In occasione di Lucca Comics & Games 2018, abbiamo incontrato Veronica Ciancarini, giovane illustratrice alle prese con il suo fumetto d’esordio Bleeding Mariachi, una commedia vampiresca che unisce ironia, horror e momenti commoventi pubblicata da Edizioni BD all’interno del Progetto Next, dedicato ai giovani talenti non convenzionali.

Ringraziamo per la collaborazione l’autrice, Anna Spena e Daniel De Filippis della casa editrice milanese.

 

Ciao, Veronica, e benvenuta su BadComics.it!
Domanda di rito: ti va di presentarti ai nostri lettori e dirci qual è stato il momento in cui il sogno di diventare una fumettista è diventato il tuo obiettivo?

Sono Veronica Ciancarini, ho quasi 25 anni, e in realtà il fumetto è diventato il mio obiettivo in concomitanza con il momento in cui mi hanno proposto di realizzare quest’opera, perché non ci avevo mai creduto! Amo disegnare, lo faccio da quando ero piccola. Non sono mai stata quella brava a disegnare, ma quella che disegnava sempre. È accaduto nel momento in cui mi si è presentata l’occasione e qualcuno ha creduto in me, nella fattispecie un mio collega attualmente di Edizioni BD, Maurizio Rosenzweig, che parlando su Instagram mi ha detto: “Tu per me potresti farcela!”. Fino a quel momento, sì, ci sono sempre state delle persone nella mia vita che mi hanno detto che avrei potuto intraprendere questa strada, però erano sempre amici o parenti. Avere una figura professionale che ti dà questo tipo di fiducia è un altro paio di maniche. Quindi da quel momento ho cominciato a lavorare al fumetto che avrei poi presentato a Edizioni BD.

Qual è il tuo rapporto con la cultura messicana?

Ci sono due motivi principali che mi hanno spinta ad ambientare il mio fumetto in Messico. Il primo è che uno dei miei film d’animazione preferiti, che sono un grande fonte di ispirazione per me, anche più dei fumetti: “La strada per El Dorado”. Lì c’è molto dell’antica cultura messicana, con i Maya.

Poi, quando ero al primo anno di università, al Complesso del Vittoriano a Roma c’è stata una mostra di Frida Kahlo che io non ho visto, e sono stata rimproverata dalla mia professoressa che mi ha fatto studiare Frida Kahlo, e così sono finita con l’appassionarmi alla cultura messicana.

Queste due cose mi hanno messa in contatto con il Messico e con questa cultura permeata del sangue, perché alle sue radici ci sono i riti di sangue dei Maya. Mi ha incuriosita e intrigato anche perché ci ho visto quel macabro che mi porto dietro da quando ero piccola, grazie ai lavori di Tim Burton, e ho deciso di unire le cose.

Mi puoi spiegare la scelta dei colori del tuo fumetto? Hai nominato il sangue, quindi immagino che la scelta del rosso sia legata a quello…

Nasce dal fatto che in università abbiamo fatto le scenografie per “Dracula – Il musical”, per un esame, e studiando vari tipi di soluzioni cromatiche per queste scenografie, sono entrata in contatto con il bianco, il nero e il rosso, che sono anche i colori del Dracula della cultura pop, se si pensa al Dracula di Bela Lugosi e di Christopher Lee.

Ho cominciato a giocare con questi tre colori, complice il fatto che non sono bravissima a colorare, in realtà! Quindi ho cercato una soluzione che mi permettesse di raggiungere un risultato che fosse per me soddisfacente senza dover studiare come diventare una colorista, perché anche quella è una cosa che si deve approfondire se si vuole colorare un fumetto da soli!

Cominciando a leggere “Bleeding Mariachi”, soprattutto all’inizio, quando i personaggi sono ancora bambini, mi sono venute in mente le atmosfere della serie animata “Gravity Falls”: un insieme di momenti divertenti e misteri. A cosa ti sei ispirata per lavorare all’atmosfera del tuo fumetto?

È un’unione di tutti quei film d’animazione che mi hanno influenzato nell’infanzia. Sicuramente “La strada per El Dorado”, per quanto riguarda la comicità. All’inizio, il mio fumetto ricorda un po’ “La sposa cadavere”, ma è una cosa che ho realizzato dopo, ed essendo fan di Tim Burton sin da quando ero piccola, era inevitabile che qualcosa permeasse nel mio inconscio. Se penso ad altri film d’animazione che mi hanno influenzata, direi “L’isola del tesoro” e “Atlantis”. Quest’ultimo soprattutto per l’elemento tribale presente nella storia.

Direi che i principali sono questi tipi di film, perché il mio scopo era fare un fumetto che racchiudesse tutto quello che piace a me, qualcosa che mi emozionasse come succedeva quando guardavo questi film. Non ho la presunzione di dire che i lettori debbano cogliere questa stessa emozione, me era l’obiettivo che mi sono posta per raggiungere il risultato che volevo.

Possiamo considerare “Bleeding Mariachi” come un’atipica rielaborazione del lutto?

Assolutamente! È capitato per caso che ci fosse questo collegamento. Quando ho creato il personaggio della vampira era il 2015 ed ero a casa di mio nonno, che è stato molto male e poi è venuto a mancare. Lo scorso marzo, mentre stavo lavorando al fumetto, il mio nonno paterno ha avuto una grave malattia ed è venuto a mancare, per cui il fumetto è dedicato a loro due. E questa storia è servita anche a me. Ogni fase che dà la struttura alla storia è una fase dell’elaborazione del lutto.

Sus, il protagonista, riesce infatti a dare un significato più profondo alla sua vita.

Il punto era proprio questo, volevo un finale che desse speranza e che fosse positivo. È il tipo di finale che mi piace, era importante per me che ci fosse una conclusione che desse speranza al personaggio e spero anche al lettore.

 

 

Veronica Ciancarini, Lucca Comics & Games 2018