A.D. After Dead

A.D. After Dead

Uno dei colpi di scena più eclatanti dell’ultimo Image EXPO, è stato l’annuncio della graphic novel AD: After Death, che riunisce un team creativo d’eccezione composto da due tra i più apprezzati talenti americani di questi ultimi anni: Scott Snyder ai testi e Jeff Lemire ai disegni, un vero e proprio dream team del fumetto mainstream.

Sul portale statunitense Comic Book hanno voluto parlare di questa nuova avventura, illustrando con entusiasmo il progetto che arriverà sugli scaffali oltreoceano il prossimo autunno.

Vi proponiamo per intero la lunga, intensa intervista, dove emergono la profonda amicizia tra i due autori, la loro simpatia ma anche le loro intenzioni di scandagliare i cardini dell’esistenza dell’uomo, le cause dei suoi desideri o dei suoi incubi più ancestrali, principi stessi della filosofia, dell’arte e della religione. La morte e la sua sconfitta.

 

Ragazzi, da quanto tempo state lavorando all’idea di questo fumetto?

Jeff Lemire: Da ieri notte [ridendo].

Scott Snyder: No. Abbiamo iniziato a parlarne circa un anno fa.

Jeff Lemire: Beh si, circa un anno fa. Scott in principio l’aveva pensata come una storia più ridotta da far disegnare a me, ma vi entrai istantaneamente in sintonia e la cosa assunse altre dimensioni. È stato l’autunno passato che ci siamo messi seriamente a ragionarci sopra. Andammo a Londra insieme per una convention, così dovendo stare sull’aereo per setto o otto ore, ci siamo messi a sviscerare l’idea. Ne fummo davvero entusiasti e cominciammo a pensare come realizzarla sul serio, in quel momento divenne realtà.

Avete scritto insieme la storia?

Jeff Lemire: No. Se ne occuperà Scott.

Scott Snyder: Si. È la prima volta che ho a che fare con un fumetto non seriale. Per noi rappresenta una storia importante che intendiamo come una graphic novel. Per me è la prima storia che ho fatto senza una particolare pressione o la preponderanza di una trama pensata per fare in modo che la gente torni a leggerla il numero successivo. Per Jeff è la prima volta che disegna per un altro scrittore che non sia lui stesso.

Jeff Lemire: Proprio così, a parte un paio di brevi storie e un numero di Jonah Hex scritto da Jimmy Palmiotti e Justin Gray. Ecco quanto ho fatto come disegnatore per un altro autore, quindi questo è il mio primo grosso impegno del genere. Da un punto di vista visivo, scomporla in pezzi fa parte della sceneggiatura così in tal senso, contribuisco anch’io alla scrittura, ma è Scott ad occuparsene in primo luogo.

Scott Snyder: Io faccio sempre in modo che i miei disegnatori facciano anche metà del mio lavoro [ride].

Jeff Lemire

Jeff Lemire

Jeff per te cosa vuol dire essere l’artista ma non lo scrittore di un progetto così rilevante?

Jeff Lemire: A essere onesti siamo appena all’inizio, quindi non saprei ancora. Quando scrivi per te stesso è molto semplice imbrogliare. Se stai scrivendo qualcosa che non ti andrà di disegnare puoi sempre cambiare lo script e renderlo un po’ più semplice [ride]. Scrivo roba ritagliata su misura per le mie possibilità e il mio modo di sentire. Mi cucio addosso la sceneggiatura mentre qui sarà una sfida perché Scott potrebbe volermi far disegnare o realizzare soggetti che mi stimoleranno e aiuteranno a cresce come artista in ambiti in cui mai avrei potuto, scrivendo solo per me stesso. Sono davvero eccitato al riguardo. Scrivendo per te stesso è facile finire in schemi in cui dimostri certe qualità estetiche o tematiche che possono essere notevoli ma che è bene mettere in discussione per orientarsi verso alcune direzioni che normalmente eviteresti.

Scott Snyder: Sto lavorando solo su cose che mettano in seria difficoltà Jeff [ridendo].

Come ha avuto origine l’idea di scrivere sulla cura per la morte?

Scott Snyder: Penso sia un tema che ho trattato fondamentalmente in tutto ciò che ho scritto, Batman, American Vampire e Wytches. Questo fumetto significa per me affrontare uno degli argomenti più rilevanti in tutto quello che ho fatto prima, ma in maniera assolutamente prioritaria, insieme a qualcuno che non solo si occupa dei disegni ma contribuisce con suggerimenti e tutto il resto. Non è da considerare come un “high concept” [un idea di base da sviluppare], del tipo cosa accadrebbe se si potesse curare la morte. La Corte dei Gufi [in Batman] riguardava una cosa che ho sempre pensato fin da bambino, il concetto di crescere in una città, New York per me, di conoscere i tuoi vicini, la sua geografia, ma di non poter mai conoscere tutti coloro che vissero lì prima di te. C’è come un sentimento di rispetto nel sapere che la città è così piena di fantasmi, in quel senso intendo.

Jeff Lemire: Davvero avevi quel tipo di pensieri da bambino? [Ridendo]

Batman #38:  Endgame parte 4 - cover di Danny Miki

Batman #38: Endgame parte 4 – cover di Andy Kubert

Scott Snyder: Certo! Anche da bambino ti capita di sentire qualcuno come mio padre, che era abituato a dire: “Sai, non era così dieci anni fa”. Ti rendi conto di come le cose cambino velocemente e tutto quello che sai è relativo a un istante e i luoghi esisteranno ancora per molto tempo dopo che tu non ci sarai più. In Morte della Famiglia, Joker dice a Batman: “Hai sempre voluto essere immortale. Hai sempre voluto essere qualcosa che andasse oltre il tuo corpo, ma hai tradito te stesso facendoti amici che amano colui, chiunque sia, che sta dietro quella maschera. Dimenticali e unisciti a me, diventa qualcosa di leggendario”. E Batman rifiuta.

Endgame è di nuovo incentrato su questo concetto. Contiene motivi ed elementi presenti anche in AD. Forse fa parte dell’essere uno scrittore scrivere per comunicare le cose che ti tengono sveglio la notte, il percepire tutto muoversi così velocemente e le domande sul se fossi stato destinato a fare qualcosaltro. Che sarebbe successo se avessi fatto questo, se avessi sposato un’altra? Se avessi avuto figli differenti? Se avessi sposato Jeff Lemire [ride]. Ma seriamente, che sarebbe accaduto se avreste provato a fare tutto ciò che aveste voluto tentare ma sapevate che c’era un limite di tempo a vostra disposizione, che avevate tanti anni da spendere ma non così tanti. Il fumetto parla delle meraviglie e degli orrori di possedere tempo illimitato per diventare tutto ciò che si desidera.

Jeff Lemire: L’aspetto di un high concept come la cura per la morte è solo il punto di partenza. La storia non parla di questo. La storia è imperniata sul fatto di poter vivere tutte le vite che si vuole, passare cinquant’anni a diventare un mastro carpentiere perché mi gira così e poi lasciar perdere tutto. È osservare quest’uomo reinventarsi costantemente e nel contempo anche il mondo cambiare attorno a lui. È molto affascinante.

Scott Snyder: Se riusciste a fare ogni cosa che avreste voluto fare, sareste più simili alle persone che desideravate diventare o sareste solamente molto diversi da ciò che eravate prima? La natura effimera della vita è tale che qualsiasi cosa tu faccia sia un’approssimazione a ciò che avresti dovuto fare in realtà? Oppure è qualcosa in cui le infinite opportunità di reinventarsi ti permettano di scoprire chi tu debba essere veramente. Quest’opera è per me una boccata d’aria e questi sono gli argomenti che voglio indagare e so che per Jeff è la stessa cosa, perché né io né lui abbiamo mai fatto roba del genere; io non ho mai dovuto scrivere un fumetto che scavasse così in profondità né lui disegnarlo per qualcun altro. Non è seriale, così non devo preoccuparmi del “sopravviverà nel prossimo numero?” È bello farsi domande, divagare e lasciare che si realizzi in termini di lunghezza e spazio tutto ciò che vorresti lo facesse. Ritengo che sia il miglior lavoro a cui mi sia mai dedicato e ne sono davvero entusiasta.

In questo mondo l’immortalità modifica la natura umana?

Jeff Lemire: Assolutamente. C’è anche una distinzione tra chi è immortale e chi no. Non vogliamo anticipare troppo sulla trama, ma esistono due mondi dove ci sono persone che hanno accesso a questa immortalità e altre no.

Scott Snyder: Una delle cose più avvincenti sono le suggestioni visive che ne derivano. Immaginate di viver le vostre vite una dopo l’altra mentre assistete in lontananza a tutte le costruzioni cadere, gli alberi crescere e morire, nuove costruzioni venire edificate. Vogliamo dare alla vicenda il senso dello scorrere delle centinaia e centinaia di anni, infondergli quella sensazione, quel contesto temporale che sembra impossibile da immaginare.

Scott Snyder

Scott Snyder

Fai uso di qualche esercizio mentale mentre scrivi, per poterti immedesimare nel soggetto?

Scott Snyder: Per quanto mi riguarda ho dei bambini e sono diventato piuttosto fissato sull’annotare ogni cosa accaduta in quel dato giorno. Prima non tenevo traccia della mia vita, fino a quando non ho avuto figli. Una volta che ti nascono dei bambini il tempo scorre molto in fretta e loro si fanno individui diversi ogni sei mesi, quando sono piccoli. I miei esercizi per questo fumetto sono accettare ciò e pensare, invece di preoccuparmi del tempo che passa rapidamente, a come sarebbe se realizzassi improvvisamente di non aver più limiti sul tempo a disposizione. Tutti quegli assilli: sei sposato con la donna giusta, stai perseguendo la carriera giusta, stai vivendo nel posto giusto, non avrebbero più presa su di te perché potresti riprovarci un’altra volta.

Gli esercizi mentali sono molto personali onestamente, almeno per me, come scrittore mi sembra di vivere nel terrore del passare del tempo e che questo lo faccia rapidamente. Di nuovo, è un tema presente in quasi tutto quello che ho fatto. Anche American Vampire si rifà a questo, dove segui le vicende di questi personaggi che ininterrottamente osservano gente vivere e morire perché loro sono immortali. I miei esercizi sono provare a immaginare di non dover più preoccuparsi di ciò che invece ti preoccupa ogni giorno, come scrivere in un diario tutto quello che fanno i tuo bambini perché temi lo dimenticherai.

Non vorrei dilungarmi troppo ma, nel mio caso, forse perché ho dei figli ora, la cosa mi turba parecchio. Non ricordo com’erano due anni fa a meno di guardarmi un video. Non riesco a ricordare cosa facevamo, chi facesse cosa, nulla. L’impressione di quanto tutto scorra veloce e cambi continuamente è come un gigantesco motore per la mia creatività che mi tiene sveglio la notte e mi elettrizza quando penso alla possibilità di una cura per la morte. Il fumetto tocca sul serio un nervo scoperto. Sono sicuro che sarà qualcosa di speciale.

Se esistesse una cura contro la morte, ne fareste uso?

Jeff Lemire: Penso di no. Ne sarei troppo terrorizzato.

Scott Snyder: Mi piacerebbe che tutta la mia vita fosse come ho sempre sperato. Mi appassionano quelle serie come Intervention [ride] e su quel tipo di patologie. Quello nato come spin-off di Intervention trattava ossessioni e disturbi ossessivo-compulsivi. Ce n’era uno su un tizio che aveva proprio questa fobia, passava il tempo a scervellarsi perché era terrorizzato dal pensiero di morire prima che venisse sviluppata una cura per la morte e lui fosse l’ultimo prima che il mondo fosse cambiato per sempre dalla possibilità di sopravvivere alla propria dipartita. Era spaventoso vedere qualcuno così schiavo di quella paura. È stato uno degli spunti che hanno innescato l’idea di questo fumetto. Vivere l’intera propria vita nell’incubo della morte e limitarti in ciò che fai per colpa di questo timore, finisce col farti perdere il significato di ciò che rende la vita così speciale.

Credo di no. Che non seguirei quella cura. Tuttavia sono totalmente interessato a come prevenire la morte. Mia moglie è un medico e le ho fatto tutte queste domande tecniche per il fumetto, tipo: “Perché non funziona la criogenesi?” Ve lo spiegherò. Non funziona perché quando congeli un corpo distruggi la struttura cellulare di qualunque tipo di tessuto biologico. Quando congeli un tessuto, l’acqua diventando ghiaccio si espande e distrugge tutti i vasi conduttori e roba del genere. Ma poi gli ho detto: “Ok, però potrebbe ancora andar bene?” [ridendo].

Quando ho parlato dell’idea a Jeff, questo era ciò che volevo realizzare se avessi avuto l’occasione di tornare indietro e scrivere un romanzo. È una storia a cui tengo tremendamente e che va dritto al centro di ciò che mi piace scrivere e credo sarà qualcosa di molto speciale e personale per me e realizzarla alla Image è ideale. Rammento quando parlai la prima volta a Eric Stephenson di Wytches e gli chiesi tra le tre o quattro idee che avevo quale fosse la più idonea al programma editoriale, se c’era troppa fantascienza o troppo horror, potevo adattarmi. Stette in silenzio per un attimo e poi disse: “Non capisco la domanda, fai qualunque cosa tu abbia in mente di fare”. Essere ben accetto e avermi lasciato fare la cosa che mi stava più a cuore, qualunque entusiastico progetto desiderassi fare: è andata letteralmente così. Eccomi dunque a fare la cosa a cui tengo di più di tutto quanto il resto.

Non vorrei finire in smancerie ma arrivare a fare ciò non solo con uno dei miei migliori amici al mondo, ma con qualcuno che anche se odiassi Jeff a morte direi comunque essere la persona ideale per questo fumetto, per il suo modo di raccontare, la sua abilità artistica è… beh…

Jonah Hex #69: Testi di Jimmy Palmiotti e Justin Gray, cover e disegni di Jeff Lemire

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Jeff Lemire: [interrompendo Snyder] Grazie. Anch’io ti amo. [Ride]

Scott Snyder: No, davvero! Riuscire a fare questo con uno che possegga la stessa sensibilità, a cui piacciano le stesse cose e che abbia pure le stesse paure, è fantastico. Non c’è nulla di più esaltante nel poter fare questo.

Quali fumetti della Image state leggendo ragazzi?

Scott Snyder: Quali non sto leggendo? Mi sento in colpa a nominarne uno perché adoro The Wicked + The Divine, Southern Bastards, ce ne sono così tanti che mi piacciono tantissimo, ma Lazarus è il mio preferito. Quel fumetto è a mio parere ciò che più si avvicina alla perfezione in termini di come il disegno si sposa con la scrittura. In cima e insieme a quanto detto, c’è il ritmo, la portata e le motivazioni della storia. Come è spinto il protagonista quando hai questa accattivante idea di base che potrebbe essere tranquillamente una storia fondata sulla trama e molto in stile Michael Bay. Sarebbe potuto essere con facilità un ottimo fumetto solo giocando sulla velocità e la carica, invece è molto controllato. È una di quelle cose che mi fanno pensare che ho bisogno di osare di più perché sono troppo soft.

Jeff Lemire: Mi piacciono The Fade Out, Southern Bastards e Saga. È stimolante quanto sia irriverente e quanto arrivi a osare ogni mese.

Scott Snyder e Jeff Lemire

Fonte: ComicBook