La miniserie del 2010?

Ha ottenuto grandi consensi al Festival di Cannes, dove molti si sono lamentati per la mancata presentazione in concorso. In effetti, qualità notevoli in questo lavoro, ma anche aspetti che lasciano perplessi. Si tratta di...

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Rubrica a cura di ColinMckenzie

... Carlos. Diretta da Olivier Assayas, è una miniserie di oltre cinque ore, in cui ci viene raccontata l'epopea incredibile di Ilich Ramírez Sánchez, più conosciuto con il nome di 'battaglia' di Carlos o anche con il soprannome de Lo sciacallo. Si tratta di un terrorista coinvolto in alcuni degli avvenimenti più eclatanti ed efferati degli anni settanta e ottanta, incredibilmente (ma non tanto, visti gli appoggi del blocco sovietico) capace di sfuggire per lungo tempo ai tanti che volevano arrestarlo o ucciderlo.

Tutto questo era sicuramente materiale esplosivo, ma anche terribilmente complicato. Come raccontare tante vicende complesse e (ancora oggi) in buona parta oscure? Assayas sceglie una strada discutibile, ma probabilmente intelligente. Infatti, si concentra sul suo protagonista, che compare quasi sempre in scena mostrando il suo punto di vista. In questo modo, si evita di complicare vicende già ingarbugliate mettendo troppo in mezzo i tanti coprotagonisti di questi fatti (servizi segreti e in generale organizzazioni ambigue). D'altra parte, talvolta capire meglio il contesto di certi avvenimenti sarebbe sicuramente un'idea positiva.

E' naturale paragonare questo prodotto alla serie di Romanzo criminale. Di sicuro, è chiaro che certi prodotti siano sicuramente più efficaci in versione lunga per la televisione piuttosto che in forma ridotta al cinema, scelta che costringe a tagli drastici e a non poter analizzare meglio la storia narrata. Comunque, è ammirevole come Assayas riesca a raccontare cose così complesse in maniera molto semplice e che può essere facilmente seguita.

Il ritmo è secco e poco indulgente e se l'inizio scoppiettante (in tutti i sensi) farebbe pensare a un prodotto più glamour, questa miniserie si assesta rapidamente su uno stile che non tende a rendere affascinanti i personaggi, come dimostrano alcune sequenze (i terroristi pasticcioni o certe feste eccessive, in questo senso simile all'idea presentata ne La Banda Baader Mainhof).

Alcuni personaggi rimangono decisamente impressi, soprattutto le due terroriste Nada (una bravissima Julia Hummer) e Magdalena Kopp, un ruolo assolutamente complesso e ambiguo. Inutile dire che un prodotto del genere non funzionerebbe senza un grande interprete nei panni di Carlos e in questo senso Edgar Ramirez funziona benissimo, arrivando probabilmente a battere il record di Christoph Waltz e parlando (sembra correttamente) cinque lingue (inglese, spagnolo, francese, tedesco e arabo). Ramirez riesce a passare da un estremo all'altro: da una parte, momenti di paranoia incredibili; dall'altra, situazioni molto delicate, come quando si preoccupa che una bambina non capisca le cose gravi che deve dire (scena suggellata da un incredibile titolo di Liberation, che fa capire bene il clima dell'epoca).

Dove invece funziona meno (il personaggio più che l'attore) è nel mostrarlo quasi sempre idealista, anche quando chiaramente le sue azioni sono dettate più dai soldi e dall'egocentrismo che da una (comunque discutibile) causa. Così, se vediamo correttamente tante morti innocenti e assurde, non sembra che il suo percorso si completi perfettamente, tanto che il finale (soprattutto nell'ultima ora) risulta stanco e poco coinvincente rispetto al resto.

Insomma, una miniserie da vedere senza discussioni, ma forse la mancanza di prodotti validi a Cannes quest'anno ha portato a sopravvalutare le poche cose buone presenti...

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