Herschell Gordon Lewis: The Godfather of Gore amava Biancaneve

Un ricordo del Godfather del Gore Herschell Gordon Lewis, spentosi a 87 anni. Inventò con Russ Meyer la sexploitation e poi, da solo, lo splatter

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H.G.L. è un acronimo per i vecchi fan del primo splatter cinematografico degno di H.P.L. (Howard Philip Lovecraft) o H.G.W. (Herbert George Wells) per gli amanti della letteratura fantastica.
L'uomo che si è spento ieri all'età di 87 anni è stato un pioniere della settima arte sia per quanto riguarda l'erotismo che per quanto riguarda lo splatter, sottogenere del film horror letteralmente inventato da lui in compagnia del socio produttore David Friedman.
Da piccolo amò alla follia Biancaneve e i Sette Nani (1937), da ragazzino frequentava spasmodicamente i cinema di Pittsburgh nella Pennsylvania in cui era orgogliosamente nato e da giovane divenne un insegnante presso un college di Lingua e Letteratura Inglese. Di Pittsburgh come chi altro? Romero.
Insegnante di college come chi altro? Craven.
Alcuni nordamericani soffrono l'accademismo (come sono diversi da noi europei) e come Craven scappò dal college per fare film erotici... Herschell Gordon Lewis la smise di insegnare... per fare film erotici.
Solo... con dieci anni di anticipo rispetto al regista di Nightmare.
Si chiamavano all'epica nudies e mentre Russ Meyer faceva in 16mm L'Immorale Mr. Ties (1959), Herschell Gordon Lewis girava in 35mm The Adventures of Lucky Pierre (1961), softcore assai divertente e rozzissimo a livello fotografico su un uomo che vedeva tutti, soprattutto tutte, senza vestiti. L'eroe del film andava dallo psichiatra. Lewis andò invece in banca a depositare un bel gruzzoletto visti gli incassi positivi dopo i primi tentativi da produttore (The Prime Time e la sua prima regia Living Venus) poco redditizi per non dire fallimentari. Costato solo 7000 dollari, il film fu proiettato per nove settimane di seguito presso il Theater Capri di Chicago grazie alle manovre distributive di Lewis e del nuovo socio David Friedman.
Erano pionieri, indipendenti, lontani da Hollywood e, piuttosto inconsapevolmente, protagonisti di quella che sarebbe diventata la loro, e anche la nostra, Storia del Cinema. Dopo il primo erotismo esplicito in 35mm (Lewis ci teneva a specificare che Meyer aveva usato il meno potente 16mm; le dimensioni contavano per lui) e il successo economico derivante da questa 2000 maniacsinnovazione nel campo dell'offerta cinematografica... Lewis e Friedman cominciarono a pensare a qualcosa di diverso, un po' perché tanti loro colleghi si erano messi a fare sexploitation, un po' perché Lewis rimase folgorato dopo una notte di visioni di gangster movie dove si moriva "male". Cosa aveva capito?
La morte non era mai stata rappresentata graficamente al cinema. Voi vi metterete a ridere perché siete cinefili del 2016 ma all'epoca... la cosa era un tabù. Lewis pensò a voce alta: "E se inquadrassi le interiora del corpo? E se il sangue inondasse lo schermo?". Con Friedman si misero a "fare", letteralmente, il loro sangue. Andarono in un laboratorio cosmetico della Florida e tra alambicchi e strane sostanze chimiche, crearono un loro specifico miscuglio che poi usarono in altri film.
Blood Feast (1963) venne girato in quattro giorni. L'horror gotico vittoriano lasciò spazio alle psicopatologie coloratissimne e pop della contemporaneità anche se un antico culto egizio fu ancora quella scusa di esotismo ancora necessario per presentare l'horror al pubblico nordamericano.
Il concittadino di Pittsburgh Romero, cinque anni più tardi, avrebbe superato anche quell'ultimo ostacolo con il capolavoro La Notte Dei Morti Viventi (1968).
Ma tornando a Blood Feast... è stato il primo splatter della Storia Del Cinema e nel giro di due anni Lewis aveva già caratterizzato il suo modus operandi: ampliare lo spettro espressivo sfruttando la non regolamentazione distributiva e censoria. Studiare la sua vita, come sempre capita nei casi dei pionieri della nostra arte preferita, significa studiare la Storia e la Società in cui questi sacri pazzi vissero e operarono.
All'epoca non esisteva la censura ("L'MPAA... l'abbiamo inventata noi!" ricordava ridendo Lewis chiacchierando con lo storico e critico italiano Paolo Zelati) e quindi Lewis-Friedman, dopo essersi annoiati con la sexploitation, pensarono di andare a far vedere per la prima volta al grande pubblico interiora del corpo umano e fiotti di sangue.
Il successo fu clamoroso e di fatto... cambiò tutto.
Come molti rivoluzionari... anche Lewis, dopo lo scatto, senti la spossatezza dell'esploratore che ha aperto per altri il cammino in nuovi mondi. È maledettamente stancante. La sua filmografia risente, probabilmente, dello sforzo.
Di lui però non si possono non ricordare i divertentissimi 2000 Maniaci (1964), prototipo del filone America nascosta poi esaltato dal cinema di Tobe Hooper, She-Devils on Wheels (1968) e The Wizard of Gore (1970; di fatto già autoreferenziale). Nel 1972 arriva il suo ultimo lungo da produttore e regista ovvero The Gore Gore Girls.
Sarebbe tornato nei 2000 come vecchio guru osannato e diventato di culto con il sequel Blood Feast 2: All U Can Eat (2002) e il meno convincente The Uh-oh Show (2009).
A Paolo Zelati, che lo frequentò nei suoi ultimi anni di vita e autore del fondamentale libro-intervista American Nightmares (2014), aveva confidato di non aver amato particolarmente a metà 2000 la new wave del torture porn dello splat pack di Roth, Aja, Wan (il primo James Wan) & Co.
Lui aveva sempre cercato, insieme all'amicone della Troma Lloyd Kaufman (papà artistico di James Gunn) e al suo allievo più folle e visionario John Waters, un approccio all'estremo e al viscerale il più possibile fantasioso, scanzonato e ironico.
In una parola: camp.
The Master of Gore era anche, e soprattutto, un buontempone.
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