obbligò a stare in accademia quei 6 mesi che mi fecero perdere la testa per questo lavoro. Era una vita da bohémiene che a me che venivo dal militare mi conquistò. Lì capii le potenzialità di un mestiere simile.

Pensa che all’inizio facevo ruoli da una battuta, stavo in piedi tre ore, in scena, fermo e dicevo solo “TUM TUM!”, terribile. Lo odiavo.

Fu poi Ferzan Ozpetek a convincere Marco Risi a prendermi per Il branco, ero felicissimo, andai al Festival di Venezia con questo film che ero al settimo cielo ma ci accolsero con una serie di fischi e di buuu che non augurerei a nessuno. Uma Thurman, dalla giuria fece dichiarazioni di fuoco sul film, perché si parlava della violenza sulle donne e il film aveva un messaggio difficile. Insomma ero lì in piedi con tutto il palazzo del cinema che mi fischiava. Lì finì la prima parte della mia carriera cinematografica. Per 10 anni!

Adesso però le nuove leve del cinema di adesso nemmeno lo vedono il teatro…

MARCO D’AMORE: Quelli non sono attori, è diverso.

Venendo al film che vi unisce, Perez. Il titolo, è anche il nome del tuo personaggio giusto?

LUCA ZINGARETTI: Si è un avvocato napoletano, del foro di Napoli che in qualche modo si è lasciato andare, ha smesso di decidere per la sua vita e guarda tutto con uno sguardo lucidissimo ma molto distante, pensa che non valga la pena di combattere per la propria vita e prendere quelle decisioni che prendiamo tutti, un personaggio un po’ alla deriva. Ad un certo punto gli succede qualcosa e non può fare finta di non vedere. A quel punto dovrà risolvere il suo grosso problema. Quest’imprevisto è incarnato da Marco D’Amore.

Quel che mi ha appassionato di questa storia è che c’è un uomo che inciampa e cade ma nel cadere trova la forza di rimettere in piedi i cocci della propria esistenza. In questo senso ci racconta a noi come individui e come italiani.

È vero che il film si basa sull’incertezza?

MARCO D’AMORE: Si, sai nel cinema e nel teatro si è persa un po’ la discussione, stando davanti alla tv siamo abituati ad assorbire tutto solo tra noi, mentre è bello tornare a casa, parlare con chi non ha visto il film e in questa maniera confrontarsi sui dubbi che il film ci ha lasciato.

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