Pulp Fiction di Quentin Tarantino compie 20 anni. È ancora un capolavoro?

Pulp Fiction di Quentin Tarantino usciva in Italia 20 anni fa. È ancora quel capolavoro cinematografico che cambiò la Storia della settima arte nel 1994?

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Fine

Cosa vuol dire capolavoro? Un lavoro che si mette a capo, e quindi in testa, ad altri lavori. Alan Alda sostiene in Crimini e misfatti (1989) di Woody Allen che la comicità sia tragedia + tempo (quanto abbiamo dovuto aspettare dopo l'11 settembre 2001 dell'ironia sul terrorismo internazionale? Meno di 10 anni se consideriamo Four Lions, meno di sette anni se consideriamo Postal, poco più di 11 anni se il vostro preferito è Il dittatore).

Peter Bogdanovich sostiene che il capolavoro cinematografico sia definito dal binomio consenso + tempo.

Un film che resiste nel tempo e che non diventa datato, può essere considerato un capolavoro.

E allora ecco che ci chiediamo: Pulp Fiction (1994) di Quentin Tarantino può essere ancora considerato un capolavoro?

Dopo 20 anni (il film usciva il 16 dicembre 1994 in Italia), una Palma d'Oro al Festival di Cannes (il nostro Pupi Avati si batté come un leone con Clint Eastwood in giuria per difendere e premiare Caro diario spuntandola solo per Miglior Regia... ma sapeva benissimo che la Palma poteva andare solo a quel film), un Oscar per Miglior Sceneggiatura Originale vinto insieme all'ex amico poi nemico Roger Avary, un incasso di oltre 200 milioni di dollari worldwide (era costato solo 8 milioni), innumerevoli visioni e citazioni da altri film e non solo... il film di Quentin Tarantino è ancora fresco come una fottuta rosa come direbbe uno dei suoi pittoreschi e colorati protagonisti.

La domanda è: come cavolo è stato possibile?

Lounge

La struttura non lineare della sceneggiatura già sperimentata dal regista nato a Knoxville, Tennesse, nel 1963 diventa in questo caso l'ingrediente magico per permettere allo spettatore di essere sempre fottuto dal film senza poterne imbrigliarne l'anima e soprattutto (visto che Tarantino grazie al cielo non è Nolan) subendone la struttura con un piacere di natura squisitamente sessuale. Grazie a Pulp Fiction abbiamo tutti sperimentato le gioie della passività. Le iene (1992) ci istigava a prevedere nella nostra testa prima che nei nostri occhi un finale chiuso a due che comunque alimentava ed eccitava la fame di soluzione drammaturgica insita in ogni spettatore investigatore. La domanda ti pulsava incessante nella capoccia: riuscirà Tim Roth a tenere segreto a Harvey Keitel il fatto che è un poliziotto? E poi... quando e se Keitel lo scoprirà... come reagirà visto che sono diventati dei sinceri amiconi?

Con Pulp Fiction Tarantino è ancora più abile. Decide: non voglio che lo spettatore rimanga attaccato a una verità che vuole conoscere. Più coralità, nessun personaggio il cui destino è più intrigante rispetto agli altri (in termini di casting, battute, costumi, look, gerarchie di primi piani in regia). Ecco allora nascere definitivamente il film lounge. Il Nashville dei '90. Si andava alle feste in quegli anni o a trovare un amico ed eccolo là Pulp Fiction sempre incessantemente trasmesso da una tv attraverso un vhs e poi un dvd. Ti sedevi, ne vedevi un pezzo, ridacchiavi, godevi e poi lo lasciavi sapendo che quel film avrebbe continuato a guidare placidamente nella notte strafatto di eroina come Vincent Vega poco prima di andare a prendere Mia Wallace per una serata molto particolare.

Chiacchiere off topic

Un giorno Jerry Seinfeld, intervistato, dice che secondo lui Tarantino ha preso dal suo show scritto con Larry David, all'epoca famosissimo (eravamo a circa metà della sua lunga vita dal 1989 al 1998), la tendenza alla chiacchiera, alla divagazione rilassante, al culto dell'off topic rispetto alle prigionie tematiche della vita moderna. C'è bella confusione, c'è fumo che stordisce piacevolmente, c'è ottundimento dei sensi ma una caratteristica decisiva la riconosciamo in Pulp Fiction: anche i gangster mangiano fagioli e anche i gangster piangono. Tarantino enfatizza meglio di altri il fatto che il criminale sia seduto vicino a noi mentre vediamo Guerre stellari al cinema, che abbia una sua opinione sul significato del massaggio ai piedi e magari anche sulle piccole differenze tra Europa e Stati Uniti d'America basate esclusivamente sui coffee shop di Amsterdam e i menu dei fast food. Anche loro lavorano, anche loro hanno relazioni sentimentali (o matrimoni che vorrebbero conservare), anche loro si annoiano o spettegolano sulla moglie del capo, si scambiano idee sul mondo e se la cosa può risultare inusuale in un gangster movie ecco che l'autore li fa sentenziare prima di partecipare a un'azione violenta più consona alle regole del gioco: "Entriamo nei personaggi".
Della serie: io (Tarantino) so che tu (spettatore) sai che io so... che tu sai. E' il 1994. Ormai si può fare ancora più spudoratamente rispetto alla prima generazione dei registi cinefili ovvero gli adorati da Tarantino Truffaut, Godard & Co. che operavano nei lontani fine anni '50.

Tarantino prende il gangster movie e lo trasforma in un film chiacchiera. Questa bella intuizione che nel '94 è considerata nuova c'era già in Fino all'ultimo respiro (1960) di Godard (Belmondo e la Seberg parlano tanto, e del più e del meno, a letto dopo aver fatto l'amore nonostante Belmondo sia un criminale in fuga dalla polizia dopo aver ucciso un uomo) e in... Deliria (1987) di Michele Soavi (quando Tarantino lo incontra PRIMA di Pulp Fiction... si inginocchierà ai suoi piedi), il quale ancora oggi ricorda con piacere e un pizzico di malizia quei poliziotti cretini del suo bell'esordio Deliria che mentre stanno proteggendo il resto del cast da un letale assassino... si mettono a parlare del più e del meno ricordando le lunghe chiacchierate in Pulp Fiction tra Jules e Vincent durante le missioni affidate loro dal capo Marcellus Wallace.

pulp fiction 01

Citazioni

E' un lunghissimo elenco:

  1. Godard,

  2. Soavi,

  3. Faulkner (l'orologio di Quentin ne L'urlo e il furore somiglia tanto all'orologio che Quentin rende tanto importante in Pulp Fiction per Butch),

  4. Di Leo (avete mai fatto caso a quanto si somiglino nei primi piani il Vincent Vega di John Travolta con l'Ugo di Gastone Moschin di Milano calibro 9?????),

  5. La fotografia caldissima e pastellosa alla musical di Vincent Minnelli realizzata dal dop Andrzej Sekula,

  6. Il premio vinto dal ballerino dal ventre largo, pigro ma cool quando si mette improvvisamente a danzare in punta di calzini, Vincent Vega interpretato da un attore che nel 1977 era il Dio della Disco nell'altro capolavoro La febbre del sabato sera (1977),

  7. I capelli di Mia Wallace così simili a quelli della musa di Godard Anna Karina,

  8. L'aneddoto della siringa di adrenalina usata per dare una pugnalata al cuore al fine di guarire un'overdose figlio del documentario girato-tutto-in-una-notte di Martin Scorsese sul suo amico pericolosissimo Steven Prince (l'uomo che vende le pistole a De Niro in Taxi driver). Tutte queste citazioni, che per Tarantino sono sempre una punta di un iceberg che globalmente rimane sempre un po' nascosto, non sono mai stucchevoli. Lui prende delle cose dal passato (come fece per City on Fire di Ringo Lam in occasione de Le iene), le stacca da quel tempo lì, le mette nel suo tempo e... tutto è veramente molto fresco e bello. Non è un regista ma solo un dj? Mah. A noi sembra un vero grande regista cinematografico che sa come usare oggi la cultura e ciò che di bello la comunità di filmmakers ha realizzato ieri. Soprattutto quei cineasti asiatici, prima che l'Asia diventasse più vicina, da cui potevi fregare parecchie cose da adattare nella tua nicchia di mercato occidentale senza che gli spettatori, o i critici, se ne accorgessero più di tanto.

Pulp... pure troppo

Si ride, si chiacchiera off topic (ormai ci ha abituati) e poi... ops... è partito un colpo di pistola che spappola la testa del povero Marvin con la macchina da presa che riprende quella marmellatona gustosa quasi come fosse Bad Taste di Peter Jackson. Come dire: ehi ragazzi (spettatori)... ma non è che vi siete dimenticati che sono sempre dei gangster con le pistole in mano solo perché ve li ho fatti vedere come dei simpaticoni anche in vestaglia e pantofole? Lento/veloce, piano/forte, risata/violenza. Dai Pixies, ai Nirvana (che esplodono nel 1991 e probabilmente il nostro Quentin se ne accorge) a Pulp Fiction. Un secondo ridi e il secondo dopo scatta la violenza. Per alcuni un genere, per altri una vera e propria religione. La commedia televisiva spesso funziona meglio di un libro di Storia per ricordarci di cosa si parlava tanto in un certo periodo. Ecco Bebo Storti che per la Gialappa's Band crea nel 1997 il mitico personaggio di Thomas "Sangue e merda!" Prostata ovvero: "Sono uno scrittore pulp, molto pulp, pure troppo!". Daniele Brolli per Einaudi cura nel 1996 la pubblicazione di Gioventù cannibale, antologia di giovani e meno giovani scrittori tra cui esplodono definitivamente Niccolò Ammaniti, Aldo Nove, Daniele Luttazzi e Andrea G. Pinketts. Vengono definiti pulp. Un'intera generazione di cinefili italiani, ma non solo, comincia ad odiare tutto ciò che non sia o pulp o Pulp Fiction. E' un fenomeno che chi ha vissuto quegli anni ricorda benissimo e da lì parte anche in Italia il grande recupero critico del cinema italiano dei '70-'80 da cui Tarantino attingeva a piene mani grazie a pubblicazioni come Nocturno e Amarcord.

Guy Ritchie capisce che può fare la stessa operazione di Tarantino in chiave di gangster comedy nella sua Londra.

Improvvisamente veniamo tutti bombardati da film in cui il crimine deve far ridere ma poi ci si ammazza e poi si torna a ridere.

C'è chi si indigna per il nichilismo dietro tutto ciò, chi accusa Tarantino di usare troppo spesso la parola "nigger" (quell'insopportabile trombone, e rosicone, di Spike Lee), chi confonde la citazione con l'eccitazione.
Pulp Fiction crea un seguito di culto febbrile e il suo autore, giustamente, viene anche un po' sopraffatto da tutto quello che si scatena attorno al suo personaggio e al suo bellissimo film. Quentin Tarantino diventa un trademark, un topic, croce e delizia di un periodo dove il cinema indipendente statunitense incassa bene e infatti Peter Beskind è lesto a leggere qualche anno dopo quel momento storico con un parallelismo forte con la New Hollywood. Se New Hollywood è stata per Beskind 1969-1980, da Easy Rider (inizio) a I cancelli del cielo (fine), il nuovo periodo dove gli autori tornano a dominare sugli studios è 1989-1998, da sesso, bugie e videotape (inizio) a Shakespeare in Love (fine).
Se Taxi driver (1976) era stato, in termini di incasso e scalpore, il film di punta di quei memorabili 11 anni dal '69 all'80... per Beskind Pulp Fiction (1994) lo è indiscutibilmente di quel lasso di tempo più vicino a noi segnato, sempre per Beskind, anche dall'esplosione del Sundance (dove il giovane Tarantino scalda i muscoli) e dalla carriera controversa del produttore e distributore Harvey Weinstein della Miramax (la casa di Quentin).

Roberto Saviano scrive in Gomorra nel 2006 come i vecchi gangster del Sistema non sopportassero le nuove generazioni di gangster che, dopo Pulp Fiction, sparavano sempre con la pistola in orizzontale piuttosto che (cioè: e non) in verticale. In questo modo denotavano una sicura passione cinefila ma una scarsa "professionalità" perché sparando con la pistola in orizzontale era molto più difficile controllare la traiettoria dei proiettili. Nella bellissima serie tv Gomorra (2014) vedremo proprio il personaggio di Genny sparare in quel modo e lisciare clamorosamente la prima vittima che gli hanno chiesto di far fuori per dimostrare di essere un vero Savastano.

Pulp Fiction diventa il nuovo Scarface (1983). Ovvero il film amato dai giovani criminali pulp, molto pulp, pure troppo.

Scorpacciata da bianchi eccentrici 

Perché tutta questa surf music in colonna sonora? Tarantino cita Leone ed Ennio Morricone come punti di riferimento per il recupero di quella che il Thomas Pynchon di Vizio di forma definisce nel suo romanzo: "scorpacciata da bianchi eccentrici".

Si parte da Misirlou rifatta da Dick Dale nel 1962 e si finisce con Surf Rider dei The Lively Ones del 1963.

In mezzo c'è Jungle Boogie dei Kool & the Gang del 1973, Let's Stay together di Al Green del 1972Bustin' Surfboards dei The Tornadoes del 1962Lonesome Town cantata da Ricky Nelson del 1958Son of a Preacher Man cantata da Dusty Springfield del 1968, You Never Can Tell di Chuck Berry del 1964Girl, You'll Be a Woman Soon di Neil Diamond del 1967 rifatta dagli Urge OverkillFlowers on The Wall degli Statler Brothers del 1966, Comanche dei The Revels del 1961.

L'unica canzone originale del film è If Love Is a Red Dress (Hang Me in Rags) di Maria McKee.

Se Easy Rider (1969) di Dennis Hopper e Mean Streets (1973) di Martin Scorsese sono tra i primi film a usare una soundtrack legata all'attualità rock, Pulp Fiction passa alla storia per una soundtrack vecchia perfettamente in sintonia con l'idea tarantiniana di recupero e nuovo sfruttamento del passato.

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Icone

La carriera di John Travolta era se non finita proprio in un brutto momento. Tarantino cerca di convincerlo in tutti i modi a far parte del suo film nel ruolo di un gangster indolente eroinomane sovrappeso che nonostante verrà ucciso sulla tazza del cesso da Bruce Willis... chiuderà il film insieme a Samuel L. Jackson uscendo da un diner come un cowboy trionfante se ne sarebbe andato via da un saloon.
Miracoli della non linearità drammaturgica.

Travolta nicchia e poi rifiuta. Tarantino a quel punto gli fa una testa così su quanto lo abbia amato in Blow out (1981) di Brian De Palma. Travolta gli ricorda che è stato uno dei suoi flop più dolorosi e quindi proprio non capisce perché quel giovane cineasta di appena trent'anni si intestardisca a ricordarglielo. Tarantino risponde con la cinefilia più pura, quella di stampo europeo. Non conta il box office, non conta la realtà dei fatti ma solo la visione degli strafatti di cinema. Travolta viene travolto e crolla di fronte alle insistenze del lunatico corteggiatore. Accetterà il ruolo e tornerà ad essere star come ai tempi de La febbre del sabato sera e Grease (1978).

Tarantino ha preso una vecchia icona abbandonata, l'ha tirata a lucido, ha giustificato il suo corpo grasso e gli ha dato nuova vita hollywoodiana.

Se non è un genio questo... chi lo è?

Inizio

Harvey Weinstein riceve l'ultima sceneggiatura del suo pupillo Quentin Tarantino. Se la porta in aereo durante un viaggio di affari.
Apre la prima pagina mentre già si trova in volo. Siamo nel piccolo diner di Hawthorne Grill dove due amanti criminali di mezza tacca discutono della loro vita prima di decidere di derubare i clienti del ristorante.
Weinstein è completamente catturato dalla lettura. E mentre il suo corpo è tra le nuvole, la sua testa è già dentro Pulp Fiction.

Quando atterrerà... saprà già che quel film entrerà nella Storia del Cinema.

Sono passati 20 anni.

E Pulp Fiction è ancora lì. Di uscire dalla Storia del Cinema... non ci pensa proprio.

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