The Secret of Kells

Ha rappresentato la maggiore sorpresa in fase di nomination all'Oscar, questo cartone irlandese che ha beffato titoli prestigiosi e campioni di incasso. Ma se lo meritava? Scopriamolo insieme...

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Rubrica a cura di ColinMckenzie

Non c'è dubbio che, quando il 2 febbraio scorso sono state annunciate le candidature all'Oscar, The Secret of Kells è risultato un titolo sconosciuto a buona parte della stampa specializzata (e mi inserisco anch'io nell'elenco). Come era possibile che questa pellicola irlandese riuscisse a superare campioni di incasso come L'era glaciale 3 e Piovono polpette, grandi nomi come il Miyazaki di Ponyo sulla scogliera, e titoli indipendenti apprezzatissimi come 9 e Mary and Max?

Era il caso di scoprirne di più e magari di giudicare con i propri occhi. Detto, fatto. Il responso? In generale, un mix. Da una parte, infatti, si può apprezzare un lavoro tecnico fatto su un prodotto chiaramente a bassissimo costo. Dall'altra, è proprio difficile pensare che la sua inclusione nella cinquina all'Oscar fosse pienamente meritata, soprattutto considerando il valore artistico di avversari come Ponyo sulla scogliera e Mary and Max.

Iniziamo dalle note positive, il lavoro quasi visionario svolto dai registi Tomm Moore e Nora Twomey. Si tratta di un risultato ammirevole, che dimostra che i bassi budget non devono per forza portare a un prodotto sciatto e povero di idee. Si dà così vita a uno stile decisamente particolare, magari grezzo ma assolutamente intrigante, che non sarebbe stato male vedere anche in un film decisamente con mezzi maggiori come La principessa e il ranocchio. Ecco allora arrivare momenti particolarmente brillanti e originali (il santo a cui vengono 'aggiunti' mani e occhi), una nebbia che nasconde la foresta (dando vita a un panorama molto suggestivo), colori forti e impressionanti (il rosso durante l'attacco) e in generale sequenze oniriche che non ci si aspetterebbe.

Per il resto, però, si ha l'impressione di avere a che fare con un prodotto poco coraggioso e troppo didascalico. Va detto che la trama (dei monaci cristiani che devono resistere all'assalto dei vichinghi e intanto conservare un libro fondamentale) fornisce l'impressione di una storia adulta, anche se lo sviluppo è più da lezioncina non troppo intrigante, in cui 'scopriamo' che si impara più nei boschi che sui libri o che i muri non possono proteggerci da quello che sta all'esterno, mentre la forza della fede è l'elemento veramente importante. Intanto, assistiamo all'iniziazione di un ragazzo, tema sulla carta sempre interessante, ma che qui non viene sfruttato al meglio.

Alla fine, risultano evidenti i due maggiori difetti. Se infatti lo stile del lavoro è come detto notevole, l'animazione è decisamente a bassissimo costo, tanto da ricordare certi cartoni animati televisivi giapponesi e i loro sfondi 'taroccati'. L'altro problema è che l'arco narrativo del film è assolutamente debole e fa pensare (come spesso succede in questi casi) a un corto gonfiato eccessivamente. Così, per tirare le somme, il dubbio rimane: se la Disney ha la forza del marchio e del marketing per lanciare agli Oscar un prodotto come La principessa e il ranocchio, questo titolo come ha fatto ad arrivare così in alto? Misteri della fede...

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