Nel corso dell’ultima edizione di Napoli Comicon abbiamo avuto il piacere di incontrare Giorgio SalatiArmin Barducci, gli autori della graphic novel Sospeso, per parlare della loro collaborazione. Qua sotto vi presentiamo la chiacchierata che ne è scaturita.

Ringraziamo Silvia Bellucci e lo staff di Tunué per la disponibilità.

 

Ciao, ragazzi! Benvenuti su BadComics.it!
Giorgio, come nasce “Sospeso”?

Giorgio Salati – Nasce dal fatto che da ragazzino, più o meno a tredici anni, fantasticavo di poter fermare il tempo e il mondo attorno a me mettendoli in pausa. Circa tre anni fa, mi è tornata in mente questa fantasia e mi sono detto che volevo scriverci una storia. All’inizio ho pensato addirittura di scriverne una umoristica, ma più ci rimuginavo e più recuperavo il mio stato dell’epoca, che era simile a quello del protagonista di “Sospeso” – pur non essendo una storia autobiografica – ovvero quello di un ragazzino bullizzato. Rivivevo quelle sensazioni, e man mano la storia diventava sempre più drammatica.

Armin, quando sei stato coinvolto nel progetto?

Sospeso, copertina di Armin Barducci

Armin Barducci – La cosa è nata durante un’edizione di Lucca Comics & Games. Per un po’ ci eravamo “annusati” a vicenda, e poi è arrivato quello strano momento in cui la cosa si concretizza con il tipico appuntamento a Lucca per parlarne. Che poi, tutti sappiamo quanto sia in realtà difficile “parlare a Lucca”. Ci siamo incontrati tra gli stand di Piazza Napoleone, e tra una sigaretta e un sigaro ci siamo proposti una collaborazione a vicenda, contemporaneamente.

Salati – Un po’ come quando due vogliono stare insieme e si chiedono l’un l’altro: “Vuoi stare con me”? Una cosa di quel tipo, imbarazzante. Non abbiamo limonato, però, questo possiamo assicurarlo!

Barducci – Per me, questo progetto era abbastanza importante, perché dopo un po’ di lavori con altri sceneggiatori e avendo maturato un’esperienza tutta mia, ho voluto mettermi alla prova in un progetto differente. Cercavo un autore che mi stesse simpatico e non fosse uno stron*o, uno psicopatico e via dicendo. Giorgio era incuriosito da “Misantromorfina” (pubblicato da Eris) la cui storia era legata alla post-adolescenza, quindi abbiamo iniziato a parlarne accordandoci su una parità di ruoli. Poi, abbiamo cominciato a fare delle prove, gli studi dei personaggi.

Piccolo aneddoto simpatico: dallo zaino che ho con me qui al Comicon è saltata fuori una Moleskine datata 2015, con dentro degli studi di “Sospeso”…

Salati – …Che io non avevo mai visto!

Barducci – Certo! Perché erano degli studi miei, preliminari, e alla fine li avevo dimenticati lì dentro, in uno zaino rimasto per tre anni chiuso in un armadio, quindi è materiale spuntato fuori solo ora.

Dopo gli studi, comunque, abbiamo fatto le tavole di prova, lavorandoci davvero parecchio.

Salati – Abbiamo proposto la storia a diversi editori, e personalmente non mi aspettavo che molti ci dicessero di sì. Tunué era in cima alla mia lista, e avendo ricevuto un “sì” da loro, mi sono trovato nell’imbarazzo di dire “no” ad altri editori che stimo, e questa non è una cosa che capita spesso. Sono editori con cui sono rimasto in buoni rapporti, a cui ho anche fatto sfogliare il volume, e che l’hanno apprezzato.

Tunué è un editore di grande valore che fa cose molto belle. Con loro c’è un rapporto sì professionale ma anche umano, per questo era in cima alla lista.

Spesso, temi come il bullismo e altri disagi adolescenziali vengono trattati in modo da stimolare un sentimento di pena, mentre in “Sospeso” la scelta di come utilizzare i super poteri non è affatto scontata.

Salati – È un po’ difficile parlarne senza spoiler, ma una cosa che mi preme dire che ha a che fare con i ragazzi che soffrono queste problematiche è di non chiamarli “vittime”. Un ragazzino in questa situazione non si sente un “buono”: la situazione è più complessa di una rigida classificazione vittima/bene e carnefice/male. Una vittima può diventare carnefice, basti pensare alle stragi nelle scuole americane. Un ragazzo che viene bullizzato fa molta fatica a mantenere una propria dignità, e se lo tratti da vittima non stai facendo il suo bene, perché lo umili ulteriormente.

Se una persona che ha questo tipo di problemi acquisisce un potere, probabilmente la sua vita si complicherà ulteriormente: di questo parla “Sospeso”. Con quell’arma in più potrebbero succedere tante cose. Una “vittima” ha sempre un lato oscuro dentro di sé, e senza qualcuno che la ascolti questo potrebbe prendere il sopravvento. A quell’età, quando frequenti le scuole medie, le regole imposte dagli adulti cominciano a perdere di efficacia, ma non hai ancora creato per te stesso delle regole morali: la linea che separa il bene dal male è ancora molto confusa e può succedere che una persona faccia del male senza esserne consapevole.

Come avete studiato il modo di raccontare la parte fantastica del fumetto legata ai super poteri?

Barducci – Abbiamo lavorato davvero parecchio a questo aspetto, alla sospensione del tempo e a come rappresentarla. Ad esempio, il tasto “pausa” ogni volta in cui il tempo si ferma e quello del “play” quando tutto torna in moto e a colori. Lo stesso fumetto ha tempi differenti: quello rappresentato in toni di grigio, con il tempo fermo, con le uniche cose che si muovono che a un certo punto sono a colori, o che vengono “infettate” dai colori quando il protagonista interagisce con esse. Poi c’è la questione del passaggio del tempo, con i suoi ricordi di bambino, più semplici e stilizzati: concetti più diretti e intensi di ciò che sono stati per davvero. Infine, la fantasia stessa del protagonista da piccolo – la parte che ho sentito più naturale perché lavoro tantissimo con i bambini – riprendendo un certo tipo di utilizzo della matita colorata, ma senza tradire la figura di Marty né il mio stile.

Può sembrare difficile, ma per me è stato davvero semplice. Visivamente, ci sono tanti modi per raffigurare il tempo, il tutto confezionato attraverso una linea chiara e neri leggeri (cosa ben diversa da quanto ho fatto per altri libri). Ho un blog, che si chiama “Dario deformato”, dove ho scritto che non tutto quello che ricordiamo è la verità. È un po’ lo stesso concetto di “Sospeso”: ciò che ti racconti non è sempre verità. Ma è davvero importante che lo sia?

C’è un aspetto del volume di cui andate particolarmente fieri?

Salati – È una domanda difficile. Sono molto soddisfatto di “Sospeso” ma, allo stesso tempo – come Armin sa – sono sempre molto critico riguardo il mio lavoro: ho sempre il timore di annoiare il lettore.

C’è una scena in particolare in cui Marty, il protagonista, non capisce più nulla di quello che gli sta succedendo intorno. Si sente andare in pezzi e si guarda allo specchio. Lo specchio che lo riflette va effettivamente in pezzi, sanguinando, quasi che l’immagine riflessa di Marty fosse a sua volta un corpo vivo. E anche la didascalia si frantuma, sommandosi ai pezzi dello specchio. Quella è una scena che mi è piaciuto molto scrivere, perché rappresenta in qualche modo la confusione identitaria del protagonista, il suo non riconoscersi più nemmeno allo specchio, sentirsi un corpo vuoto, quasi che l’esistenza della sua immagine esteriore fosse più reale di ciò che lui prova all’interno, che in fin dei conti è un vuoto spaventoso e siderale. Ero certo che Armin avrebbe compreso la scena al 100%. Buona parte di quello che ho scritto, lui l’ha colto immediatamente, solo in pochi casi c’è stato bisogno di accordarci su come realizzare una determinata scena, e ciò testimonia quanta sintonia ci sia stata tra noi.

Un’altra scena che ha disegnato benissimo, in cui gli ho dato la possibilità di sbizzarrirsi, è un sogno di Marty: pieno di neri pesanti e con molto inchiostro. Armin ha dato il meglio di sé, e grazie a lui è venuta davvero bene!

Barducci – C’è una scena dove Marty torna a casa e viene sgridato dalla madre, guarda il suo piatto di pasta e all’interno vede budella, vermi e cose simili. Tutto l’insieme di quella pagina mi è piaciuto e continua a piacermi.

Per quanto riguarda il formato, dato che ho già spuntato dalla mia “lista di cose da fare prima di morire” il formato francese e quello canonico della Graphic Novel, quello dei Prospero’s Book con cover cartonata mi mancava e sono davvero felice che sia uscito così com’è: corposo e cicciotto.

Salati – Dopo averlo visto per un anno e mezzo sullo schermo di un computer, in forma fisica – e con una copertina così bella, approvata dopo una decina di prove – devo dire che funziona molto bene. Siamo davvero soddisfatti!

È difficile identificare una vera e propria fascia d’età a cui destinare questo fumetto. Tunué ha collane per svariati target, ma “Sospeso” rappresenta una sorta di “ponte” tra essi: avete un protagonista pre-adolescente, e allo stesso tempo la storia tratta temi adulti.

Salati – Non è un titolo facilmente incasellabile. Per questo gli sforzi promozionali di Tunué sono a maggior ragione meritevoli. Non è assolutamente adatto ai ragazzini, e personalmente non lo farei leggere prima dei quindici anni. Ci sono sesso, violenza e scene non adatte a un pubblico di bambini.

Ci tenevo, però, a recuperare il mondo di quei ragazzi per parlare agli adolescenti, soprattutto se in situazioni di disagio interiore, per far capire loro che non sono soli. Chiunque può arrivare a pensare che il mondo che lo circonda sia in realtà l’unico possibile, a sentirsi tremendamente solo. Mi piacerebbe che qualche adolescente – perché anche a diciotto anni puoi vivere situazioni simili, non solo a tredici – si possa ritrovare, leggendo “Sospeso”, possa capire che ci sono tante altre persone nella stessa situazione.

Vorrei che lo leggessero anche i genitori e gli insegnanti. L’ho dedicato al tredicenne che è in ognuno di noi, perché molti adulti tendono a dimenticare o a rimuovere quello che hanno provato in quel periodo della vita. Moralmente, certi fenomeni li definiamo “ragazzate” finché non succede qualcosa di grave, e a quel punto sbattiamo il mostro in prima pagina: un unico ragazzino che diventa il bersaglio di una nazione. Vorrei far riflettere gli adulti sul fatto che i ragazzi vanno ascoltati. Non bisogna mai cercare di risolvere le cose al posto loro, anzi: è necessario incentivare “bullo” e “bullizzato” a risolvere le cose con le proprie risorse. La realtà è molto più complessa e composita di quella che ci piace dipingere.

Barducci – La storia è ambientata nei primi anni Novanta, lo si capisce dalla musica presente al suo interno, così come da alcuni oggetti, tipo i walkman. A quei tempi, era un po’ diverso. Il bullismo era accettato in quanto tale, e le tematiche che trattiamo erano sì presenti ma rientravano poco nel mondo degli adulti.

Salati – Esatto, non era visto come un’emergenza sociale ma come una cosa congenita al mondo dei ragazzi. Una cosa che “succede”: se sei bullizzato, o reagisci o sono cavoli tuoi. Anzi, se non reagisci sei un debole. Ora se ne parla tanto, ma in realtà penso ci sia meno violenza rispetto a quei tempi. Questo non toglie che parlarne sia sempre un bene. Perché forse tra i nostri ragazzi c’è meno violenza fisica di quando avevamo noi la loro età, ma oggi esistono i fenomeni di “cyberbullismo” che rappresentano una violenza psicologica che può far male più di calci e pugni.

Nel volume è presente una colonna sonora con un QR code: come mai questa scelta?

Salati – Volevo recuperare lo zeitgeist, lo spirito di quei primi anni Novanta, che per forza di cose era collegato anche alla musica che andava in radio. Quindi ho iniziato a ricordare la musica che ascoltavo su Radio DeeJay – non ero ancora un rockettaro! – e ho realizzato che alcune canzoni sono rimaste legate a quello che ho vissuto. Sono andato a cercare su YouTube le hit dell’epoca, tipo “Sadeness” degli Enigma… che è invecchiata tantissimo! Ma se l’ascolto ora mi riporta emotivamente a quel periodo, e mi piacerebbe che chi leggesse il volume potesse sentirsi immerso in quell’atmosfera anche grazie alla musica.

Quello, tra l’altro, è un periodo che non è ancora stato investito più di tanto dall’effetto nostalgia…

Salati – In realtà, ultimamente, anche altri stanno recuperando quegli anni con altri progetti! Quindi cominceranno a tornare, secondo me. Tutto quello che la gente ricorda degli anni ’90, a livello musicale, è la seconda metà legata al grunge e ai Nirvana, ma prima c’è stato un momento meno “netto” di musica dall’umore ibrido. Ancora non era netto lo stacco dall’estetica anni ’80, non si era ancora delineata la “grande depressione” dei gruppi grunge. Basti pensare alle serie TV dell’epoca, come “Twin Peaks” e “X-Files”, impregnati di misticismo, New Age e spiritualità. Se guardi il video di “Crazy” di Seal e quello di “Sadeness” degli Enigma, percepisci questa estetica vagamente spirituale. Si faceva avanti sicuramente un atteggiamento più riflessivo rispetto agli sgargianti anni ’80, ma solo due o tre anni dopo sarebbe sfociato nell’involuzione autodistruttiva della seconda metà dei ’90. A me interessavano quegli anni di passaggio anche come metafora della “terra di nessuno” che rappresenta la preadolescenza, tra la fine dell’infanzia e l’inizio dell’adolescenza.

La colonna sonora che abbiamo inserito è anche un po’ cronologica: inizia con un pezzo del ’90 e termina con uno del ’92, dal pop al grunge. Un’involuzione, come quella del protagonista della storia. Una scelta precisa per sottolineare i cambiamenti che avvengono in Marty col procedere della storia.

 

Giorgio Salati e Armin Barducci