Festival di Roma: dove andare?

Si è chiusa ieri la rassegna della capitale, che ha presentato diversi problemi, ma soprattutto grandi punti interrogativi sul futuro della manifestazione...

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festival di roma

 A cura di ColinMcKenzie

Non si può dire che sia filato tutto liscio al Festival di Roma. A parte il red carpet di Last Night bloccato dalla manifestazione del mondo del cinema (insisto, idea autolesionistica per come spaventa gli ospiti americani e inoffensiva nei riguardi di Tremonti e soci), hanno fatto scalpore la visione di The Social Network in italiano, la mancata proiezione di Carlos nel giorno stabilito per un problema alla copia e il fatto che la conferenza stampa de Le cose che restano sia avvenuta prima della presentazione di questo prodotto alla stampa. Errori gravi, ma che forse rischiano di mettere in ombra il vero problema del Festival, ossia l'Auditorium e il fatto che la disponibilità delle sale sia limitata, tanto da costringere a scelte pesanti. Per esempio, se l'ultimo film di un maestro come Corneau viene messo in contemporanea con The Social Network, chi riuscirà a vederlo? Pochi, purtroppo. E situazioni del genere avvengono ogni anno, magari mettendo in contrapposizione film in concorso che si vuole sostenere (ma con poco appeal) e titoli più forti fuori concorso. Il risultato è che un Festival come Venezia, che ha il doppio o il triplo di proiezioni interessanti, risulta anche più semplice da seguire di quello di Roma. Insomma, si ponga l'ultimatum all'Auditorium: o massima collaborazione o si va in qualche multisala più accogliente.

Capitolo divi. Chi scrive lo ritiene un aspetto importante di un Festival, ma che talvolta non può essere imputato agli organizzatori. E' presumibile, per esempio, che la mancata presenza di Nicole Kidman dipenda dalla volontà di promuovere al meglio la sua interpretazione in patria, magari per arrivare all'Oscar. Però, come promemoria per i giornalisti che sostenevano che Roma avrebbe massacrato Venezia da questo punto di vista (e che sono sicuro faranno autocritica), un rapido confronto:

  • Venezia (Jessica Alba, Vincent Cassel, Natalie Portman, Ben Affleck, Jon Hamm, John Turturro, Paul Giamatti, Quentin Tarantino come presidente di giuria)

  • Roma (Eva Mendes, Keira Knightley, Aaron Eckhart, Jesse Eisenberg, Julianne Moore)

Se volete al Festival di Roma aggiungiamo anche Bruce Springsteen (che però sembra un "superospite di Sanremo", copyright Federica Aliano) e Scorsese (ma allora dovremmo citare anche i tanti registi importanti che erano a Venezia e hanno fatto impazzire gli appassionati). D'altronde, è un corollario al fatto di avere poche (se non nessuna) anteprime mondiali importanti, ossia un interesse minore da parte dei 'talent' a fare viaggi intercontinentali. Comunque, dov'è questo trionfo capitolino? Io non lo vedo proprio.

Personalmente, non amo troppo parlare della qualità dei film presentati per giudicare il lavoro di un Festival, anche perché a Roma si possono vedere cose ottime (Inside Job, The Social Network, Carlos - almeno la versione televisiva lo era, questa spero sia altrettanto convincente) ma già passate da molte altre parti (tra cui le sale americane e francesi), mentre altre inedite generalmente mi hanno convinto poco (in particolare i film del concorso, anche se ne ho visti solo 7 su 16). A questo riguardo, è il caso di fare un'annotazione. Il festival di Roma è sempre stato promosso come una rassegna per il pubblico ed è indubbio che sia questo l'obiettivo. Ma allora come mai i tre titoli italiani presentati in concorso sembrano perfetti per svuotare le sale e a mio avviso faticheranno complessivamente ad arrivare a due milioni di incasso? Colpa dell'offerta di titoli nostrani o delle scelte dei selezionatori? Temo il primo punto, ma penso comunque che sia un aspetto su cui riflettere...

Comunque, non si può che condividere la direzione su cui sembra voler puntare nelle ultime interviste Piera Detassis, ossia quella di seguire il modello Toronto, magari eliminando il concorso (ma su questo punto si è letto tutto e il contrario di tutto). Andrei oltre: una manifestazione molto più snella, fatta quasi soltanto di proiezioni. Insomma, quello che sono le rassegne "Venezia/Cannes/Locarno a Roma", che evidentemente costano infinitamente di meno di questa kermesse. Così, magari si eviterà di spendere cifre enormi su cose che non hanno un gran valore e poi magari ritrovarsi scoperti su piccolezze che fanno fare brutte figure. Di sicuro, è difficile pensare al futuro se entro breve tempo non si capirà come continuerà (e se continuerà) il festival e chi sostituirà Piera Detassis come direttore artistico dal 2012.

In tutto questo, risultano stranianti due articoli del Messaggero, il primo di Fabio Ferzetti del 29 ottobre intitolato "Così la capitale vince su venezia e la rassegna trova la sua anima" e che nell'articolo contiene questo passaggio:

E' un magnifico paradosso: dopo cinque anni spesi a chiedersi qual era la vera vocazione di un festival cinematografico nella capitale, ecco che è l'attualità politica, ancor prima che cinematografica, a offrire al festival capitolino una cassa di risonanza senza precedenti. Se la stampa e le tv straniere daranno alla protesta il risalto che merita, il Festival di Roma avrà forse la massima visibilità nella sua breve storia".

Frase simile la scrive Gloria Satta il 2 novembre:

E' risultata di grande impatto, la sera dell'inaugurazione, l'invasione pacifica del red carpet da parte della gente del cinema".

Insomma, si sta dicendo che la protesta del mondo del cinema è stata un fatto positivo per il Festival di Roma, addirittura in grado di offrire "la massima visibilità nella sua breve storia". Magari tutto questo è vero, ma allora due considerazioni risultano scontate. La prima riguarda gli organizzatori del festival: sono contenti di sapere che il loro massimo successo è dipeso da una cosa per cui non hanno nessun merito? Chi scrive non è mai stato tenero con questo Festival, ma a me questo sembra quasi un insulto involontario. E la seconda è ovvia: a questo punto, per il 2011 bisogna auspicare un autunno caldo in modo che il Festival di Roma riscuota un altro grande successo? Magari, un bello sciopero generale che porti all'Auditorium un milione di persone...

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