Morrison Hotel: due parole che per i milioni di fan rimandano subito a uno degli album più popolari e incisivi dei Doors, ma che ora identificheranno anche un omonima graphic novel dedicata proprio alla leggendaria band, un omaggio a 360 gradi che celebra le vite dei membri del gruppo, le sue canzoni più amate e il momento storico che li ha visti protagonisti, concentrandosi sulla fine degli anni 60.

Un’opera sceneggiata da Leah Moore e illustrata da un gruppo di artisti che include Michael Avon Oeming e Colleen Doran, e che ha beneficiato anche del contributo di Robby Krieger e John Densmore, i due membri ancora in vita della band.

Moore racconta la genesi e lo sviluppo del volume, rivelando anche la sua passione per i Doors nei tempi non sospetti della gioventù e il massiccio lavoro di ricerca effettuato per dare all’opera l’ambientazione storica che meritava:

 

Morrison Hotel, copertina di Chris Hunt

Moore – È ​​difficile dare una data precisa alla nascita della mia infatuazione per i Doors, ma forse tutto è iniziato quando ho visto The Lost Boys per la prima volta, quando avevo circa tredici o quattordici anni, credo. La cover di Echo and the Bunnymen di When You’re Strange trasudava carisma, e poi il grande poster di Jim nella tana del vampiro è stato il colpo di grazia. Non si può discutere con quella faccia, vero? Una mia compagna di scuola, Kerry, era ossessionata dai Doors quanto me, e mentre tutti stavano impazzivano per MC Hammer, noi ascoltavamo i Doors. Quando siamo andati in gita scolastica a Parigi, abbiamo chiesto ai nostri insegnanti se potevamo fare una deviazione per visitare la tomba di Jim al cimitero del Père Lachaise, e così l’intera classe si è radunata lì, sotto la pioggia battente! In quel cimitero sono sepolti personaggi come Oscar Wilde e Chopin, ma a noi interessava solo Jim Morrison.

La cosa più importante per me è stata inserire il più possibile l’atmosfera dell’epoca. Non volevo dare l’impressione di fare la mia cover dell’album, volevo che le storie sembrassero le canzoni vere e proprie, che facessero fare al lettore un viaggio nel 1969. La pressione di farlo in quanto donna inglese di 43 anni che all’epoca non esisteva nemmeno è stata notevole, ma mi sono tuffata nelle ricerche e ho seguito lo stesso approccio che seguirei se dovessi scrivere una storia sui crimini vittoriani, sulle tragedie greche o altro ancora. C’è moltissimo materiale di qualità sui Doors in circolazione ed è stato un vero piacere passare il tempo a documentarmi.

Morrison Hotel, anteprima 01

Abbiamo ricevuto molti input da Robby Krieger e Johns Densmore, i due membri ancora in vita della band, riguardo alla direzione da impartire al volume. La cosa più importante era bilanciare il materiale biografico e storico con alcuni elementi più fantastici. Non volevano che fosse solo un volume autobiografico (anche se ne avrei scritto uno volentieri!), ma non potevano nemmeno essere solo storie ispirate ai testi delle canzoni. Alla fine, abbiamo optato per un misto in stile antologico: ci sono alcuni temi portanti comuni, ma ogni storia è a sé.

Un’impresa pazzesca è stata soprattutto concentrarsi su un periodo storico specifico, quello dell’album Morrison Hotel. Ricordo che mi inviarono un elenco di possibili eventi storici che coincidevano con le sessioni in studio dell’epoca in cui l’album fu registrato. Mi aspettavo di dover scavare a fondo per trovare materiale interessante, ma stiamo parlando del 1969, l’anno in cui gli anni ’60 bruciarono a seguito del loro stesso calore e tutto cadde a pezzi nel modo più spettacolare. Fu l’anno del Vietnam, delle marce contro il Vietnam, lo sbarco sulla Luna, John e Yoko che chiedevano la pace, Ronald Reagan [Richard Nixon, in realtà – NdR] che dichiarava la legge marziale a Berkeley… un anno selvaggio! Per ogni traccia di storia che avevo in mente mi mettevo a cercare dei fatti di cronaca interessanti a cui collegarmi, e tre giorni dopo ero ancora lì seduta a farfugliare su Nixon. Alla fine ho dovuto scegliere i momenti che mi sono sembrati in maggiore sintonia con le canzoni e provare a estrapolare qualcosa dall’etere. Spero di esserci riuscita.

Morrison Hotel, anteprima 02

I Doors si sono sempre dichiarati apolitici, ma farlo è stato un atto politico forte quanto una marcia. Si trattava comunque di rifiutare i rigidi confini delle casette e dei giardini di periferia degli anni 50. Per quanto fossero solo quattro ragazzi che amavano molto fare musica, una volta che questa si diffondeva, evocava un intero mondo di nuove cose strane ed eccitanti per i loro ascoltatori. I Doors hanno aperto le menti delle persone. Il loro motto, preso dal poeta visionario William Blake, recitava: “Se le porte della percezione fossero spalancate, allora tutto sembrerebbe all’uomo così com’è, infinito. Perché l’uomo si è chiuso fino al punto di guardare ogni cosa attraverso le fessure strette della sua caverna”. The Doors of Perception di Aldous Huxley ha esplorato le esperienze psichedeliche in termini di livelli di coscienza interamente nuovi. È impossibile essere coinvolti in tutto questo, leggere Huxley e Blake, fare uso di LSD e ascoltare i Doors, e considerarti un membro della società normale d’America. E se non fai parte di quella società, allora cosa sei?

Morrison Hotel, anteprima 03

Lavorare su questo volume è stato un sogno assoluto dall’inizio alla fine. Ero già una fangirl, ovviamente, ma sono anche un’appassionata di ricerca, quindi è stato bellissimo tuffarmi le materiale e trovare un antico blog di GeoCities del 2005 che conteneva sei foto di Jim che avallavano alla perfezione l’idea che avevo avuto per un concerto, una reunion o cose del genere. Mi piace molto quando riesco a trovare dei dettagli minuscoli e a inserirli al posto giusto. Ho così tanto materiale che potrei ricavarne facilmente un secondo volume. Forse non è il modo più facile di lavorare, ma mi piace molto farlo, e alla fine è questo che conta, no? Uno dei momenti migliori della giornata era sedermi per il caffè mattutino, trovare una mail che mi indirizzava all’archivio fotografico dei Doors e visualizzarli nella loro età dell’oro, quando sembravano dei magnifici angeli dal volto fresco che si esibivano nel club di London Fog a LA. Ho dovuto pizzicarmi un paio di volte.

Il mio obiettivo è trasmettere ai lettori la sensazione di essere stati trascinati in una festa folle, piena di ragazze carine e musica ad alto volume, dove riconoscono le canzoni, ma riescono a ballarle solo per un secondo prima di essere trascinati in una stanza buia o all’esterno per guardare le stelle. Voglio far girare loro la testa nel miglior modo possibile, per poi ricominciare da capo e leggere di nuovo tutto il volume da capo. Del resto è l’effetto che fa l’album, no? Io cerco solo di stare al passo!

 

 

 

Fonte: Newsarama